Buongiorno,
amici, e buon anno nuovo. Ufficialmente, siamo nel 2015! Lo inizio,
purtroppo, non nel mondo migliore. O forse sì? Gli amanti delle
recensioni negative, infatti, saranno decisamente accontentati. Il
trenta dicembre ho finito Il tuo meraviglioso silenzio e,
visto che il blog era occupato con le nostre amate Top 10, vi spiego
perché non mi è piaciuto solo adesso. Tutti l'hanno
particolarmente apprezzato, inserendolo tra i romanzi più belli
dello scorso anno, ma io ho trovato più di qualche insensatezza in
punti che ho analizzato più o meno nel dettaglio, ma senza spoiler.
Un abbraccio. M. Odio
la mia mano sinistra. Odio guardarla. Odio quando si blocca e trema,
a ricordarmi che ho perso la mia identità. Ma la guardo comunque,
perché mi ricorda anche che riuscirò a trovare chi mi ha portato
via tutto. Ucciderò il ragazzo che mi ha uccisa, e lo farò con la
mano sinistra. Titolo:
Il tuo meraviglioso silenzio Autrice:
Katja Millay Editore:
Mondadori Chrysalide Numero
di pagine: 462 Prezzo:
€ 14,90Sinossi:
Le
sue dita non possono più correre sul pianoforte, il suo mondo pieno
di note è diventato muto. Nastya era una promessa della musica,
prima. Prima che tutto precipitasse, prima che la vita perdesse ogni
significato. Da 452 giorni Nastya ha smesso di parlare, e il suo
unico desiderio è tenere nascosto il motivo del suo silenzio. La
storia di Josh non è un segreto: ha perso tragicamente i suoi cari,
e solo nel recinto impenetrabile che ha costruito intorno a sé si
sente al riparo dalla compassione degli altri e libero di dedicarsi
in solitudine all'unica cosa che lo tiene in vita: intagliare il
legno. Quando sembra non esserci più luce né speranza, Nastya e
Josh si trovano e le sensazioni sopite esplodono dal corpo e dal
cuore. Due lontananze si incontrano, cercando l'una nell'altra la
forza per superare il passato e rinascere davvero. La recensioneMa
che davvero? Davvero la mia scelta su quale libro leggere l'ultimo
dell'anno è ricaduta su una cosa che si chiama Il tuo
meraviglioso silenzioe
ha una copertina del genere, da Harmony da edicola? Cose che il
passante occasionale si domanderà. In verità, il romanzo lo puntavo
da prima: quando si chiamava The Sea of Tranquility, in
copertina c'era la spuma del mare – anche se a me la nostra non
dispiace: quei due che si abbracciano mi suggeriscono solo tanta
tenerezza, non sesso sfrenato da camera d'albergo – e le recensioni
di lettori fidati parlavano, proprio alle mie orecchie ipersensibili
ai lutti e ai drammi esistenziali, di una storia tragica e
emozionante, sull'amore, la vendetta e altri mostri. E sì. L'ho
scelto per chiudere un anno di libri, consapevole che non avrebbe
conquistato la mia Top 10, ma certo che mi avrebbe fatto buona
compagnia. Ho affidato il mio cuore a Katja Millay, e potevo
scegliere meglio. E' un romanzo che non sconsiglio, questo, ma che
non mi è piaciuto. Sarà che l'ho letto con la fiducia, giuro; come
se in materia di new adult – pazzo io? - possano esserci cose
per cui davvero vale la pena e che non siano già scritte, gratis,
nelle fanfiction di quindicenni drogate di film col marchio Lifetime.
Non l'ho letto come un guilty pleasure irrinunciabile, ma come un
romanzo serio, maturo. Uno di quelli senza etichette. La trama è la
solita: non mi dilungo. Due anime affini con misteri in testa e
lividi addosso si incontrano all'ultimo anno di liceo. Si distinguono
dalla massa e, nella massa, si riconoscono. Nessuno parla con Josh e
Nastya non parla con nessuno. Possibile piacersi, anche amarsi,
nonostante le avversità del futuro e le sofferenze del passato? Col
Titanic che affonda – fior di metafora – c'è sulla scialuppa un
posto per due? Sì. Ma si sapeva già. Non è quello il punto. E'
che è un po' un imbroglio darmi un input del genere, pagine incisive
e forti, scritte quasi con la prosa cruda di un thriller sugli uomini
che odiano le donne, e farmele dimenticare a capitoli alterni in
mezzo a mari di chiacchiere in cui l'intensità, insieme alle onde,
va scemando a riva. Il tuo meraviglioso silenzio è
calma piatta; tutto uguale. Come uno di quei manuali
che apri a caso per leggerci dentro la tua sorte, solo al
contrario. Sfoglialo e avrai una certezza tutt'altro che positiva.
Ovunque ti troverai tu, troverai loro che “parlano” in tre
possibili scenari random: (1) il cortile della scuola, un classico;
(2) il garage di Josh; (3) attorno al tavolo imbandito dei genitori
di Drew, al pranzo della domenica. Parlano – con gli occhi, con la
bocca, in silenzio e a voce – e hanno intorno i commenti sul
presunto atletismo sessuale di Nastya pronunciati da maturandi per
nulla maturi; l'odore del legno e il luccichio della polvere che si
solleva; i sermoni perbenisti di due prolifici e benestanti coniugi
finto moderni con prole accanto. Mi direte: tutte cose che creano una
cornice, comprimari. Invece, sono della scuola di pensiero che
ripetere fino alla nausea la stessa tiritera non ha il miracoloso e
segreto potere di creare cose che restano impresse. Posso
presentarmi tutte le volte che ci incontreremo con il nome di Chris
Hemsworth, ma questo non farà di me Chris Hemsworth. Capito? Gli
episodi sono pressochè scambiabili, tipo le figurine tra bimbi, e
manca quella che nei film si chiama scena madre. Che immagine mi
resterà dell'esordio della Millay, oltre ai pasti in compagnia e a
io-il-mio-segreto-non-te-lo-dico-ma-forse-sì? Josh e Raggiodisole
che, per festeggiare un compleanno, gettano monetine interminabili
nella fontana di un centro commerciale: divertiti, bagnati, pure
bellini. La scrittrice conosce come le sue tasche i personaggi: non
c'è vergogna, silenzio che mette in imbarazzo; parlano di tutto,
vivono giorno dopo giorno. Loro guidano la storia, non il contrario –
e questo sì che è bello. La Millay, però, non è così in gamba da
non rendere un peso le loro esistenze che – normalissime a lungo,
mutismo autoindotto a parte – scorrono più lente delle nostre.
Anche se è bravina. Il suo Josh, uno degli orfanelli indipententi di
Nicholas Sparks, forse anche imparentato con la buonanima di Mango
(solo così spiegherei quel domino di infarti e malanni), trombamica
a parte, è un ragazzo serio, buono e giusto, scontroso ma non
troppo. Le uniche seghe che conosce sono quelle con cui maciulla
alberi, fabbrica tavolini da tè e librerie – e non perché la
nonna, prima di morire in una maniera triste che manco ricordo più,
gli aveva detto che, a lungo andare, come racconta la leggenda,
facciano diventare cieco. Almeno nelle premesse, più interessante
quella Nasya che non si chiama Nastya. La ragazza che visse due volte
e che colleziona nomi sul muro. E' arrabbiata, ferita a morte e la
sua armatura sono i tacchi a spillo, le gonne corte e le calze a rete
– be', poteva scegliersi un'armatura più solida e coprente, uno
dice. Ha cicatrici di cui tutti ignorano le origini e flashback che,
con forza, irrompono all'inizio dei capitoli raccontati da lei.
Quegli inizi sono ipnotici. Ricordano la voce della Emily di Revenge,
quando in principio di puntata parla tutta figa della filosofia
segreta che si nasconde dietro la vendetta, e i pensieri sulle ossa
di quella mano sinistra estanea, a pezzi, irriconoscibile, alla
lontana – moltiplicate, però, “alla lontana” per cento – fa
venire in mente Un sapore di ruggine e
ossa. Nastya, chiusa all'inizio
nei suoi silenzi, ha il suo perché. Ambisce ad essere la cazzuta
Lisbeth Salander del new adult. Poi inizia a parlare, però, e il
rendere il suo animo cupo e la sua psiche fragile con fastidiose
parolacce e volgarità gratuite – in unione all'abbigliamento da
squillo – è una scelta strana ed infelice. Non l'ho capita. Colpa
dell'autrice, che le fa iniziare una nuova vita in una città a due
ore di distanza – a due ore di distanza da qui conoscono pure me,
figurati una ragazza tanto tribolata – e le fa ricercare
l'anonimato in maniera che non condivido. Intorno a loro, tanti,
troppi personaggi che fanno di Il tuo meraviglioso silenzio
un new adult popolosissimo. Drew, il migliore amico di Josh, con la
sua famiglia da Mulino Bianco e la bellezza da capogiro che, sotto
sotto, nasconde un cuore d'oro e tanta generosità. Lui l'ho
apprezzato, sinceramente, e poi non c'è il classico compagno di
scuola gay... Ah, bugia! C'è anche quello. Con il pallino delle arti
figurative, i discorsi a senso unico e un ruolo forzatissimo: un
comprimario che – insieme ai bulli sboroni, alle gemelle snob,
agli alberi geneaologici di parenti, alle universitarie facili - non
ha motivo d'essere, se non fosse per il fatto che, a un certo punto,
porta la protagonista in un certo posto. Altra cosa: ma che corsi si
inventano i docenti americani? Che la Giannini sia ministro
dell'istruzione anche lì? I protagonisti della Millay sono studenti
modello, quando si parla di corsi di falegnameria e... Aspettate, lo
sapete qual è il colmo per una ragazza muta? Essere iscritta al
laboratorio di conversazione e dialettica. Giuro. Sciocchezze a parte,
affronta un tema importante, ma senza abbastanza coraggio; ha
dialoghi a volte interessanti, raramente sdolcinati, ma è come se
fossero pronunciati da attori non adatti alla parte. In generale,
meglio quando Josh e Nastya non parlano. Comunicano più così,
guardandosi, che con mille parole di troppo. L'intensità delle
riflessioni non rispecchia, purtroppo, quella dei discorsi diretti e
una dimensione più intimista, assennata, cupa avrebbe giovato.
Poteva essere più cattivo o più dolce, ma è una via di mezzo
dall'incarnato pallidiccio, con la sua ironia massiccia, il
linguaggio colorito e le svolte faciloni dell'epilogo. In generale, non
dispiace. Nel dettaglio, è assolutamente dispersivo. Succede tutto
nelle ultime sessanta pagine, quando ne aveva altre quattrocento a
disposizione: comunque, davvero troppe per una storia così. A
Hopeless la palma di
new adult più convincente, al momento; alla Millay, nonostante le
stelline possano ingannarvi, quella del più monotono, ma non quella
del più brutto. La Glines non si batte. Tagli spietati di lunghi capitoli e interi
personaggi - dalla regia mi suggeriscono che gli editor a quello servono - avrebbero focalizzato l'attenzione del lettore sui punti
giusti. Non mi ha preso sin dall'inizio, ma pensavo non ci fosse
semplicemente fretta di arrivare alla meta. Ma la meta poi qual è? La meta c'era? E pensavo che Libraccio mi avesse consegnato il volume sbagliato, nascosto sotto la sovraccoperta corretta. Peccato si trattasse di un'edizione in brossura...Il
mio voto: ★★½Il
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