Auf, ragazzi, che fatica trovare il tempo per leggere e poi per scrivere! La Topolina, però, non si arrende facilmente, perciò eccola di nuovo qui per voi con la prossima recensione del progetto. Buona lettura!
Autore: Bianca Rita Cataldi
Genere: narrativa, viaggio
Editore: Booksprint
Pagine: 362
Anno di pubblicazione: 2011
ISBN: 9788865951699
Prezzo: €17,90€
Formato: brossura
Valutazione:
Grazie all’autrice per avermelo inviato in formato eBook.
RIASSUNTO - A pochi mesi di distanza dal suo trasferimento al nord per motivi di studio, Alessandro scompare. “Tornerò presto, questione di giorni. Tornerò con l’ultimo treno, quello della mezzanotte.” Queste le ultime parole che Alessandro rivolge a Dani, la sua ragazza, durante l’ultima conversazione telefonica tra i due. Poi, più niente. Dani, disperata, si racconta mille scuse per giustificare il comportamento del suo ragazzo e ogni sera si reca in stazione, si siede sul marciapiede e aspetta che passi l’ultimo treno, sperando di veder scendere Alessandro. “Mi aveva detto che sarebbe tornato con l’ultimo treno, quello della mezzanotte”. Passano i giorni, e di Alessandro non c’è traccia. Una notte, però, succede qualcosa d’insolito: Dani è lì, seduta sul marciapiede della stazione come tutte le notti, e l’ultimo treno è già passato da qualche minuto quando, all’improvviso, compare un ragazzo. E, di lì a poco, benché gli orari non prevedano più nessuna corsa fino al mattino successivo, un vecchio treno giunge in stazione, stridendo sui binari. Il giovane sconosciuto sale sul mezzo e, pochi secondi dopo, si sente male. Dani sale in carrozza per soccorrerlo ma, purtroppo, capirà ben presto che il malessere del ragazzo è solo una messinscena, una trappola architettata per farla salire sul treno. Ma chi è questo misterioso estraneo? Che legami ha con Alessandro, e perché sembra conoscere il motivo della sua scomparsa? Molte sono le domande alle quali Dani dovrà rispondere, affrontando le insidie di un pericoloso viaggio nel passato della persona che crede di amare e che non ha mai conosciuto per ciò che è realmente.
L’AUTRICE – Bianca Rita Cataldi è nata nel 1992 a Bari. Frequenta l’ultimo anno in un liceo scientifico del capoluogo pugliese e studia pianoforte in conservatorio. Ha iniziato a scrivere all’età di undici anni, quando sua madre le ha regalato un computer e le ha permesso di usarlo ad una condizione: non navigare in internet. A quel punto, Bianca poteva soltanto scrivere, o giocare a campo minato. Tra le due opzioni, lei ha scelto di scrivere. Nel 2009, si è classificata tra i 25 finalisti del Premio Campiello Giovani con il racconto Il fiume scorre in te, dalle cui ceneri è sorto l’omonimo romanzo. Prossimamente, il suo racconto L’ottavo bicchiere sarà pubblicato insieme ad altri diciannove racconti vincitori del concorso “Scritto sulla pelle”, indetto da Feltrinelli e Sony Picture Home Entertrainment nell’estate del 2010. Attualmente Bianca, insieme ad un gruppo di bloggers italiane, collabora con case editrici quali la Newton Compton, la Giunti Y e la Elliot, scrivendo recensioni letterarie. Dal futuro, Bianca desidera solo due cose: continuare a vivere per scrivere, e a scrivere per vivere.
* * *
Oggi parlerò di un romanzo di quelli che non capitano tutti i giorni, o se preferite di quelli che è un autentico miracolo trovare in libreria.
Chi mi conosce sa che non di rado mi capita di storcere il naso quando mi imbatto in un libro scritto da un autore giovanissimo (17 anni, in questo caso), e il motivo è che spesso le ingenuità mostruose che il suddetto commette scatenano in me l’istinto di buttare il libro dalla finestra senza pensarci due volte. Però, come in tutti i campi, esistono le eccezioni, e Bianca Rita Cataldi è una di queste.
Dico ciò non solo riferendomi alla storia vera e propria, ma anche e soprattutto allo stile utilizzato: “poetico” è senz’altro un aggettivo adatto a definirlo, per via della scelta delle parole, mai affidata al caso, ma anche per via delle frequenti metafore usate.
Nonostante la sua giovane età, ho notato che Bianca Rita possiede già uno stile suo, che ho trovato davvero piacevole: fresco, vivace, con numerose idee e scelte letterarie originali, come questo passo che vi propongo tra quelli che mi sono piaciuti di più:
A volte accendo il computer e scrivo senza fermarmi e poi non rileggo, perché se rileggessi cambierei quello che ho scritto. Mi cambierei. Io non mi cambio mai, non mi fermo mai. Scriverò finché non si consumerà la notte. Finché le dita non mi si atrofizzeranno sui tasti scomodi del computer. Finché la luce dello schermo non mi brucerà gli occhi. Accendo candele tra i miei ricordi. Non ti chiamerò più amore perché non te lo meriti. Scriverò finché non si consumerà la notte. Picchio i tasti con ferocia e ringrazio il cielo perché non sono costretta a scrivere con la penna, altrimenti avrei già strappato il foglio. Ho spento il telefono per non sentire nessuno. Nemmeno te, ma tanto non chiameresti comunque. Sono schifosamente patetica, ma non è importante. Picchio i tasti e immagino di picchiare te. Di premere le dita sulla tua pancia per farti male.
… ma soprattutto spontaneo. Quest’ultimo, a voler essere pignoli, non si è rivelato sempre un pregio: il fatto che molte parti siano (o perlomeno sembrino) scritte di getto, infatti, ha purtroppo comportato alcune ripetizioni. Spesso sono i concetti che si ripetono, ma a volte ho trovato anche delle frasi pressoché invariate.
Ciononostante, il fatto che sia Dani, la protagonista, a raccontare in prima persona si è rivelato, una volta tanto, una scelta azzeccatissima: il suo modo tutto particolare di vedere le cose, la sua acutezza e la sua sottile ironia nel commentare quello che le succede, lo spessore dei suoi pensieri… Tutto questo mi ha permesso davvero di affezionarmi a lei come mi capita di rado.
L’unico aspetto negativo che mi ha un poco infastidito è stata, a mio parere, la scelta di inserire un’introduzione piuttosto lunga: questo non ha reso affatto la lettura pesante – anzi, tutt’altro – ma dopo una quindicina di capitoli introduttivi, non avevo ancora capito dove la storia volesse andare a parare. Una leggera snellita, ovviamente a mio giudizio, avrebbe alleggerito il tutto senza nuocere alla complessiva riuscita della storia – che comunque non viene penalizzata in modo considerevole da quella che probabilmente è una pura ingenuità dovuta all’inesperienza.
Quindi ve lo consiglio con sincerità, specialmente se siete giovani e volete confrontarvi con i pensieri di una ragazza piena di talento che ha saputo, secondo me, dipingere in modo delizioso e fedele quello che è il mondo complesso degli adolescenti.
È senz’altro un buon modo per spendere 18€, garantito!
* * *
“Credi che potresti essere una scrittrice?” mi chiede, improvvisamente.
“Non si diventa scrittori da un giorno all’altro.”
“Non ti ho chiesto se vuoi diventarlo. Ti ho chiesto se pensi di esserlo.”
“E cosa cambia?”
“Diventare scrittori vuol dire imparare ad inventare una storia e cercare di riportarla in lingua italiana pressoché corretta. Essere scrittori vuol dire guardarsi intorno e riuscire a riconoscere una storia, farla propria e poi donarla. Sai, siamo circondati da miliardi di storie. Una panchina, una casa abbandonata, un parco…tutte queste sono storie da raccontare. Finché esisteranno persone in grado di riconoscerle, esisterà anche la letteratura.”
Mi viene da ridere, ma non sorrido nemmeno.
“Ma dai.” dico, semplicemente.
“Pensaci, forse un giorno scriverai questa storia.”
“E chi mi crederebbe?”
“In questo caso, il tuo compito non è quello di far credere qualcosa alla gente. Tu devi regalare la storia, permettere agli altri di vedere con i tuoi occhi, anche solo per poco. Prestarti ai lettori, affinché possano comprendere ciò che tu hai scoperto prima di loro.”
“Allora scrivere è una missione umanitaria, piuttosto che un mestiere.”
“Non dire che scrivere è un mestiere. E’ la cosa più offensiva che tu possa pensare.”
Avvilita, abbasso lo sguardo sul gelato. Un rivolo di fior di latte mi sta sporcando la mano, lo asciugo con un tovagliolino. Raccontare questa storia? E a chi?