Recensione "In fondo il buio" di George R.R.Martin

Creato il 31 ottobre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Stefania Auci Cari lettori, durante l'estate la Gargoyle Book ha pubblicato un romanzo particolare e insolito, scritto dalla penna dell'amato creatore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, George R. Martin.  In fondo il buio è un romanzo particolare, in cui Martin getta le basi della suo immaginario, anche se in un universo alternativo, in un setting spaziale, ben lontano dai fasti e dalle vendette di Grande Inverno...

Trama Il primo libro di George R.R. Martin, fantascienza pura. Dirk è richiamato su Worlorn dall’amore per Gwen che pensava di aver perduto. Il pianeta, però, non è il mondo che Dirk immaginava e Gwen non è più la donna che aveva conosciuto; è infatti legata a un altro uomo e a un pianeta che sta morendo, in cui niente può sopravvivere perché sta precipitando in un buio eterno. Questa terra desolata è il luogo di scontro tra culture diverse dove, con uno stile che ricorda Tolkien, inseguimenti e duelli si susseguono in un continuo crescendo. Epica, sesso e nostalgia si mescolano in un mix unico che rende questo romanzo un capolavoro.

RECENSIONE Dirk è un uomo complicato. Un passato difficile, un amore che ha provato a dimenticare ma che lo tiene avvinto a sé. Letteralmente. Quest’amore si chiama Gwen, ed è la donna con cui aveva scambiato, anni prima, una gemma dell’anima. Essa è un monile che custodisce una promessa, una sorta di memento. Nel caso di Dirk si tratta di rispondere a una richiesta di aiuto, così come aveva promesso sette anni prima. 

Gwen è in pericolo. Fedele alla promessa fatta, Dirk si reca su un pianeta morente, Worlon, una colonia di un impero che aveva vissuto numerose traversie, ivi comprese migrazioni e guerre letali. Gwen è sposata al Kavalar Jaan Ironjade… e al suo compagno/attendente/amante Janacek. Entrambi sono membri di spicco di una società violenta e fortemente gerarchica, omofobica e xenefoba qual è quella dei Kavalar. 

Tra Ironjade e Dirk si istaura una strana relazione che oscilla tra il rispetto e il sospetto, tra la stima e l’astio. L’uno e l’altro sanno che Gwen è confusa, ed entrambi sentono che l’altro non la lascerà andare senza lottare. Gwen e il suo nuovo compagno stanno studiando e catalogando le vestigia di Worlon, prima che una gelida notte stellare lo avvolga, allontanandolo da ogni fonte di luce e uccidendo qualsiasi forma di vita.  A suo modo, Ironjade è un innovatore nel suo popolo: attraverso gli studi che conduce vuol scardinare le credenze del popolo che vuole donne sottomesse e legami tra uomini più stretti e intimi della fratellanza. Ma l’incontro con Dirk mette a dura prova le sue convinzioni e l’istinto di possesso tipico dei Kavalar torna a farsi sentire in maniera prepotente quando Dirk si mette nei guai per una mancanza di rispetto nei confronti di un capo Kavalar conservatore. D’altra parte Janacek, che non vede di buon occhio Dirk e che vanta diritti su Gwen in quanto moglie del suo capo, ha un atteggiamento ostile verso Gwen, che disprezza apertamente. La donna appartiene a entrambi, e soffre per questa situazione di volontaria sottomissione, rimpiangendo a prima vista la scelta fatta anni prima. Forse per Dirk c'è ancora spazio, forse l'amore non è morto... o forse Gwen nasconde molto di più di quanto voglia ammettere...

La storia è particolare. La mano, anzi, la zampata di Martin si avverte con forza. Lo stile è lontano da quello delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, poiché è più pesante, più farraginoso. Tuttavia qui e là si scorgono i segni premonitori di ciò che ha trasformato questo pacioso signore con la barba da Babbo Natale in uno dei grandi del fantasy. Ciò che richiama la sua saga è l’ambientazione di Worlon: i colori spenti e freddi che rammentano la Barriera e, a tratti, Grande Inverno con le foreste desolate e avvolte dal gelo. Anche la figura di Gwen è abbastanza vicina all’immaginario femminile di Martin: sottomessa al marito, è in realtà una donna forte, manipolatrice, sensuale e insieme fragile. Purtroppo, il romanzo è molto denso, e risulta di difficile lettura per una serie di motivi, non ultimo la scelta dell’autore di chiamare i protagonisti con nomi differenti a seconda dei contesti. Un esempio concreto: Ironjade si chiama in realtà Jaantony Riv Wolf alto-Ironjade Vikary; le persone che lo circondano lo chiamano con un nome o con uno dei patronimici a seconda che egli agisca come marito, studioso, capotribù e così via. Lo stesso per gli altri personaggi che compaiono nel corso della vicenda. Inoltre, la scorrevolezza del testo viene appesantita da digressioni storiche e scientifiche che spiegano in maniera molto condensata l’evoluzione delle società che abitano ai confini della galassia, seguendo binari che talvolta risultano tortuosi. 

In fondo il buio è una lettura che pretende una certa dose di concentrazione: è sicuramente avvincente e particolare, ma non ha quel quid, quel fascino sottile e il respiro epico tipico delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Si potrebbe considerare questo volume come una sorta di prova generale dell’opera maggiore di Martin, dedicata ai cultori del fantasy postmoderno e agli appassionati dello scrittore americano, attesa la complessità sia della prosa, sia dell’ambientazione che l’autore ha ricreato in questo volume.

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