Il progetto “Libri in cambio di recensioni” continua: oggi tocca a Il suono sacro di Arjiam di Daniela Lojarro.
Titolo: Il suono sacro di Arjiam
Autore: Daniela Lojarro
Genere: fantasy musicale
Editore: EdiGiò
Collana: Le Giraffe
Pagine: 704
Anno di pubblicazione: 2009
ISBN: 9788862052108
Prezzo: € 25,00
Formato: brossura
Valutazione:
Grazie all’autrice per avermelo inviato.
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«È al cammino che hai davanti che devi guardare, non a quello che hai già compiuto. Il Suono Sacro è la Conoscenza. In esso troverai la via per sollevare il velo che nasconde la verità immutabile.»
Per il regno di Arjiam si profila una terribile minaccia: il nobile Mazdraan, Primo Cavaliere del Re, ha scoperto che, impadronendosi del Cristallo del Tempo, potrà controllare le vibrazioni del Suono Sacro, il principio creatore dell’universo, e mutare a suo piacimento la Legge che regola il ciclo della vita. Il cammino di Fahryon, neofita dell’Ordine sapienziale dell’Uroburo, sembra incrociarsi per caso con quello di Mazdraan, dell’anziano saggio Tyrnahan e di Uszrany, Cavaliere dell’Ordine militare del Grifo. Durante la sua iniziazione ai misteri del Suono Sacro però, Fahryon comprenderà il suo ruolo nella vicenda in cui si è trovata coinvolta e, dopo averlo coscientemente scelto, riuscirà a trasformare le sue apparenti debolezze nell’arma vincente per impedire che il Mondo precipiti nel caos.
È un libro bello grosso, quello che mi accingo a recensire, e che per questo motivo ho impiegato più tempo del previsto a leggere. Il mio primo consiglio, però, è di non farvi ingannare dalle oltre settecento pagine, né dal prezzo (forse un po’ esagerato): quel che vi trovate davanti è tutt’altro che il classico mattone fantasy il cui autore la tira per le lunghe fino alla nausea pur di allungare il suo malloppo.
Partiamo dal principio, ovvero dalla trama.
Forse sarete rimasti perplessi, vedendo che di fianco alla voce “genere” ho scritto “fantasy musicale”: come descrizione non piace molto nemmeno a me, se devo essere sincera, ma non avrei saputo come definirlo altrimenti. Catalogarlo sotto il solito “fantasy classico stile Signore degli Anelli” (che, tolta la parte relativa alla musica, è il genere che più vi si avvicina) mi sembrava estremamente riduttivo, anche perché è la prima volta che leggo un romanzo del genere.
Credete che sia impossibile conciliare il fantasy con la musica? Se prima lo era, con Daniela Lojarro – nota cantante lirica torinese – ora non lo è più. Come avete letto nel riassunto di retro-copertina, ad Arjiam non c’è nulla di più sacro del Suono che regola l’equilibrio del mondo, da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna, ed è questo il primo elemento che rende Il suono sacro di Arjiam un romanzo unico nel suo genere. Il background che sta alla base della storia, infatti, è uno dei più originali e anche raffinati che abbia mai letto: all’inizio e alla fine di ogni cosa c’è il Suono Sacro, la Sintonia in tutta la sua perfezione; ma come accade nella maggior parte dei fantasy, per ogni cosa c’è un lato buono e uno oscuro, tant’è vero che dalla Sintonia nasceranno l’Armonia e la Malia, che sfruttano determinate vibrazioni del Suono e rappresentano rispettivamente il bene e il male: la prima trae forza dal suono e dalla luce mentre la seconda dal silenzio e dall’oscurità. Ma in questo romanzo la scissione non è netta come capita di solito: Armonia e Malia sono sempre sullo stesso piano, l’una permea l’altra, entrambe si rincorrono all’infinito, come a volerci ricordare che non può esistere il bene se non c’è neanche il male.
Questa idea di mettere il Suono all’origine dell’universo è senz’altro il primo punto forte de Il suono sacro di Arjiam: da amante della musica in ogni sua forma, ho apprezzato molto una scelta del genere, sia per la sua assoluta novità, sia per l’accuratezza con cui questo sfondo è stato dipinto e messo a disposizione dei lettori.
Parlando di stile, ho trovato Il suono sacro di Arjiam scritto in modo squisito. Niente nella scrittura di Daniela Lojarro, infatti, appare lasciato al caso: le parole sono scelte con estrema accuratezza, accostate tra loro con maestria e mai in modo scontato o frettoloso, come spesso capita. Per una buona parte della storia non mi sembrava affatto di leggere il romanzo d’esordio di un’autrice italiana, forse perché non ho trovato traccia degli errori che si trovano quasi sempre nei libri degli scrittori emergenti: niente situazioni inverosimili anche per un fantasy, niente personaggi piatti come fogli di carta velina, niente Mary Sue, niente inforigurgiti…
Riguardo a questi ultimi, in verità, alcune volte l’autrice è andata vicina a cadervi – come per le spiegazioni sul Suono Sacro e sull’origine dell’universo -, ma c’è da dire che ha avuto la bravura di saper scivolare da narrazione a descrizione quasi senza che il lettore se ne accorgesse. Il passaggio, insomma, è stato piuttosto naturale, non come certe affermazioni-pugni nello stomaco che si trovano a volte nei fantasy (del tipo: «Vide l’elfo scagliare una freccia con il suo arco. Gli elfi sono creature alte e snelle con le orecchie a punta. L’elfo ripose l’arco e le frecce e le si avvicinò…»).
Un aspetto negativo di questo stile così ricercato, però, è il seguente: le parole non sono mai messe a caso, è vero, ma in alcuni punti – soprattutto nella parte centrale del romanzo – pare che l’importanza data alle parole sia stata addirittura troppa. A volte, infatti, le descrizioni appaiono ampollose e pesanti: invece che creare immagini concrete, come dovrebbe essere, spesso finiscono col distogliere chi legge dalla trama principale, risultando perciò inutili o persino dannose. Davvero peccato, perché se un libro presenta un lessico così ampio e soprattutto una scelta delle parole così elaborata merita senz’altro molto di più. A questo si aggiunge purtroppo una storia che fa una certa fatica a decollare.
Un’altra pecca che ho trovato è una strutturazione incerta degli eventi raccontati: il salto tra un capitolo e l’altro è spesso notevole (possono passare anche anni), e il fatto che questo sia spesso solo accennato ha provocato all’interno della mia testa una certa confusione riguardo a ciò che accade nei capitoli centrali. A volte, addirittura, saltano fuori di punto in bianco oggetti o personaggi che non sono mai stati nominati prima: può darsi che alcune scene siano talmente caotiche da non avermi fatto afferrare qualche passaggio, ma tuttora ci sono diverse questioni a proposito, appunto, dei personaggi sbucati dal nulla che non mi sono chiare.
Riguardo ai personaggi principali, al contrario, credo che l’autrice abbia fatto centro. A cominciare da Mazdraan, l’antagonista di turno, personaggio che ho trovato fantastico: affascinante, carismatico, con un carattere e una personalità imprevedibili e un senso dell’umorismo a volte un po’ sadico ma sottilmente delizioso. Belli anche la determinata Fahryon e l’irruente Uszrany e la loro dolcissima storia d’amore; poi troviamo il mago Tyrnahan, la piccola Amandyr, la coraggiosa Xhanys… L’unica pecca di questi personaggi, come avrete notato, sono i nomi piuttosto complicati, ma per il resto li ho trovati tutti quanti molto ben caratterizzati.
Fortunatamente, per la gioia di chi come me fa una certa fatica a tenere a mente nomi di personaggi e di luoghi – specie se tanti e complessi -, l’autrice ha avuto la magnifica idea di fornire ai lettori un glossario completo di tutto quel che c’è da sapere, comprese le parole chiave.
Quindi, in definitiva, Il suono sacro di Arjiam è un fantasy molto particolare che merita di essere letto per la sua originalità. Certo, con qualche intervento da parte di un esperto si sarebbero potute limare quelle parti un po’ troppo prolisse e aggiustare quel che non sta in piedi, ma senza scendere nei particolari trovo che sia un’opera d’esordio di quelle che non capitano tutti i giorni. Non ci penso due volte a consigliarvelo, se amate la musica e i pensieri filosofici e cercate un fantasy in cui si parli di questo.
* * *
Le mani scivolarono via inerti da quelle di Tyrnahan: il Tempo terreno di Xhanys si stava concludendo e finalmente il dolore e la sofferenza si sarebbero placati nel perfetto equilibrio della vibrazione eterna del Suono Sacro, il Principio creatore dal quale tutto discendeva, partecipando alla Sua natura divina. La pietra di luna racchiusa nel suo Uroburo sfavillò e iniziò a gemere, partecipe del dolore della donna. Il suono tuttavia si staccò gradatamente dal tono lamentoso per librarsi vivificante sul suo corpo: l’Uroburo rappresentava il succedersi eterno del Tempo e della vita nella Legge del Suono Sacro; ma era nel Nulla che racchiudeva, che era celato il Mistero della verità immutabile della Conoscenza. Le vribrazioni s’intensificarono, le luci rotearono, sottraendosi ai suoi sensi mortali, e Xhanys, che ancora vi era vincolata, sussultò di paura, temendo di precipitare nel Silenzio e nell’Oscurità, finché il velo cadde. Allora, il suo cuore tradito arse, purificandosi nella fiamma dove passione e coscienza si risolvevano nell’integrità dell’Amore. Nella sua mente, non più oscurata dal velo delle apparenze sensibili, sfolgorò la Conoscenza del Mistero della Legge e il suo animo, libero dal dolore, si unì all’eterno Canto del Suono Sacro.
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