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Recensione God bless the child

Creato il 31 dicembre 2015 da Lightman
    Recensione God bless the child

Torino 2015

Film in concorso al 33° Torino Film Festival, God bless the child è il ritratto dolce-amaro di un'infanzia abbandonata a sé stessa e ai propri istinti, accudita solo dalla maturità di una sorella disposta a svolgere (soprattutto) il ruolo di madre.

Recensione God bless the child

Cinque bambini, d'età compresa tra uno e tredici anni, vengono lasciati a casa da soli da una madre, Rebecca, perennemente in fuga a causa delle sue costanti crisi depressive. Alla sorella maggiore, Harper, spetteranno il compito e l'onere di fare le veci della madre e prendersi cura dei fratelli piccoli, specialmente del piccolo Jonah, l'ultimo genito di appena un anno. God bless the child (benedetta sia la ragazza che con estrema maturità rinuncia alla sua vita di adolescente pur di prendersi cura dei fratelli). Il fantasma di una madre assente della quale non è dato sapere se farà ritorno a casa o meno, e di una genitorialità non marginale o inadeguata, ma totalmente assente, grava su questa piccola/grande famiglia, comunità di fratelli lasciati allo sbaraglio nel loro processo di crescita. Completamente in autogestione (uno dei piccoli si arrampica sul frigo e con una tecnica particolare tira giù i ghiaccioli da distribuire a sé e ai fratelli, pesca a caso i suoi indumenti da un cassetto a soqquadro e si cimenta per infilare una maglietta) i cinque fratelli si lasceranno andare al loro istinto e alla spontaneità tipica, e fin troppo creativa della loro giovane età. Fotografati nelle tante scene estemporanee del loro sopravvivere e convivere (la sorella maggiore che fa il bagnetto a Jonah, i due maggiori che si sfidano a guantoni in un pericoloso gioco al supereroe più forte, tutti insieme che fanno il bagno al malcapitato cagnolone), si ritroveranno poi tutti insieme al calar della sera e sempre nella loro 'unita solitudine'. In attesa, forse, del ritorno di quella madre che è sempre via.

Crescere (troppo) in fretta

Recensione God bless the child

I due registi Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck realizzano un documentario assai interessante sul mistero della crescita e sul dramma di una genitorialità raminga, assente, da cui si generano i 'capricci' di un'indipendenza bambina forzata e regolata dalla legge del più grande (o del più forte). Si sprigiona da questo contesto, un mondo sottilmente sadico di scherzi e marachelle tipici dell'età che si affianca al senso invece di protezione e tutto materno esercitato dalla sorella maggiore Harper, vera e propria madre in pectore. Tutto questo s'intreccia in un ritratto crudo, divertente, interessante e drammatico di un vero e proprio vagare bambino, tra campi non sorvegliati, momenti di pura selvaticità, istinti incontrollati. Un ritratto di forte realismo dove da una parte ci sono la bellezza, la gioia, e anche la comicità delle interazioni tra bambini, mentre dall'altra c'è il senso forte di privazione, privazione di un'infanzia 'libera' di crescere con delle regole, una strada da percorrere, un insegnamento da fare proprio. La stessa forte privazione che si evidenzia con maggior forza nella figura di Harper, adolescente costretta a svolgere la funzione di madre anziché di sorella, e costretta a rinunciare a vivere in maniera spensierata le sue feste, le sue amicizie, e finanche le sue 'cotte' pur di vigilare sui suoi quattro fratelli minori.

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