Recensione: I cavalli delle giostre, di Antonio Gentile
Creato il 11 aprile 2014 da Mik_94
Buon
pomeriggio a tutti! Come state? Io sono pronto per l'ennessimo
weekend di solitudine e noia lontano da casa: leggo la Mazzantini,
studio Storia della lingua. E vi parlo, oggi, di un libro che magari
non conoscete. Se vi capita, prendetelo. Appartiene a quel genere
impreciso che non è di nessuno, ma che è di tutti al tempo stesso. Un
genere che di sicuro non era il mio, ma che mi ha sorpreso in
positivo. Ringraziando l'autore – gentile di nome e di fatto - , vi
do appuntamento ai prossimi giorni, con un nuovo post sui recenti
finali di stagione. Un abbraccio, M.
Non
siamo nulla se non ci prendiamo cura di qualcuno.
Titolo:
I cavalli delle giostre
Autore:
Antonio Gentile
Editore:
Edizioni Anordest
Numero
di pagine: 223
Prezzo:
€ 12,90
Sinossi:
Lorenzo
e Letizia, due fratelli, due vite sospese in una dimensione surreale,
nel tentativo di guarire le ferite dell'infanzia, segnate come marchi
a fuoco sulla pelle. Cicatrici che li condizioneranno fino
all'adolescenza, li faranno allontanare dalla realtà e perdere nel
bisogno di liberarsi, come i cavalli delle giostre di un vecchio luna
park abbandonato, dove andavano a giocare da bambini. Su strade
parallele, i loro destini s'incrociano con quelli di Matteo e
Cecilia. Due incontri inaspettati, singolari, irrazionali come il
contatto del nulla con l'infinito, della materia con l'antimateria,
che li riporteranno ad una dimensione compiuta, scoprendoli fino al
punto più profondo dell'anima.
La recensione
Volevo
leggere questo libro. E poi no.
Tra
le email ricevute, nelle scorse settimane, una dell'ufficio stampa di
una piccola casa editrice da tenere d'occhio, costantemente.
Pubblicazioni interessanti, titolo interessante. I cavalli delle
giostre. Animali malinconici,
con zoccoli e zampe di legno che non possono correre. Ancorati a un
palo, come cani legati col guinzaglio a un lampione acciaio. Perché loro non possono entrare. La copertina fotografava una scena
quotidina. L'inchiostro immortalava personaggi quotidinani – tristi
e felici, belli e brutti, comunemente comuni. Quei famosi cavalli –
come i mostri del tunnel degli orrori – mi avevano intimorito, d'un
tratto. La sinossi parlava con parole difficili di quelle quattro
vite che, in un giorno appena, ho fatto mie. Il linguaggio della
matematica, della scienza, della razionalità. La poesia di un
ingegnere. Un giorno, un messaggio dell'autore, su Facebook. La
richiesta di un parere sincero. Antonio Gentile ha uno stile più
vicino alla poesia che alla prosa e avevo paura di non capirlo bene:
per certe cose, non sono abbastanza sensibile. Mai stato, non lo
nego. Però ho accettato, ho detto sì. Per le 200 pagine complessive
e per lo stesso mare in cui io e Antonio, vicinissimi, ci specchiamo.
Quella striscia d'acqua blu, ogni lunedì, mi sfila accanto, in
treno. Accanto, magari, tante volte, dai primi d'ottobre fino a questo
aprile dispettoso, mi è sfilato anche il covo dell'autore. Lì dove
questa storia è stata generata. I cavalli delle giostre
mi è piaciuto molto e, dico la verità, non ne ero sicuro al cento
per cento. Io sono diretto, acerbo, rozzo. Poco lungimirante per
intercettare la sottile linea rossa tra romanzo e aforisma. La poesia
mi ricorda ancora scuola. E invece, questa volta, con Antonio a
guidarmi, l'ho intercettata. Ho trovato quel filo e ho scoperto,
stupito, che formava un solido nodo da marinaio. Questo romanzo è
una sensazione che non ti spieghi: avido di dialoghi, generoso di
descrizioni. Descrizioni di una realtà filtrata dagli occhi
dell'anima, non dal comune sguardo. Un caos bianco, un caos calmo.
Un'antologia di poesie, quasi, che formano una storia e ancora
un'altra. Le parole sono strumenti infiniti con cui giocare e
sperimentare. Con cui divertirsi, per parlare di persone che non
ridono, o con cui rilassarsi, per raccontare di ragazzi senza pace.
Ci sono le farfalle, le stelle, le nuvole, piume che cadono e rumore
non fanno, lacrime che – in un giornate di sole, in un giorno
migliore – formano l'arcobaleno. Scie di aerei supersonici che
creano trame nel cielo, sodalizi e matrimoni tra le nuvole. Questa è
una fiaba per bambini di venti o trent'anni da leggere con i cinque
sensi. Con gli occhi, soprattutto, e le mani, e il naso... E'
una sensazione imprecisa, imperfetta, sfuggente. E una sensazione
come fai a descriverla, se ti porta ai ricordi d'infanzia – al
giardino di nonna in estate, alle corone di margherite a primavera,
al vischio a Natale?
La scrittura di Gentile è limpida, cristallina.
Un prisma che scompone colori – i più tenui, dolci e delicati
inventati dal buon Dio. La parola è catarsi, l'arte (la pittura,
la musica..) è espiazione. La parola è arte. Innegabilmente bella.
I periodi creano un sentiero sottile di briciole sottili. Ma
attenzione: gli uccelli, con i loro becchi gialli e le piume sporche,
potrebbero cadere già dal cielo e divorarle tutte! Attenzione: il
vento potrebbe soffiarle via per crudeltà! E allora i bambini
perderebbero la strada del ritorno. Il sentiero di mattoni gialli
verso casa.
Consigliato
a chi...
Vuole una storia come tante, ma scritta come poche.
A chi ha
scoperto che il mare esiste anche d'inverno.
A chi, in macchina, con lo
sguardo che indugia oltre il finestrino bagnato e i tergicristalli in azione,
pensa che la luna lo stia seguendo. E stia brillando, gialla e
romantica come in una canzone del Coldplay, solo per lui.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Ludovico Einaudi – Fly
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