Pubblicato da roberta maciocci Cari lettori, anche se in “differita” con l’uscita della nuova avventura di Sherlock Holmes sul grande schermo, cogliete l’occasione per gustarvi anche questo libro di David Grann, ispirato dal fascino di uno dei più famosi investigatori, se non il più famoso di tutti. Insomma, fatevi prendere anche voi dal “demone di Sherlock Holmes”.
RECENSIONE
“Non credo che arriveremo mai a conoscere con certezza quello che è realmente accaduto. A differenza dei racconti polizieschi, noi dobbiamo vivere senza risposte”.
Ho aperto la mia recensione con la frase metalinguistica (il giallo che cita se stesso) pronunciata alla fine del primo racconto del libro, racconto che è intitolato Circostanze misteriose. Nella prima di queste “avventure”, si indaga sulla morte del massimo esperto di Sherlock Holmes, Richard Lancelyn Green, personaggio di finzione ma che a sua volta metalinguistico: si tratta di un personaggio creato dalla fantasia di David Grann, che a sua volta è il più autorevole (sempre funzionalmente) studioso di un altro personaggio protagonista di romanzi, Holmes, per l’appunto.
Non mi dilungherò sulle trame e sugli argomenti dei singoli racconti (rovinerei l’istanza propria del gustarsi una raccolta di racconti polizieschi, se entrassi in particolari): basti pensare che leggendo questo libro vi imbatterete addirittura nella figura della sorella di Conan Doyle, nonché in soggetti dalla multipla personalità, o casi di innocenti (o no?) ingiustamente condannati a morte (si salveranno?), solo per fornire qualche esempio. Troverete anche qualche particolare connotativo del genere, come il ritrovamento di carte, appunti e documenti vari che da sempre sono un ingrediente di base del poliziesco. Insomma, Il demone di Sherlock Holmes, come si direbbe nel trailer di un film “vi terrà col fiato sospeso”.
Tutto qui? No, altrimenti ci troveremmo di fronte alla solita raccolta di gialli, polizieschi, noir, qual dir si voglia, a seconda delle sfumature del genere in questione. Quello che rende invece accattivante il libro di Grann è la forma asciutta, giornalistica (propria del suo mestiere), utilizzata per svolgere i racconti: la verosimiglianza dei fatti, seppur misteriosi, prende la forma di un resoconto di cronaca, se non addirittura di un ampliamento romanzato di indagini giudiziarie realmente svolte (e da professionisti, aggiungerei). Questo pur lasciando allo snodarsi delle vicende quell’aura di incertezza, di inquietudine quasi soprannaturale, tipica delle storie imperniate sul crimine e su accadimenti delittuosi in genere, spesso destinati a rimanere irrisolti.
Lo stile è più vicino a quello che immaginiamo fosse quello delle cronache dei vecchi giornali illustrati, dove addirittura le immagini dei processi penali eclatanti erano catturate non da fotografi bensì da abili ritrattisti e poi poste in copertina: sobrio ma intrigante, distaccato ma al tempo stesso dettagliato. Una modalità che ben si adatta all’immagine del più famoso detective della letteratura, ben lontana da quella dei suoi pur eminenti epigoni del noir (i Sam Spade della situazione, per intenderci), pur risultando molto “cinematografica” dal punto di vista della resa tridimensionale dei caratteri e delle ambientazioni in cui si svolgono le vicende.
E’ un libro che vale la pena di leggere proprio perché, pur offrendo una carrellata di “non ordinarie follie”, non è sensazionalistico. Non posso, ribadisco, addentrarmi nei contenuti per far sì che possiate anche voi vestire i panni di detective, almeno per la durata della lettura, anche se ne garantisco l’originalità: al contrario, una volta di più, ribadisco la lode per la forma.
L’AUTORE David Grann, giornalista diThe New Yorker, è autore diZ la città perduta, bestseller delNew York Times, tradotto in venticinque lingue, vincitore dell’Indies Choice Award per il miglior libro di nonfiction del 2009 e da cui verrà tratto un film prodotto dalla Paramount. In passato David Grann ha collaborato conNew York Times Magazine, Atlantic, Washington Post, Wall Street JournaleNew Republic.