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Recensione: Il cacciatore del buio, di Donato Carrisi

Creato il 03 ottobre 2014 da Mik_94
Ciao, amici. Dopo la recensione abbinata all'ultima tappa del BlogTour di Dark Heaven, rieccomi con il mio pensiero sul nuovo romanzo di Donato Carrisi, Il cacciatore del buio. Il suggeritore e sequel occupano un posticino nel mio cuore che il proseguimento della storia iniziata con Il tribunale delle anime non ha rubato, ma l'ho letto in un soffio. Con Carrisi “alla regia”, vale sempre la pena. La recensione, come sempre, non contiene spoiler. Leggete sicuri. Questo, forse, sarà l'ultimo post prima della mia partenza per Chieti. Pregando che la connessione mi sostenga, ci sentiremo la settimana prossima. Buon weekend. M.
Il Male è la regola. Il Bene è l'eccezione.
Recensione: Il cacciatore del buio, di Donato Carrisi Titolo: Il cacciatore del buio Autore: Donato Carrisi Editore: Longanesi Numero di pagine: 410 Prezzo: € 18,60 Data di pubblicazione: 29 Settembre 2014 Sinossi: Non esistono indizi, ma segni. Non esistono crimini, solo anomalie. E ogni morte è l'inizio di un racconto. Questo è il romanzo di un uomo che non ha più niente - non ha identità, non ha memoria, non ha amore né odio - se non la propria rabbia... E un talento segreto. Perché Marcus è l'ultimo dei penitenzieri: è un prete che ha la capacità di scovare le anomalie e di intravedere i fili che intessono la trama di ogni omicidio. Ma questa trama rischia di essere impossibile da ricostruire, anche per lui. Questo è il romanzo di una donna che sta cercando di ricostruire se stessa. Anche Sandra lavora sulle scene del crimine, ma diversamente da Marcus non si deve nascondere, se non dietro l'obiettivo della sua macchina fotografica. Perché Sandra è una fotorilevatrice della polizia: il suo talento è fotografare il nulla, per renderlo visibile. Ma stavolta il nulla rischia di inghiottirla. Questo è il romanzo di una follia omicida che risponde a un disegno, terribile eppure seducente. E ogni volta che Marcus e Sandra pensano di aver afferrato un lembo della verità, scoprono uno scenario ancora più inquietante e minaccioso.                                             La recensione Recensione: Il cacciatore del buio, di Donato Carrisi La bugiarda sensazione di avere tempo.  Più tempo; ancora tempo. Quello che le vittime nell'ultimo thriller di Donato Carrisi non avranno. La morte ha azzerato i loro parametri vitali, ha fermato i loro orologi biologici, ha dato un taglio netto alla lista delle cose da fare. Avevano la cena sui fornelli. Un libro non letto con un segnalibro nel mezzo. Un esame da dare nella sessione autunnale. Qualcosa da portare a termine, semplicemente, prima che il pensiero – come è solito fare - iniziasse a danzare per conto proprio tra altri progetti: poiché è l'instabile natura umana a richiedere nuovi impulsi, rinnovati stimoli, rigenerate mete. Il tempo vola, la vita è la processione di occasione mancate e perse che è. Il tempo scorre, incrina i vetri, rompe i muri. Il tempo ti uccide, cogliendoti impreparato. Il cacciatore del buio, un po' come il tempo, si pietrifica, concentrato nella descrizione di un attimo, per poi spaccare la sua clessidra e investirti come solo lui sa fare. Va velocissimo, ma non perde il fiato. Piovono sabbia e eventi, scoppiano vetri e templi, ti investono ore (e minuti, e secondi...) insieme a voci dagli accenti diversi. Tempo: pensavo di averne di più, ma niente. Fregato. Ho letto quattrocento pagine in un giorno e mezzo e, Signor Giudice, non me ne pento. Ho atteso un nuovo romanzo del nostro Donato Carrisi a lungo, ma ho bruciato il lento gusto dell'attesa in tempi record. Ingordo, incantato, totalmente soggiogato. Avrei voluto qualche giorno in più per accumulare idee, appuntarmi frasi, giocare d'anticipo: mai scritte recensioni da zero. Sono uno che medita, un soggetto che non si affida ai raptus verbali. Un tipo losco. Il cacciatore del buio, invece, si beve d'un fiato, e scuoti il fondo del bicchiere per fregarne un altro goccio alle librerie. Tu, brucerai la cena sui fornelli. Tu, abbandonerai il libro che hai in lettura, perché una voce ti suggerisce che, in fondo, non ti sta prendendo. Tu (ogni riferimento al sottoscritto è puramente casuale, occhio), ti limiterai a preparare il tuo esame di Letteratura Inglese negli ultimi giorni. Tu, in quel giorno e mezzo, non prenderai in considerazione progetti a breve termine: spegnerai il telefono. Noi, tutti, siamo le vittime di un altro colpo messo a punto dall'autore che conosce il Male e le leggi segrete dell'intrattenimento. Nei miei solitari sabati sera lontano da casa, mi faceva compagnia su Rai Tre, con Il sesto senso, e non potevo non domandarmelo, guardandolo all'opera: dove prendeva idee e energia, quel pozzo di scienza passato con nonchalance dalla macchina da scrivere alla prima serata? I trucchi di Donato Carrisi, instancabile e pignolo: sotto silenzio. Come quelli custoditi nell'area ristretta del Vaticano che, con statuti propri, è un mondo a parte. Una cicatrice bianca lungo il ventre della stessa, antica città che alimenta opposti. La pace e la guerra: una guerra di clacson, voci alte, tifoserie, venditori ambulanti, umanità disparata e disperata; la pace dei chiostri. Il bene di un credo mai messo in dubbio; il male dell'inquinamento e del tumulto. Alcune cose non possono entrare, altre non possono uscire. Roma: labirinto. Il Vaticano: la corte di Minosse. E se un minotauro si liberasse e la sua furia rossa esplodesse tra coloro che l'hanno creato, protetto, aizzato fuori? E se l'ordinaria follia contro cui la polizia italiana lotta avesse un legame stretto con quello che il clero e pochi eletti conoscono, ma contro cui la giustizia nulla può?  Recensione: Il cacciatore del buio, di Donato Carrisi Marcus non ha memoria. Marcus è un penitenziere. Un cavaliere oscuro con il colletto dell'abito talare che ha un segno insanabile sulla tempia, un unico confidente di nome Clemente, una storia personale già raccontata nel Tribunale delle anime. Una figura enigmatica che, allevata in un contesto divino e calata in una realtà meramente umana, ha studiato l'omicidio sui libri e, qualche anno prima, combattuto un nemico che delle croci non aveva paura. Risolto un mistero che nessuna preghiera avrebbe mai svelato. Non ha dimenticato Sandra, la giovane fotorilevatrice in lotta contro la perdita del marito e le pericolose eredità che le aveva lasciato: adesso ha amici, una casa, un fidanzato che non conosce il crimine e che dispensa sorrisi. Caino uccise Abele, e l'uomo conobbe il fratricidio. Romolo uccise Remo, e sulle fondamenta informi di Roma fu poggiata la prima pietra – le mani del fratello superstite ancora calde per via della colpa e del sangue versato. La città cantata da Carrisi, pur mancando del fascino di quella Gotham senza nome che tanti ricorderanno, si anima a mezzanotte. La grande bellezza conosce, così, l'assassinio e la cospirazione. Sarà lei - “stupida” stasera, cristallina mai – a fare incontrare nuovamente la giovane vedova e il prete che, nell'istante tra il lampo e il tuono, si era rivelato a lei. Sulla scena dell'ennesimo crimine. I metodi del serial killer, questa volta, ricordano quelli del Mostro di Firenze: le coppiette, nelle loro notti d'amore, non sono al sicuro. Un auto, una scelta a trabocchetto: tu o lei? Il cacciatore del buio è una lezione di storia antica, una riflessione su assassini nati e proselitismo estremo. Il male, declinato per la quarta volta dallo scrittore pugliese, è un talento naturale da coltivare con solerzia e coltellate.  Recensione: Il cacciatore del buio, di Donato Carrisi Richiede disciplina; perfino grazia. Questa è la storia su demoni che si fanno il segno della croce e non temono l'acqua santa, in una chiesa in cui si racconta che il crocifisso affisso sull'altare, miracoloso, sia stato inciso da un artista anonimo con l'ispirazione dell'omicidio. Parlai de L'ipotesi del male lo scorso anno, io, e su Facebook trovai un messaggio dell'autore – Donato, l'ho incorniciato, sappilo! Giurava che un passo della mia recensione gli aveva messo i brividi: bambini inghiottiti dal bosco carnivoro di una fiaba cattiva. Scrivevo così. Sul dorso di questo tomo, rilegato in pelle umana e cucito con capelli sottilissimi, il disegno di un uomo con la testa di lupo; accanto a lui, un bambino di sale e sua sorella, la bambina di luce. Non sorridono. Lo stile di Carrisi, immutato, ci regala una storia stappata da una scuola per bambini speciali che ha il nome della città del Pifferaio magico. Una favola di quelle assassine. La biografia di un omicida narratore che mette in scena capitoli con burattini senzienti. Che avessi perciò involontariamente indovinato il tema del romanzo a cui stava lavorando? Tornano i protagonisti di un romanzo scoperto sulla scia di un primo amore che non si scorda mai. Marcus e Sandra, meno carismatici della problematica Mila, mi avevano colpito con forza minore: li avevo sentiti distanti, non li avevo tenuti a mente. Mantenuto sveglio dal pensiero che i conti non tornassero, con i ricordi di due vite lasciati al 2011, ho scoperto – tuttavia – che questa era un'altra nota sul loro portfolio. Una storia diversa, destinata a concludersi con tre punti di sospensione, ma non a essere il completamento di una frase lasciata come a metà. Il romanzo, una bambola russa con il sorriso diabolico, ha un intreccio di filo spinato e passaggi manovrati dall'alto che, tra me e me, mi hanno fatto additare possibili forzature nelle trame. L'epilogo dell'indagine portante imprevedibilmente ti porta a una colpo di scena che, tra un libro e un film, conoscevo già: Marcus conosce le Anomalie, io conosco il cinema. Il suo scontro contro la nota dissonante e il mio contro il prurito di un dèjà vu che avevo proprio lì, sulla punta della lingua, è stato vinto pari merito. Ma Il cacciatore del buio è un'espressione matematica. Il suo messaggio è sano e salvo fino all'ultima pagina. Un'articolata parentesi graffa, una netta parentesi quadra e una panciuta parentesi tonda sono a guardia di un fattore da decifrare. La lettura del romanzo è l'eliminazione degli ostacoli, armati di occhiali da vista e penna, che si stagliano tra noi e l'epilogo. Non sono mai stato bravo in matematica: avrei dovuto prestare più attenzione alla mia insegnante, immagino. Ho risolto con facilità i calcoli racchiusi nella parentesi tonda, ma l'equazione si è complicata e, quando stavo per cantare vittoria, ecco un numero, un numero primo, che non sapevo neanche leggere. Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: Lorde – Everybody Wants To Rule The World (Tears for fears)

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