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Recensione: Il veleno è donna

Da Flautodipan @miriammas
Recensione: Il veleno è donna Titolo: IL VELENO è DONNA. Ventotto esperte della pozione
Autrice: Noa Bonetti
Prefazione: Ruben De Luca
Collana: Intelligentia a cura di F. Barresi
Editore: IRIS 4 EDIZIONI
Pagine:144
Prezzo: € 14,50

Descrizione: Raccontare il femminile attraverso il veleno, ecco un modo diverso di parlare di donne. Passando dall’aceto dei pidocchi alla stricnina, dalla belladonna alla cicuta, dallo stramonio al ricino... ingenue fanciulle e perverse vecchiette, vedove gentili e innocenti ragazze in cerca di marito, seminano morte e terrore nei secoli. Si va infatti dal Seicento ai giorni
nostri. E ancora, cibi prelibati e amori clandestini, eredità
e sogni, miseria e ricchezza sfrenata, sete pregiate e pulciose gonne, per seguire il destino di rivolta e
d’abbandono della donna. Sempre in punta di piedi e di
penna con ritmo secco e serrato.
L'autrice: Recensione: Il veleno è donna Noa Bonetti è milanese ma vive a Roma. A Londra ha lavorato per il Commonwealth poi alle Ricerche Atomiche Nucleari di Frascati, infine è passata al giornalismo. Oltre a regie teatrali, ha realizzato servizi per le tre reti RAI-TV (rubriche: Ore Tredici, Ore Venti, Il Mercato del Sabato, Giovani e Lavoro, Scampoli di Ricordi...). Collaboratrice di vari quotidiani e rotocalchi: Il Messaggero, La Repubblica, Il Venerdì, Oggi, Leader, Bella, Penthouse... Nel 1980 con Donne al Governo ha vinto il Premio Internazionale Città di Anghiari per un Libro Politico-Storico. Nel 1988 il Fotogramma d’Oro del Premio Cronaca ‘87 per il Giornalismo nelle Immagini. Libri pubblicati: Volti Pettegoli
(1985), Veleno al Femminile (1986), Spuntino di Mezzanotte (1989), Angeli in Polvere (1990), Un’Amica di Nome Moana (1995), Io, Donna Kamikaze (2005), Nell’Arca di Noa (2006), Giù la Maschera (2007), Il Veleno è donna (2008).
La recensione di Miriam:
Nell’immaginario collettivo la figura del serial killer è associata al sesso maschile per diverse ragioni. Quando si pensa a un omicida seriale la prima rappresentazione che balza alla mente è quella di un soggetto che uccide in maniera brutale, infierendo sui corpi, un soggetto molto spesso spinto da perversioni sessuali e che colpisce persone sconosciute con le quali intrattiene, al massimo, dei rapporti occasionali. È un identikit che mal si adatta al ritratto femminile giacché la donna è comunemente percepita come una creatura delicata e fragile, sicuramente più adatta a incarnare il ruolo della vittima.
Un simile idea è alimentata dai più noti casi di cronaca di cui siamo a conoscenza e trova un riscontro oggettivo nelle statistiche che, in effetti, registrano una netta prevalenza di uomini serial killer.
Ma è proprio vero che le donne non sono capaci di simili crimini?  
Noa Bonetti sfata questo mito proponendoci ben ventotto casi, abbondantemente documentati, di predatrici seriali. Donne vissute in epoche diverse – che vanno dal 1600 ai giorni nostri – e appartenenti ai più disparati ceti sociali; dame, presunte fattucchiere, madri di famiglia o ragazze in età da marito che hanno seminato morte sul loro cammino. Diversi sono i loro vissuti e le motivazioni che le hanno indotte  a trasformarsi in spietate assassine ma una sola è l’arma scelta per i delitti: il veleno.
Solo una stranissima casualità o c’è dell’altro?
Sulla base di una interessantissima analisi di carattere storico- sociologico l’autrice ci spiega come il veneficio si adatti particolarmente alla psicologia femminile. La donna, per secoli relegata al ruolo di angelo del focolare, ha quasi sempre vissuto ai margini della società − o sarebbe più opportuno dire, dietro le quinte. Anche quelle che hanno avuto un peso storico non indifferente hanno agito all’ombra delle figure maschili su cui erano puntate le luci della ribalta. Questa abitudine all’invisibilità, all’operare di nascosto, dettata da fattori culturali, sembra reiterarsi nel suo modus operandi da assassina. La donna non uccide in maniera plateale, non colleziona macabri trofei, rifugge la vista del sangue. Colpisce in modo pulito e silenzioso servendosi di un mezzo che, appunto la rappresenta.
Il veleno è donna, come dichiara il titolo del saggio, perché annienta in modo discreto e, molto spesso, senza lasciare traccia − dettaglio questo che mette in luce anche la furbizia di colei che vi fa ricorso poiché in molti casi è proprio ciò che le consente di seguitare a mietere vittime per un lunghissimo arco di tempo senza essere mai smascherata. Basti pensare che, fino alla metà del ventesimo secolo, tantissime erano le sostanze tossiche letali in grado di sfuggire anche ai più rigorosi esami autoptici.
Ed è proprio il veleno l’elemento scelto dalla Bonetti per contrassegnare le tappe di un avvincente quanto shockante viaggio alla scoperta delle più scaltre serial killer della storia.
Ciascun capitolo dell’opera reca il nome di una particolare sostanza tossica seguendo un ordine alfabetico. Dall’aceto per i pidocchi, all’arsenico passando per il cianuro, l’insulina, la morfina, la stricnina… fino ad arrivare al tallio. Di ogni sostanza presa in esame ci viene fornita una sorta di scheda tecnica che ne descrive le proprietà, i dosaggi necessari per provocare la morte, gli effetti prodotti sull’organismo oltre a indicare antidoti e possibili interventi tesi a contrastarne l’azione. Si tratta di dettagliate descrizioni di carattere scientifico che introducono i racconti a seguire. Per ciascun veleno vengono dunque annoverate delle storie vere aventi per protagoniste assassine seriali, vissute in epoche e zone geografiche diverse, che ne hanno fatto uso. Il registro narrativo adottato è quello del racconto, cosicché ogni caso viene proposto in veste avvincente tanto da fornirci l’impressione di avere per le mani un’eccellente raccolta di novelle noir. Sono i puntuali riferimenti storici e gli stralci degli atti processuali  a ricordarci che nulla di quanto narrato è ascrivibile alla finzione, aspetto questo che fa davvero correre i brividi lungo la schiena.
Sebbene non si assista a spargimenti di sangue o mutilazioni, appare evidente che, in fatto di perfidia, le donne sanno tenere testa ai “colleghi” uomini. La morte per avvelenamento non è infatti indolore e in molti casi non è nemmeno rapida. Tra queste pagine vedremo vittime innocenti spegnersi tra atroci sofferenze e incontreremo assassine capaci di trarre piacere dal loro operato come la rumena Vera Renzci che la sera amava sedere tra le bare delle sue vittime.
Conosceremo fattucchiere come la Bonanno , trasformatasi in una commerciante di veleni per attuare la sua singolare vendetta contro una società (siamo nel ‘600) che l’ha ridotta all’accattonaggio; donne avide che non esitano a uccidere per intascare eredità come la Locusta del nord (autrice di oltre cento delitti); ma anche infermiere premurose come l’Angelo della morte che con iniezioni di insulina “libera” anziani e bambini malati dalle loro sofferenze, o assassine più fantasiose come Christiana Edmunds che, ricorrendo a un estroso espediente, riesce a far arrivare sullo scaffale di vendita di una nota pasticceria un intero vassoio di cioccolatini al veleno .
La casistica è vasta, i moventi sono i più disparati e a volte ignoti. Da questo punto di vista si può dire che le donne non facciano eccezione rispetto all’universo criminoso maschile, colpisce però l’abilità con cui riescono a sfuggire alla condanna o a provocare profonde spaccature nell’opinione pubblica. Molte tra le protagoniste di queste storie, rivelano una capacità di mimetismo davvero impareggiabile.
A dispetto della sua brevità e della facilità con cui si legge, Il veleno è donna è un saggio ricchissimo di spunti e informazioni, consigliabile tanto agli addetti ai lavori quanto a chi desideri esplorare il lato oscuro dell’animo femminile o, semplicemente approfondire la conoscenza dei veleni
Scorrendo le pagine di questo libro vi renderete conto che sono tanti e sono molto più accessibili di quanto si pensi, probabilmente ne avete qualcuno in casa senza saperlo!
  
  

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