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Siamo condannati all'infelicità. Desideriamo la compagnia di qualcuno per scacciare la solitudine. Siamo imprigionati dentro questi contenitori eterni con i ricordi delle cose orribili che abbiamo fatto, gli inganni e i rimpianti, cercando un modo di andare avanti... Vivere con qualcuno potrebbe essere l'unico modo.
Titolo: Il Dominatore – Immortal Autrice: Alma Katsu Editore: Longanesi Numero di pagine: 338 Prezzo: € 19,90 Sinossi: Lanny è una donna bellissima, sensuale, appassionata... E ha oltre duecento anni. Lanny è un'immortale, ma la sua vita eterna le ha chiesto un sacrificio molto alto. Troppo alto. È costretta a fuggire e a nascondersi di continuo, perché l'uomo che le ha donato l'immortalità, il potente e spietato Adair, vuole tenerla avvinta a sé, anche se lei ha trovato un altro uomo, e con lui un nuovo, profondo legame che le dà forza in una quotidianità finalmente "normale" e condivisa. Adair ha più di mille anni, ma nella sua lunghissima vita non ha mai incontrato una donna come Lanny. E ora che si è liberato dalla cella in cui lei l'ha rinchiuso per più di un secolo, Adair deve scegliere: ascoltare la voce dell'odio e della vendetta, che gli impone di scovare Lanny e ucciderla dopo orribili sevizie? Oppure cedere a una voce più profonda e autentica, che non sentiva da secoli: quella dell'amore? L'eros può rendere possibile l'impossibile, ma maggiore è la sua forza, più alto il prezzo da pagare... Erotismo e suspense si mescolano in una storia di passione e perdita, tradimento e redenzione. La recensione
“Il suo odio per lei era un'ancora di salvataggio e l'avrebbe usata per rimanere a galla e andare avanti, centimetro dopo centimetro, metro dopo faticoso metro, fino a che non sarebbe riuscito a sbarcare sulla terraferma.” Due anni fa, in un periodo non diverso da questo, un nuovo romanzo usciva in libreria. Ricordo ancora che, sul web, le pubblicità paragonavano l'autrice alla più fortunata e nota Stephenie Meyer. Mossa sbagliata: Immortal era tutta un'altra storia. Una storia di viscerale passione, una storia di odio profondo. Non una storia d'amore. Era stata la copertina ad attirarmi. Mi piaceva e non mi piaceva. Era fonte di dubbi, come per me la trama stessa. Era l'epoca, quella, in cui il mio blog non aveva ancora una forma precisa e in cui io, timidissimo, conservavo ancora quella voglia matta di fare, ricercare e approfondire che, con l'età, si perde sempre un po'. Era l'epoca, quella, in cui gli urban fantasy erano tutti uguali e in cui la moda richiedeva necessariamente romanzi tutti uguali. Immortal era fra quelli, oppure no? Utilizzando Facebook come un radar, ecco sullo schermo il profilo dell'autrice. “Aggiungi agli amici”, e il gioco era fatto. Le scrissi quella sera stessa. Non sapevo quali fossero i termini più gusti da utilizzare; non sapevo che ora fosse, lì da lei. L'America era lontana, l'America era tipo dall'altra parte del mondo. E lei era un'autrice famosa. Invece, parlammo: grazie a Google Translate, sì, ma parlammo. Le inviai le domande per una breve intervista e il giorno successivo avevo le mie risposte. Il mio blog, che contava pochissimi lettori fissi, avrebbe avuto un'ospite internazionale. Alma, infatti, si era rivelata una persona gentile, disponibile, affascinante. Mi aveva parlato dei suoi precedenti lavori, dei suoi gusti, dei libri e dei film che preferiva. Mi aveva raccontato, a parole sue, con l'amore che ogni autrice riserva alla sua creatura, una storia di alchimisti, torture fisiche e psicologiche, passioni fameliche, che io immaginavo – all'inizio – essere altro. Era volata fino all'Italia, nelle settimane seguenti, per presentare il suo Immortal. Durante una sessione di autografi e foto, aveva riservato una dedica speciale a un lettore che non aveva ancora letto la sua storia, ma che – da lontano – ne aveva seguito con entusiasmo e curiosità gli sviluppi. Una copia personalizzata del romanzo mi era arrivata a casa, io ero felice. Mentirei se dicessi di averlo trovato perfetto sin dalla lettura del prologo. La mole, il peso della prosa della scrittrice, l'intreccio fitto e pericoloso mi avevano spinto a rimandare la lettura a tempi migliori: all'estate. Mi ci erano voluti i tempi giusti, vero, ma in cinque giorni l'avevo finito. Allora è iniziata l'attesa per il seguito. Immortal era stato un bellissimo romanzo, ma non una lettura semplice. Intenso, originalissimo, morboso, spesso anche indigesto. Senza pace. Pieno di spigoli, crudo, difficile da mandare giù. Velenoso. Un moderno racconto gotico, vicino all'estetica del sublime, alle paure inconsce, all'eros più estremo e malato. Alma Katsu, con il suo passato da profiler della CIA, aveva reso comprensibile l'incomprensibile, tollerabile l'atroce. I suoi personaggi non avevano punti deboli, la sua mano non vacillava mai, il suo stile era superbo, corposo ed impeccabile.
C'è voluto tempo affinché il secondo capitolo giungesse da noi. Ha cambiato prezzo, data di pubblicazione, grafica, titolo: The Reckoning è diventato, così, Il dominatore. Prima di leggerlo, decisamente non condividevo la scelta. Trovavo pessima l'idea di abbinare a una storia così potente un titolo da romanzo erotico, quando di erotico la storia della Katsu aveva poco o nulla. Poi, a fine lettura, ho compreso meglio. Il titolo fa riferimento, infatti, al più temibile degli immortali: un uomo che ha saputo dominare genti, epoche, secoli, come un Dio corrotto e vendicativo. Adair. Da antagonista, lui diventa protagonista quasi assoluto di un intreccio che – questa volta – è una macchina perfetta. In duecento anni, tante cose cambiano. Tante cose succedono. Anche se sei seppellito nel buio, in uno sgabuzzino di una casa immensa come il più regale dei castelli. Murato vivo, con l'immortalità a farti compagnia. I mattoni dei muri attorno a te non sono abbastanza forti per spaccarti la testa; l'oscurità non è abbastanza spaventosa perché il cuore possa fermarsi da solo; l'eternità è troppo breve per pensare a una morte che, come una benedizione dall'alto o un sollievo impensato, non giungerà da sé. Sei immortale. Tu sei vecchio quanto il mondo, forte quanto il mondo. Al contrario tuo, la tua mente può viaggiare in lungo e largo. Hai tempo per pensare ai tuoi amori e ai tuoi nemici. A lei, la tua carceriera. Il mondo, fuori, cambia, ma non tu. Almeno fisicamente. Nella tua testa c'è il fuoco. Un fuoco che striscia, balla, corre, diventando ora una fiammella, ora un falò. Una lingua di luce rossa che arde di sete di vendetta e di una cosa che ha il sapore agrodolce dell'amore. Il dominatore è una storia che, di continuo, oscilla tra prigionia e libertà, eros e thanatos. Una raffinata parentesi in cui si parla di personaggi persi nel mondo, come se fossero bambini che, nella folla, strattonati dagli eventi, hanno lasciato andare per sbaglio la mano dei loro genitori. Gli immortali della Katsu sono complicati.
Hanno il per sempre a disposizione, ma temono i misteri dell'aldilà e i demoni della solitudine. Passano da una casa all'altra, da un compagno all'altro, mossi dal terrore di svegliarsi in un letto vuoto. Vissuti una vita in gabbia, non sanno spiccare il volo. Lanny ha spalancato la porticina fragile delle loro voliere, liberandoli da una cattività obbligata, eppure – bellissimi e giovani – se ne stanno fermi sui loro trespoli, cantando il passato. Adair – il loro tiranno - li ha abbandonati. Possono camminare con le loro gambe, senza più la sua voce nella testa: avevano dimenticato il suono dei loro pensieri, avevano scordato cosa volesse dire pensare autonomamente. Ma è libertà, quella? Essere soli, sperduti, senza più una guida? Lanny – con uno sforzo inumano - ha messo fine alla vita del suo vero grande amore e, ricchissima, passa le sue giornate accanto al mortale Luke. Ha imparato ad amarlo, perché – dopo una vita di segregazione – lui le ha fatto spiccare il volo. Vivono in una casa piena di ricordi, che ha l'odore dei musei. L'odore delle case dei vecchi. E' un tempio, un mausoleo, un perpetuo memento. Ogni oggetto ha un significato, ogni souvenir è un talismano legato a un ricordo e a un'era passata. Peccato che Lanny non dimostri più di vent'anni. Ha quell'età da due secoli di troppo, ormai. Dietro l'apparenza di bambolina di ceramica, il temperamento di un'eroina tragica, all'interno di un coro di personaggi da tragedia greca destinati allo struggimento eterno fino alla fine dei tempi. Adair l'ha catturata e tenuta chiusa nella casa di Barbablù, fino a quando lei non ha combattuto la magia nera con l'astuzia. Lui, un alchimista sopravvissuto ai secoli e alle sue stesse spoglie mortali, che ha legato a sé uomini e donne. Artefice di una lussuriosa corte di dolci torture, depravati tormenti, schiavi eterni. Nel suo passato e nel suo presente ci sono l'omicidio, lo stupro, la pedofilia, le arti oscure, ma la Katsu è brava: a lui sono serviti duecento anni di solitudine per scoprirsi una persona nuova, a noi due libri appena.
Dall'odio alla comprensione. Il lettore viene proiettato nella sua mente e i suoi pensieri proibiti sono quasi contagiosi. Densissimi come catrame. Pericolosi come le sabbie mobili. Il suo risveglio – a metà tra Dark Shadows e Intervista col vampiro – è divertente, affascinante. La caccia a Lanny può avere inizio, ma gli istinti primitivi da cui è dettata sono tra i più dispersivi e vari. Sconcertano, sono talmente credibili da far star male. L'autrice gioca abilmente con i grandi e torbidi tasselli del nostro animo e crea un ritratto umano e straordinariamente coinvolgente di protagonisti disumani. Rinnovo il mio paragone. Rinnovo il mio complimento. Alma Katsu, infatti, mi ricorda la migliore Anne Rice. Nel primo della Rice aveva le eccessive dilungaggini, la prolissità, i dettagli minuziosi e trascurabili che adoro. Qui tutto è più immediato e scorrevole. Non ci sono intoppi e la trama è un perfetto congegno di salti, rimandi, ricordi. C'è una grande umanità nella caratterizzazione di personaggi che di umano non hanno apparentemente niente. Tra tanti di loro, nessuno che sia buono, nessuno che sia virtuoso. Schiavi dei loro vizi, sarebbero – forse – i Lupi di Wall Street, di Martin Scorsese. Costituiscono una famiglia unica nel suo genere, composta da membri adoranti e intontiti come gli adepti di una setta religiosa, ma il rancoroso Adair è un capo talmente carismatico e ipnotico che le ragioni dei legami che li uniscono a lui non risultano poi misteriose, come, invece, appaiono dall'esterno. Si tratta di mera chimica, dalla cattiva esposizione al potere, dei bruttissimi scherzi del subconscio. Fanno prigionieri, sono prigionieri. S'instaurono tra loro gli effetti della Sindrome di Stoccolma. E Adair, chiuso a lungo dietro una parete di mattoni e pietre, si scopre innamorato della sua sfuggente e capricciosa nemesi. Perché così è. I sentimenti seguono impulsi atavici e ambigui comandi. Alma Katsu, in maniera molto insolita, in Il dominatore parla d'amore. E, continuamente, lo fanno i suoi personaggi, che sono vecchissimi, ma non per questo saggi. Lanny, nella Venezia ottocentesca, ha avuto come interlocutore e coreggiatore il mitico Lord Byron in persona; Adair, oggi, dialoga con un Jonathan che ha nuova forma e nuova vita: un Golem di carne e ossa, amante segreto dell'imperscrutabile Regina degli Inferi. I gesti di tenerezza si confondono con lo stupro, l'anima gemella è una nemica giurata. La passione è animalesca, totale, ingorda: Adair e Lanny sono un leone e una gazzella che s'inseguono, una Bella che fugge dalla Bestia. Un bacio è un morso, un abbraccio è una tagliola mortale di nervi e braccia. La saga della Katsu ha un gusto fortemente scultoreo e tanto deve, secondo me, al dramma in musica nostrano: stessi strazi, stesse passioni, stessa arte. Immagino i dialoghi tra i protagonisti come i duetti tra un soprano e un tenore e, così espressivi e fermi, hanno la mimica, l'universalità, l'intensità dei vecchi attori del cinema muto. Storie come questa e uno stile come questo, alla fine, sono semplicemente cose d'altri tempi. “Perché da oggi io sono il tuo padrone: un padrone che non può ingannare, che non può sfidare, a cui non potrai mai sfuggire. Da oggi fino alla fine dei tempi, tu e tutto ciò che possiedi siete miei. Ora io sono la tua vita. Io sono il tuo dio.” Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: Lana Del Rey – Born to Die
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