Recensione: Il manifesto degli attori anonimi, di James Franco
Creato il 27 aprile 2015 da Mik_94
Hollywood
è sempre stata un club privato. Io apro i cancelli. Dico:
“Benvenuti.” Dico: “Guarda dentro.”
Titolo:
Il manifesto degli attori anonimi
Autore:
James Franco
Editore:
Bompiani
Numero
di pagine: 298
Prezzo:
€ 19,50
Sinossi:
Gli
attori di questo romanzo d'esordio sono un commesso di McDonald's che
trascorre i suoi turni provando e riprovando nuovi accenti; un ex
bambino prodigio che ricorda un baccanale sulla spiaggia: volontari
ospedalieri e esuli della provincia americana più profonda;
l'interprete di film sui vampiri che scopre un oscuro testo scritto
da un famoso attore, ormai scomparso nel nulla; per non parlare del
fantasma di River Pheonix. Poi c'è lo stesso James Franco, che si
aggira dietro le quinte occhieggiando tra le righe, prima di prendere
la parola e affascinarci con meditazioni sulla sua arte, oltre che
con inquietanti storie piene di eccessi. Spaziando tra i generi, dal
saggio lirico alla testimonianza disarmante, da messaggi imbarazzanti
a note fantasma, James franco ci fa entrare con leggerezza, humour e
una buona dose di follia nel cuore oscuro della celebrità.
La recensione
Che
strano tipo James Franco. Che bizzarro che è il suo Manifesto
degli attori anonimi.
A
chi consigliarlo, come parlarne, cosa dire e cosa non dire.
Soprattutto, che raccontare di un libro che non ha una storia né un
senso, eppure si fa leggere in un giorno; e piace, perfino, come può
piacere un libro bizzarro, illogico e insensato come questo? Trecento
pagine in cui perdi il filo del discorso ma che vuoi che importi,
venti euro che sono tanti soldi sprecati, l'alter ego dell'autore
che, in una pagina sì e nell'altra pure, ti suggerisce che Il
manifesto degli attori anonimi è l'opera prima di un egocentrico
cronico che non sa scrivere – non una storia dotata di inizio,
svolgimento e fine, almeno - e che, facendoti un astuto lavaggio del
cervello, ti convince quindi un po' del contrario. Ha senso? Prima
che lo scrivessi, comunque, ne aveva. Perché, vedete, nell'istante
in cui si ammette nel libro stesso che si è alle prese con un libro
sconclusionato e inclassificabile e che si sono persi, ormai, soldi,
speranze e tempo, quel libro ti sta improvvisamente simpatico. E dici
qualcosa come tò, guarda, ma è geniale; se non altro ti
convinci a modo tuo che non è stato un acquisto scemo.
L'improvvisato scrittore aveva senz'altro tutti i mezzi per scrivere
un romanzo-romanzo, ma ha giocato la carta dell'originalità e si è
visto pubblicare in tutto il mondo questo simpatico e improbabile
pastrocchio perché è un attore che non ha bisogno di presentazioni;
ma se ne scusa quasi. Mette le mani avanti e in faccia ti sbandiera
il suo essere privilegiato, con un sentimento che somiglia a volte
all'orgoglio, altre al rammarico. Che vuoi farci, amico: non è
colpa mia. Per quello lo scritto arriverà in libreria, per
quello i lettori lo compreranno. Per quello l'ho letto anch'io.
Quando c'è un nome di richiamo in copertina, la storia di un
successo è già scritta. Ma a James Franco non si può dare del
raccomandato. Se lo avessi scritto io, per dire, non mi sarei mai
aspettato un riscontro positivo da un editore, in questa vita e
nell'altra. Io però non ho quella credibilità, quell'esperienza,
quel background e quell'invidiabile faccia di suola che fa innamorare
le spettatrici in sala. Non è come quando Pupo si è dato al giallo;
capiamoci. Dietro al bel sorriso che ha passato anche al fratello
minore e ai capelli arruffati, Franco – che fa lo scemo per non
andare in guerra – lavora per il cinema e il teatro, recita e
dirige, scrive poesie, ha qualcosa come due lauree. Ha una visione
totalizzante dell'arte, tutte le capacità per osare e l'ambizione
tramontata di diventare il nuovo James Dean - era troppo curioso per
darsi ai soli ruoli impegnati e troppo intelligente per andarsi a
schiantare a cento all'ora contro un muro. Gli piacciono la sua vita
al massimo (e a chi non piacerebbe?), le donne (e anche qualche
uomo?), i soldi facili (vi chiedete ancora perché prende parte a
filmoni e filmacci, così, a periodi alterni?). Il mondo del cinema
gli dà il più poderoso calcio nel sedere possibile e lui, graziato
intruso nel panorama editoriale, parla di cose che conosce con un
linguaggio personalissimo, a cui non ci si abitua mai del tutto. Non
ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da una specie di pazzo
suicida che adatta Cormac McCarthy e poi, in un video parodia,
cavalca una Harley e si limona Seth Rogen; pubblica ridicoli selfie
su Instangram e, al Festival di Berlino, presenta due pellicole a cui
ha preso parte non si sa quando. Il Manifesto degli attori anonimi
– uscito prima di In stato di ebbrezza,
ma giunto solo ora in Italia – ha quell'anima ridicola e i
baluginanti sprazzi di onestà. Un Franco nella stanza degli specchi,
in una Hollywood circo: a volte descrive ciò che ha dentro, altre
quello che la superficie lucida riflette. L'attore e la maschera.
Scrittori e attori sono bugiardi per professione. Abbinate i due
mestieri e non ci cavere un ragno dal buco. Il manifesto degli
attori anonimi lo scrive come gli pare, nell'ordine che gli pare
e con quello che gli pare: racconti, riflessioni, esercizi in rima
sciolta che rivoluzionano il concetto di licenza poetica. Episodi
sconnessi e sconci di poca gente che sfonda e di tanta gente che
molla. L'umorismo corrosivo dell'ultimo Cronenberg che gettava
benzina sullo Star System e accendeva il fatale fiammifero; la
volgarità e il sesso sporco dei peggiori glory hole e bar di
Caracas. I danni da metodo Stanislavskij, gli enfant prodiges, i
provini disonesti, un tentativo di antologia di River – ma River
Phoenix l'attore, non Spoon River di Masters. L'autore attore
per tutto il tempo c'è e non c'è: usa la prima persona e ci si
nasconde dietro. In un capitolo è sé stesso, in un altro una sua
ammiratrice fuori di testa, in un altro ancora un patricida mosso da
mille velleità artistiche. Dove voglia andare a parare chi lo sa, ma
si diverte parecchio e tu finisci per diverti con lui. Tipo quando un
amico attacca a ridere e il vicino segue a ruota; come al gioco del
telefono senza fili in cui si perde il perché e il per come ma
chissene. Interessante, a tratti, per gli addetti ai lavori ma non
abbastanza da diventare una guida affidabile in quel mondo di
chiaroscuri che continua a chiamarti. Ricordo che le
avanguardie storiche avevano bisogno di un manifesto e questo
volumetto dai colori fluo, strutturato a mo' di confessione degli
alcolisti – e dei cinefili – anonimi, è dadaista come Duchamp.
Quello dei baffi alla gioconda e del cesso esposto al museo. Ma, caro
James, Il manifesto degli attori anonimi sarà un murales o un
muro chiazzato di vernice? Una fontana o un gabinetto rubato al centro commerciale e messo a testa
in giù? Twittateglielo, taggatelo. Lui, conoscendo il tipo, il
paragone con Duchamp e il suo orinatoio lo farebbe scrivere nelle
fascette promozionali. Piaciuto, ma consigliabile a pochi.
Fan(atici),
radical chic, sballati di cellulosa.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Lou Reed – Walk On The Wild Side
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