TITOLO: Il cavalluccio dalla criniera violaAUTORE: Patrizia AnselmoEDITORE: La Ponga Edizioni
IL MIO VOTO: 3,5 su 5
LA MIA RECENSIONE
Il mio primo pensiero, al termine del romanzo, è stato: ottimo romanzo “da metropolitana”. Che non è un giudizio negativo, anzi. E vado a motivare.La storia si inserisce in un genere classico, quello del giallo. La misteriosa scomparsa di un ragazzo di ventotto anni, Francesco, e le indagini dell’investigatore privato Raul. Il ragazzo non conduce una vita esemplare e ha una figlia, non riconosciuta dalla madre, che lascia crescere ai suoi genitori. Di punto in bianco Francesco sparisce e l’amico Andrea si rivolge all’investigatore per ritrovarlo. Il resto potete, dovete, scoprirlo voi.
La narrazione scorre rapida, supportata dall’uso del tempo presente e della prima persona, che rendono il ritmo incalzante. Il 90% del testo è rappresentato da dialoghi, battute rapide, botta e risposta che via via aggiungono particolari alla vicenda. Ogni capitolo è diviso in sottosezioni che corrispondono, quasi sempre, al dialogo di Raul con un nuovo personaggio. Una struttura che ricorda rapidi cambi di scena in un telefilm.
Da ciò deriva un forte coinvolgimento del lettore, che oltre a essere guidato nel pieno dell’indagine ha la certezza di poter proseguire nella storia senza rallentamenti. Ogni pagina, ogni riga porta nuove informazioni, con passi in cui la situazione viene ribaltata rispetto alle aspettative, come prevedono i canoni del genere. Il finale, senza dubbio, è inatteso.
Ma la “rapidità” del testo porta con sé anche una eccessiva semplificazione di personaggi e vicende. Questo mi ha portato a pensare al romanzo come a una lettura a cui dedicare brevi momenti di tempo libero: “Il cavalluccio viola” non richiede sforzi di attenzione o comprensione, al di fuori della necessità di ricordare i nomi dei personaggi. La storia è tutta lì, what-you-see-is-what-you-get. A parte qualche accenno di approfondimento psicologico e biografico della figura di Raul, ci troviamo in presenza di personaggi bidimensionali che, come attori-spalla, recitano le loro battute, funzionali alla vicenda. Anche la narrazione dei fatti stessi, il breve riassunto finale con la spiegazione del caso, le riflessioni personali di Raul soffrono della mancanza di dettagli, sono solo rapide pennellate che vogliono “dire”, più che “spiegare”.
Il giudizio è comunque positivo, per i motivi sopra esposti e per altre due ragioni.
Primo: un testo semplice e rapido non è necessariamente un difetto, se ad esso ci si approccia in modo consono. Molti lettori preferiscono che la storia sia ridotta all’essenziale e trovano ridondanti descrizioni e riflessioni dettagliate. Il mio commento nel paragrafo precedente è dunque legato a un gusto personale.
Secondo: dal punto di vista formale, il romanzo è impeccabile. La cura dell’autrice, e/o dell’editore, ha portato a un risultato ottimo, nel quale non si trovano refusi degni di nota, incongruenze o cambi di registro.