Titolo: Il prigioniero della notte
Autore: Federico Inverni
Editore: Corbaccio
Pagine: 480
Prezzo: 16,90
Descrizione:
Lucas
è un detective. Nella sua vita gli sono rimasti solo il nome e il lavoro. Il
suo passato è una ferita sempre aperta da un evento sconvolgente ha segnato la
sua vita... e la sua mente. Come un automa attraversa i delitti su cui è
chiamato a investigare, mettendo al servizio della giustizia il suo intuito
straordinario, quasi visionario, e la sua sensibilità persino eccessiva. Fino a
quando incappa in un caso diverso da tutti gli altri: una giovane donna trovata
morta con il terrore negli occhi e nessun segno di violenza apparente. Lucas sa
che il colpevole è un assassino seriale e ne ha conferma da Anna, psichiatra
profiler, abituata a scandagliare il male in tutte le sue forme, da quando lei
stessa, da ragazza, ha vissuto un’esperienza traumatizzante. Lucas e Anna
annaspano in un labirinto di follia in cui i ricordi del loro passato, tenuti
troppo a lungo sepolti, riemergono taglienti come vetri rotti in un’indagine
che li coinvolge da vicino, lasciandoli devastati di fronte a una verità
impensabile.
L'autore:
Federico Inverni è uno pseudonimo
dietro il quale si nasconde l’autore di questo romanzo d’esordio. Italiano, di
circa quarant’anni, Federico ama le storie, da qualunque parte provengano. Si
sente in pace circondato dalle pagine scritte, ma a volte ha l’impressione che
i libri lo guardino. Del resto, i libri hanno una vita indipendente: ecco
perché ha scelto di celarsi dietro un nome diverso e lasciare che «Il
prigioniero della notte» trovi la sua strada e i lettori. E forse anche perché
teme che i personaggi gli assomiglino troppo.
La mia recensione:
La
nostra identità si fonda sulla memoria, sulla nostra capacità di raccontare
quello che siamo stati e quello che siamo. In sostanza, siamo un po’ tutti dei
narratori inconsapevoli, narratori perché la memoria non si limita a registrare
in maniera oggettiva e fedele quello che accade, ma interpreta, “corregge”,
colma le lacune, inserendosi nel complesso schema dei meccanismi di difesa o
dei sensi di colpa elaborato dalla nostra psiche.
I
vuoti di memoria sono come buchi nella propria identità, per questo fanno paura,
al punto che il nostro cervello li riempie ricorrendo alla “confabulazione”,
ovvero reinventando i pezzi che mancano.
Ce
lo spiega Federico Inverni nelle note conclusive del suo romanzo e ho voluto cominciare
la mia recensione proprio a partire da qui, perché questa riflessione
rappresenta il punto di partenza e quello di arrivo de Il prigioniero della notte, un thriller psicologico in cui la mente,
più che mai, è protagonista assoluta.
Come
in qualsiasi thriller che si rispetti, abbiamo un caso che fa da fil rouge: un
serial killer rapisce delle donne giovanissime e poi fornisce degli indizi alla
polizia affinché ritrovi i cadaveri. Nessun segno di violenza sui corpi, solo
un bocciolo di tulipano incastrato nella bocca a siglare il delitto.
Sin
da subito, tuttavia, l’autore ci spiazza, inserendo nel contesto degli elementi
insoliti, a cominciare dai due protagonisti incaricati delle indagini: il
detective Lucas e la profiler Anna.
Entrambi
sono eccellenze nei rispettivi campi di competenza, eppure sono personaggi
disorientanti, non solo per il lettore ma anche l’uno per l’altro.
Lucas
è dotato di straordinarie capacità deduttive, di grande spirito di osservazione
e di una spiccata sensibilità. Ciò gli consente di notare particolari
invisibili agli occhi dei colleghi, di cogliere connessioni che agli altri
sfuggono, per questo gli vengono affidati solo i casi più difficili. Nonostante
ciò la sua è una presenza tutt’altro che rassicurante, poiché Lucas appare
freddo, quasi fosse egli stesso un cadavere, ha difficoltà a relazionarsi agli
altri e soffre di strane crisi di depersonalizzazione.
Anna,
benché sia allenata a tracciare profili, si riscopre incapace di inquadrare
Lucas, giacché ha l’impressione di avere a che fare con un morto.
Dal
suo canto, la profiler convive con un ricordo molto doloroso, un’esperienza
traumatica vissuta nel passato che ha saputo sublimare grazie alla sua professione ma che ancora
ribolle sotto la superficie e che adesso minaccia di salire a galla, perché il
caso a cui è stata assegnata ha molte similitudini con l’orrore che l’ha vista
protagonista. Anna sa come si sentono le ragazze rapite per averlo provato
sulla sua stessa pelle.
Per
poter fare squadra e unire davvero le rispettive forze, i due professionisti
dovranno studiarsi, prendersi le misure, ma anche imparare a fidarsi l’uno dell’altro
in un contesto in cui non è affatto facile. Dovranno leggersi dentro e riuscire
a comunicare al di là delle barriere difensive che hanno elaborato.
Leggendo
questo libro si ha la sensazione di entrare in un labirinto di specchi. Più si
procede e più ci si rende conto, però, che il giallo orchestrato con assoluta
perizia da Inverni non costituisce che le mura perimetrali di una struttura
molto più complessa. Gradualmente siamo attirati nel cuore del dedalo e
comprendiamo che il vero mistero da afferrare non è rappresentato dagli accadimenti
esterni ma dalla mente umana. La storia
oggettiva si intreccia così con le numerose storie che i vari personaggi si
raccontano per fronteggiare il personale horror
vacui; storie che narrano di traumi rimossi, di segreti taciuti, ma
soprattutto di follia. Tra le altre cose entreremo nel merito della sindrome di
Clotard, rara ma reale: una patologia particolarmente inquietante poiché chi ne
è affetto dimentica di essere vivo.
L’autore
si mostra abilissimo nel disorientarci. A più riprese ci spinge in una certa
direzione, ci illude di essere ormai vicini alla soluzione dell’enigma per poi
rimescolare le carte e ribaltare completamente lo scenario. In questo modo ci
tiene in scacco per oltre quattrocentocinquanta pagine: una volta che si comincia
a leggere, infatti, diventa impossibile
fermarsi, non tanto per la curiosità di dare un volto e un nome al serial
killer su cui si indaga quanto perché, senza quasi accorgersene, si viene letteralmente
catturati dalla sensazione che il filo stesso del racconto rappresenti l’unica
via percorribile per uscire dalla notte.
Uno
dei migliori thriller che abbia mai letto.