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Titolo: Il mio disastro sei tu Autrice: Jamie McGuire Editore: Garzanti Numero di pagine: 363 Prezzo: € 16,40 Data di pubblicazione: 17 Ottobre 2013 Sinossi: Travis Maddox è solo un bambino quando sua madre, ormai con un filo di voce, gli lascia queste ultime parole. Parole che Travis conserva come un tesoro prezioso. Adesso Travis ha vent’anni e non conosce l’amore. Conosce le donne e sa che in molte sarebbero disposte a tutto per un suo bacio. Eppure nessuna di loro ha mai conquistato il suo cuore. Provare dei sentimenti significa diventare vulnerabili. E Travis ha scelto di essere un guerriero. Finché un giorno i suoi occhi scuri non incontrano quelli grigi di Abby Abernathy. E l’armatura di ghiaccio che si è scolpito intorno al cuore si scioglie come neve al sole. Abby è diversa da tutte le ragazze con cui è sempre uscito. Cardigan abbottonato, occhi bassi, taciturna. E soprattutto apparentemente per niente interessata a lui. Ma Travis riesce a vedere dietro il suo sorriso e la sua aria innocente quello che nessuno sembra notare. Un’ombra, un segreto che Abby non riesce a rivelare a nessuno, ma che pesa come un macigno. Solo lui può aiutarla a liberarsene, solo lui possiede le armi per proteggerla. L’ultima battaglia di Travis Maddox sta per cominciare e la posta in palio è troppo importante per potervi rinunciare. Solo combattendo insieme Abby e Travis potranno dare una casa al loro cuore sempre in fuga… La recensione
“Avevo deciso da tempo che avrei sfruttato gli avvoltoi finché non fosse comparsa una colomba. Una creatura che non divora nessuno, che vive la sua vita senza distruggerti per soddisfare i propri bisogni e i propri egoismi: coraggiosa e comunicativa, intelligente, bella e dolce, in cerca di un compagno con cui trascorrere l'intera esistenza. Irragiungibile finché non ha motivo di fidarsi di te.” Raramente mi è capitato di rileggere lo stesso libro nel corso degli anni. Mai, ancora più che raramente, mi è capitato di rileggere lo stesso libro nel corso di un anno solo. Ho una memoria piuttosto buona e tendo a tenere a mente i dettagli essenziali. L'importante. Odio ritrovarmi a leggere ancora gli stessi discorsi, detesto saper anticipare le singole scene con la puntualità di un orologio svizzero, m'innervosisce da matti l'idea di conoscere già in anticipo l'epilogo. Soprattutto quando si parla di gialli. E i due romanzi di Jamie McGuire, apparentemente legati al filone del new adult, cos'altro sono se non due gialli; due misteri in piena regola? La scorsa primavera, Uno splendido disastro si era rivelato un sorprendente caso editoriale. Di sorprendente c'era solo il successo incredibile che aveva riscosso, grazie al più contagioso dei passaparola. Tutti ne hanno parlato e tutti hanno voluto leggerlo, almeno per provare. Per criticarlo, come previsto dal prevedibile copione del recensore cinico e spietato, e, talora, anche per applaudirlo. Non ci sono spiegazioni per le tante chiacchiere e per la troppa pubblicità senza fine.
Non ci sono vere motivazioni, a mio parere, per le tante critiche, che hanno fatto di Uno splendido disastro un romanzo di cui parlare male per forza, al pari delle Sfumature, dei romanzi di Fabio Volo e di altri libri scritti per vendere – come se la cosa fosse un crimine federale e lo scopo principale di ogni autore di best-seller fosse quello di lasciar marcire il suo manoscritto in un cassetto, nell'anonimato, anziché darlo alle stampe. A pochi mesi dell'uscita del primo, la Garzanti ha portato da noi Il mio disastro sei tu, facendo la gioia di molti lettori e l'ira di altrettanti che, da secoli, aspettano che tante serie a loro care giungano giustamente a conclusione. Io non so quanto si sentisse realmente il bisogno di questo romanzo e quando sia stata brillante l'idea dell'autrice di pubblicarlo subito, anziché aspettare qualche anno per aumentare la curiosità e l'attesa dei suoi fan. So che è stato scritto, probabilmente, per motivi puramente economici e che, anche se arricchito da un punto di vista diverso, racconta la stessa identica storia del primo volume: una storia che già conoscevo e che ancora ricordavo. Ma, in tutto ciò, non so, invece, perché Il mio disastro sei tu – così come l'altro disastro che l'ha preceduto – mi sia piaciuto così tanto. Altro mistero... La risposta plausibile è una, o almeno credo: come cantava Paul McCartney, la gente non è ancora stanca di sciocche canzoni d'amore. Non è mai stanca, e mai lo sarà. Travis e Abby sono la fonte d'ispirazione di una di quelle canzonette in rima per l'estate: una di quelle di cui ho imparato il ritornello a furia di sentirle passare alla radio e che, ogni tanto, protetto dalla fedele segretezza delle mie cuffiette, ascolto e riascolto volentieri, senza vergogna. Per ritrovare il sorriso. Per il bisogno egoistico di stare un po' meglio al mondo. Avevo letto il primo romanzo in un momento no; in uno dei tanti e onnipresenti miei momenti no. E, grazie o a causa dell'inquietante simmetria del destino, mi sono trovato tra le mani Walking Disaster in un weekend di completa, totale solitudine universitaria. Come per magia, mi sono sentito meno triste, meno solo, meno tutto. E' stato inaspettatamente rassicurante, per una volta, leggere due volte la stessa storia. Rincontrare gli stessi volti, riassistere agli stessi baci e alle stesse discussioni, prendere gli stessi pugni in faccia e farsi spaccare ancora un po' un cuore già ulcerato dalla stessa catastrofe col gardigan e gli occhi grigi, che il protagonista – un ventenne con le spalle e l'anima più ampie della media – ha ribatezzato teneramente Pigeon dal primo istante. Travis Maddox, già cuore pulsante del primo romanzo, si racconta e ci racconta la storia del suo primo e ultimo grande amore. Quello che l'ha portato ad ubriacarsi e a piangere come un bambino abbandonato, a fare a botte e a dar vita a esagerati momenti di esagerata gelosia. A riempire la sua stanza asettica di fotoricordo sparse e il suo letto di una ragazza da custodire come un tesoro prezioso, dal tramonto all'alba, dal lunedì alla domenica, per tutta la vita che verrà. Nel primo romanzo era lui a essere raccontato e, anche se visto dagli occhi della volubile e dolcemente complicata Abby, avevo colto il suo mondo a colpo d'occhio. Travis era una persona che, nella vita di tutti i giorni, non mi sarebbe mai piaciuta, ma, nel corso della lettura, inaspettata come la neve ad agosto, era giunta l'illuminazione. Perché, in verità, io l'avevo capito, nonostante tutto. E, in questo Il mio disastro sei tu, l'ho scoperto ancora più vicino a me; ancora una volta, nonostante tutto.
Le nostre voci, fondendosi, risultavano più simili del previsto e i nostri pensieri, tante volte, combaciavano, incastrandosi a formare la parte di un insostituibile tutt'uno. I pensieri sono più semplici e immediati: noi ragazzi non amiamo troppo i giri di parole. Le emozioni, tuttavia, sono più intense e viscerali: noi ragazzi – ben nascosti sotto le antenne dell'articolato cromosoma Y – possediamo strane cose, misteriose e imprevedibili, chiamate “sentimenti”; ci affezioniamo di più, e più in fretta. Amiamo anche chi ci abbraccia e ci insulta a fasi alterne, sì. Ho trovato tanta tenerezza in Travis, romantico e delicato nonostante le nocche livide e gli attacchi incontenibili di gelosia. L'autrice, nelle prime pagine, fotografa da vicino il suo dolore, in presa diretta, e descrive l'attaccamente per una famiglia tutta al maschile, l'amicizia e il cameratismo con il simpatico Shelpley, il rimpianto verso l'unica donna che non è riuscito a mantenere con sé, la ricerca di un colomba bianca in un mare di avvoltoi egoisti, famelici, spietati. Il tono è colloquiale, giocoso, spontaneo, melenso nemmeno un po'. E' proprio di una commedia romantica che è già cult, con gli occhi puntati al passato e lo sguardo rivolto altrove, verso il futuro di una vita tinta di rosa felicità. I romanzi di Jamie McGuire non saranno senza tempo, ma sono fuori tempo. Fuori dal tempo. Sembrano appartenere a una generazione fa: figli di troppe proiezioni private di Ufficiale Gentiluomo, Top Gun e Amore senza fine, di gite al cinema in compagnia di Animal House, di estenuanti letture di Love Story, di corse in moto, a fari spenti nella notte, e scene d'amore scandite dalle musiche dei Police, dei Rolling Stones, dei Berlin. Alcuni userebbero l'aggettivo “tamarro”, io preferisco “vintage”.
L'epilogo, di questo come del precedente, potrebbe risultare frettoloso, stupido ed improbabile: è perché è l'amore, ai giorni nostri, a essere considerato frettoloso, stupido e improbabile di per sé. La generazione dei nostri genitori – la stessa di cui parlavo – è la dimostrazione che non è esattamente così. Noi siamo la dimostrazione concreta di quella forma d'amore. Forse sarò credulone io, ma all'amore di Abby e Travis ci ho creduto. Anche se non incontravo una ragazza così spietata e spaccacuori dalla Sole di 500 Giorni insieme. Anche se Travis, nella vita vera, sarebbe uno di quei tipi assurdi con gli occhiali da sole anche di notte, con un bel nome del cavolo tra parentesi su Facebook e, nei nostri anni peggiori, ci avrebbe preso puntualmente in giro. La vita, però, non è bella come un romanzo e loro, così presuntuosi e orgogliosi, descritti da una prosa semplicissima e lucida, risultano bellissimi: una bellissima coppia improbabile. I ragazzi acqua e sapone in copertina, che colgono l'oggi nell'attimo appassionato e fugace di un bacio offerto alla macchina fotografica. Il mio disastro sei tu non brilla per nessun motivo in particolare. Non scandalizza gratuitamente come la duologia di Abbi Glines, non si avvale di uno stile particolarmente memorabile, non sconvolge, ma le sue quasi 400 pagine – pagine che, nelle linee generali, già conoscevo – non mi hanno dato un attimo di noia o di tregua. Il motivo non lo conosco, ma alla fine, come una persona più intelligente e grande di me ha scritto, all'amore non si chiede perché; esente da questa domanda anche l'alchimia. Il mio disastro sei tu non sarà di certo il romanzo più bello di questo 2013, ma se ci fosse una categoria speciale, dedicata alla migliore coppia, ai migliori baci, ai migliori addii, Travis e la sua Pigeon sarebbero ai primi posti. Forse, tra un mese o un anno, rivedrei i punti salentieti di questa recensione, ne modificherei il tono e il linguaggio, eliminerei una stellina dalla generosissima valutazione complessiva. Ma questo è quello che mi sono sentito di scrivere adesso. Questo è quello che sento. Non infierite... o fatelo pure! Chissene... Io sono felice. E la felicità porta fortuna. In fondo, credo che non ci sia niente di più bello che chiudere un libro con il sorriso ancora sulle labbra. Uno dei tanti lati positivi di queste silly love songs, o forse no? “Forse ero solo io. Forse eravamo solo noi due. Forse insieme costituivamo un'entità instabile, pronta a implodere o ad amalgamarsi. A ogni modo, quando l'avevo conosciuta la mia vita si era rivoluzionata e non volevo fosse altrimenti.”
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: P!nk feat. Nate Ruess – Just Give Me a Reason
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