Magazine Fantasy
L'autrice: Clea Benedetti, ha diciotto anni e questo è il suo primo romanzo. Appassionata di fantasy fin da bambina, ama la musica, il disegno e la cultura orientale.
La recensione di Miriam: Un misterioso messaggio affidato a un’aquila da un altrettanto misterioso Re Cremisi. Si apre così Il Guerriero dell’Eternità, aguzzando subito la nostra curiosità e trascinandoci in un’ambientazione che sembra richiamare il fantasy classico. In realtà il romanzo in questione, andando avanti, si rivelerà distante dalla tradizione e innovativo soprattutto per quel che riguarda il contesto in cui si colloca la trama. Ci riscopriremo, infatti, in un universo immaginario molto diverso da quello che conosciamo, retto da regole e credenze con le quali pian piano ci ritroveremo a familiarizzare. Un mondo galleggiante, illuminato da due lune, in cui impera la magia e la natura quasi incontaminata, caratterizzata da foreste rigogliose, convive con la tecnologia delle carrozze a motore. È l’isola di Leyenna, il cui popolo vive onorando il culto del dio Plasyum. L’equilibrio conquistato negli anni, e garantito anche dai custodi della religione, rischia però di essere sbaragliato dal Caos a causa del diffondersi di nuove religioni e di cellule ribelli che remano contro il potere costituito. Oggetto dell’oscura missiva sarà un giovane il cui microcosmo sta per essere letteralmente scompaginato da una serie di scoperte sconvolgenti, destinate a mettere in discussione tutto ciò che ha sempre creduto di sapere. Addestrato come Vegliante, ovvero come custode della religione, sebbene intimamente non creda in alcun dio, Dunter non è un ragazzo come tutti gli altri. I capelli bianchi e gli occhi rossi che lo caratterizzano lo hanno sempre fatto sentire un diverso, ma il suo aspetto insolito non è casuale ed è proprio a partire da qui che la sua avventura avrà inizio. Il plot ruota, per l’appunto, intorno alla figura di Duner Steel, sui numerosi misteri che si annidano nella sua infanzia e sul futuro che lo attende. Primo capitolo di una serie, Il Guerriero dell’eternità, è incentrato sull’iniziazione, sul momento in cui il prescelto scopre chi è e scende a patti con la sua vera identità. Nel caso di Dunter, sarà una scoperta che passerà attraverso la visione di una ragazza sconosciuta che lo richiamerà a sé chiedendo il suo aiuto e che lo indurrà a intraprendere un viaggio avventuroso insieme al fratello Lauerent. Lo schema narrativo che sottende l’opera è quello tipico dello sword and socery che Clea Benedetti però reinterpreta in maniera del tutto originale, non solo attraverso l’elaborazione di una cosmogonia nuova quanto affascinante, ma anche grazie a una rivisitazione in chiave personale del mito legato alla figura dei nephilim. Accompagnando Dunter nel suo periglioso viaggio, apprenderemo così di mezz’angeli, di divinità sconosciute, di un’intera razza falcidiata ma non del tutto estinta e di una grande guerra che nell’ombra si prepara a scoppiare mettendo a repentaglio l’intero mondo. Leggendo non si può non rimanere piacevolmente stupiti dalla dirompente fantasia di questa giovane autrice e dalla raffinatezza stilistica che sorprende, tanto più se si pensa di avere a che fare con un’opera d’esordio. Distante dai cliché, ben scritta e straripante di suggestioni, sono rimasta ammaliata da questa storia e dalle capacità narrative della sua creatrice. L’unica vera pecca consiste nel fatto che si interrompe decisamente prima di quanto si vorrebbe. Dopo un inizio inevitabilmente lento, perché servea introdurci al nuovo mondo e alle sue regole, entriamo nel vivo dell’azione, cominciamo a conquistare una serie di tasselli atti ad acuire il nostro interesse e ad acquisire confidenza con i personaggi. Quando però iniziamo davvero a comprendere e a provare empatia, scopriamo di essere giunti all’epilogo, ritrovandoci con tanti quesiti irrisolti e un pizzico di delusione per essere stati abbandonati quasi sul più bello. La soddisfazione si mescola così con un retrogusto amaro, ma si sa, è un’amarezza che fa parte del gioco quando si parla di saghe e, come tale, è perdonabile.
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