Recensione: Geek Girl, di Holly Smale
Creato il 01 marzo 2014 da Mik_94
Solo
perché ho molti libri su cose che nella realtà non esistono, non
significa che io sia fuori dal mondo. Sono dentrissimo!
Titolo:
Geek Girl
Autrice:
Holly Smale
Editore:
Il Castoro
Numero
di pagine: 324
Prezzo:
€ 15,50
Sinossi:
Harriet
Manners, quindici anni, ha una vera passione per le liste, gli schemi
e le definizioni, ha un quoziente intellettivo fuori dal comune e
mangia pane tostato solo tagliato a triangoli. In generale, si sente
come un orso polare nella foresta amazzonica. Sarà per questo che
tutti a scuola sembrano odiarla? Quando nel modo più imprevedibile
viene selezionata da una prestigiosa agenzia per modelle, Harriet
afferra l'occasione al volo: è il momento di cambiare! Anche se
questo significa rubare il sogno della sua migliore amica e
precipitare in un mondo vertiginoso fatto di set fotografici, vestiti
incomprensibili e tacchi molto, molto pericolosi. Fra cadute
rovinose, colleghi affascinanti e viaggi segreti lontano da casa,
l'imbranatissima Harriet scoprirà che la vera sfida è una sola:
capire ciò che conta davvero
La recensione
“Mi
sento un po' come Sam nel Signore degli anelli, un attimo prima che
Frodo tiri l'anello nelle fiamme del Monte Fato. Ma senza
quell'atmosfera magica. E con i piedi un po' meno pelosi.”
Raramente mi è capitato di commuovermi per un libro. Raramente
mi è capitato, davanti a un libro, di ridere dalla prima all'ultima
pagina. Oddio, sì, mi è capitato, ma per le ragioni più sbagliate.
Non parlo, infatti, di un libro di barzellette sparse, né degli
scritti di una Luciana Littizzetto a caso. Soprattutto, non parlo di
un libro esilarante per la sua idiozia generale: quelli sono i
peggiori, ma, per farsi due risate, sono i migliori in circolazione.
Davvero. Ridicole acrobazie sessuali, linguaggio da dispensatore
ambulante di parolacce, atroci freddure sparate a bruciapelo, errori,
orrori. E dappertutto. Il romanzo di Holly Smale, sbucato dal nulla,
con la sua copertina così gioiosa e colorata e quel titolo così
diretto che è tutto un programma, mi ha fatto ridere – e tanto,
tanto - ma per le giuste ragioni. E' il tipico romanzo su cui
spendere parole superflue non è necessario. Importa sapere
pochissimo, il giusto. E' simpatico, scorrevole, frizzante, con un
intreccio un po' Disney e una protagonista un po' (tanto) maldestra.
E' carinissimo, e cos'altro conta, quando si ha bisogno di allegria e
spensieratezza? Non importa se la storia non sia delle più
probabili: importa come viene raccontata, in questi casi. Tanto –
in materia di young adult – tutto è già stato detto, tutto è già
stato scritto. E Harriet Manners, la protagonista, è una strepitosa
voce narrante: quindici anni, una testa piena di formule matematiche
ed informazioni altamente inutili, gli interessi e gli hobby di una
secchiona senza speranza di riscatto - passata dal laboratorio di
scienze alle passerelle in un colpo solo, se si vogliono tralasciare,
ovvio, gli scivoloni, e le gaffe, e i disastri epici trasmessi in
mondovisione. Lei è una geek: la sua acerrima nemica da
quando aveva cinque anni è stata così gentile da scriverglielo, con
un pennarello indelebile, sullo zaino. Lei sa di esserlo, e ne va
anche fiera. Nella sua stranezza ci sguazza, come una trota salmonata
felice, lontana dal nostro forno, dalle pescherie e dalle ricette
lampo di Cotto e Mangiato. Impreca nominando invano i sacri
frollini al burro, ha una stalker preferito che ha la saggezza di
Yoda e un nascondiglio d'eccezione nei cespugli del suo giardino, un
quoziente intellettivo altissimo. Il suo posto preferito è la
lavanderia a gettoni dietro casa: non proprio il luogo più esotico e
pittoresco che ci sia, vero. Lì tutto è limpido e lei, con la testa
appoggiata all'asciugatrice che borbotta e strepita, pensa che basti
del sapone liquido, un po' di ammorbidente, il profumo genuino dei
panni appena lavati per cancellare via il male dal mondo. Ama gli
schemi, le liste, i post-it gialli. Tiene minuziosi schedari delle
persone che la odiano e diagrammi a torta sulle bugie da tenere bene
a mente. Appunta in segreto i suoi sogni, ma non li condivide con gli
altri: troppo strani. Diventare una modella, invece, è una cosa da
ragazze: un sogno normalissimo, per la quindicenne media. Peccato non
sia il suo, ma quello di Nat, la sua migliore amica, che – da
quando ha tipo dieci anni – ha rinunciato ai carboidrati e alle
calorie in eccesso, sperando di calcare, un giorno, le passerelle più
importanti. Ma il destino arriva quando non lo cerchi e la fama ti
trova sempre, anche se hai fatto di un tavolo un improvvisato
nascondiglio per non farti vedere. Sotto un tavolo lei conosce Nick –
il “Ragazzo Leone” – e scorge le bizzarre scarpe pitonate e a
punta di Wilbur: la versione maschile, più o meno, della Fata
Madrina di Cenerentola.
Il primo, un giovane modello che le fa venire
gli attacchi di panico e fa schizzare alle stelle il suo personale
contatore di figuracce; il secondo, un aspirante pioniere dell'alta
moda che, con tutta la medesima naturalezza con cui un uomo di mezza
età possa indossare un cappello a cilindro rosa, si rivolge ad
Harriet chiamandola coi soprannomi culinari più vari: pasticcino,
succosa pesca caramellata, fondo di melassa e
altre amenità simili.
Lui e i vocaboli che conia sembrano usciti in massa da una puntata in
rosa del Boss delle Torte, ma Harriet ha il nome di una testuggine
centenaria: non può lamentarsi troppo. Ho apprezzato moltissimo
l'attenzione che l'autrice riserva ai suoi personaggi secondari: gli
adulti della storia. Adulti - parola che, quando hai quindici anni,
sta ad indicare orchi cattivi ed egoisti, nemici giurati
dell'adolescenza, marziani approdati da un mondo di fumo e noia, ma
non in questo Geek Girl.
Di Harriet mi sono piaciuti il suo non fare drammi inutili, la sua
assoluta leggerezza, la sua comica presenza. Le descrizioni piene di
ritmo e ironia di modelle magre come grissini, compagne di classe
invidiose, adulti piccoli e insicuri come bimbi all'asilo che, con
fulminanti battute e toni scemi, mi diventano, nell'arco di poche
pagine, memorabili creature mitologiche. Una matrigna premurosa e
responsabile, che ha un debole per i tailleur eleganti, le cause
giudiziarie e vasetti di marmellata, purché siano di pesche e
fragole, non di mele avvelenate; una stilista dal nome
impronunciabile che, nel suo metro e mezzo, è un concentrato
di malignità e accidia, a metà tra Miranda Priestley e l'epica Edna
degli Incredibili; un
papà - molto entusiasta per le ammicanti avance
del gaio Wilbur, tra l'altro - a cui la spumeggiante Harriet deve il nome nome della suddetta testuggine centenaria, un viaggio
super-segreto in una Russia piena di neve e gatti odiosi,
l'esuberanza che le manca. Geek Girl è
un piccolo romanzo di formazione su un'adolescente che trova sé
stessa nel più impensato dei luoghi. Una ragazza che gambia
in nome della moda e che cambia
il nome della moda,
con i suoi felponi sformati di Winnie The Pooh, le invidiabilissime
scarpe con le rotelle incorporate, i capelli biondo fragola – o
rosso carota? - e il viso punteggiato di brufoletti e lentiggini.
Brufoletti: eufemismo per indicare i crateri vulcanici che, nel
giorno di un set fotografico all'ombra del Cremlino, hanno deciso di
crescerle sulla fronte, per farla somigliare a un unicorno in lotta
contro la pubertà e rendere memorabile la sua entrata in scena. Come
se non avesse fatto già il suo, poi, il trionfale ingresso a bordo
di una sedia a rotelle: camminare sui tacchi alti, e sulla neve, non
è da tutti! La morale è semplice, ma mai banale, e la storia è
meno paradossale di quello che sembra: Holly Smale e la sua Harriet
hanno in comune tanto, compresa un'adolescenza scandita da sfilate
impensate, libri di Tolkien, calcoli ed equazioni.
Nella biografia
dell'autrice, infatti, si racconta come, a quindici anni, sia stata
scoperta da un'agenzia per modelle, quando i suoi sogni erano
soltanto mangiare cioccolato a volontà, giocare ai videogiochi,
rimanere un brutto anatroccolo, ma con una sua personalità, in un
lago di bianchi cigni bulimici. Ha conservato la sua voce, ha
mantenuto sane e salve le sue origini nerd. Lo mostra in questo suo
romanzo d'esordio, e ci farà ridere e riflettere ancora, sono
sicuro, nei romanzi che seguiranno a breve. Perché la
trilogia di Geek Girl,
che appartiene a un genere di cui non conosco il nome, ha un suo
perché: le disavventure di Diario di una schiappa,
i colori dello chick-lit, la familiarità del più solare tra gli
young adult. Non mi divertivo così dall'epoca di Mi chiamo
Chuck. Ho diciassette anni. E, stando a Wikipedia, soffro di un
disturbo ossessivo-compulsivo. O
da The Vincent Boys, che
Dio ce ne salvi. Prendetelo, insomma, come il test perfetto per scoprire
quanto siete geek da uno a dieci. Io ho gli stessi identici occhiali
del disegno in copertina, ma non so fare le bolle con la gomma da
masticare o risolvere equazioni dall'aria piuttosto minacciosa e
complicata. Ma, come Harriet, penso che i palazzoni russi abbiano la
forma di tanti coni gelato, trovo rilassante il rumore di lavatrici e
lavastoviglie in funzione, mi vesto affidandomi non al gusto, ma alle
poche cose non chiazzate di dentifricio che riesco a trovare nel mio
misero armadio. Harriet, sposiamoci. Sono uno geek. Ma si dirà “uno”
geek o “un” geek, comunque? Domanda molto geek, già.
“Il cuore umano ,a riposo, ha da sessanta a novanta battiti al
minuto. Il cuore di un porcospino, nelle stesse condizioni, batte
trecento volte. Sto per trasformarmi in un porcospino.”
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: P!nk – Blow Me (One Last Kiss)
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