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Titolo: In piedi nella neve Autrice: Nicoletta Bortolotti Editore: Einaudi Ragazzi Numero di pagine: 181 Prezzo: € 11,00 Sinossi: Sasha ha quasi tredici anni e una passione bruciante: il calcio. Come potrebbe essere altrimenti? Suo padre è Nikolai Trusevyc, portiere della squadra più forte del Paese: la Dynamo Kiev. Ma in Ucraina, nel 1942, il pallone non è cosa per ragazze. E dopo l'invasione da parte del Reich non è cosa nemmeno per i campioni della Dynamo: accusati dai nazisti di collaborare con i sovietici e ridotti per questo alla fame e all'inattività, i giocatori hanno perso la voglia di vivere. Quando, a sorpresa, i tedeschi organizzano un campionato cittadino, non lo fanno certo per perdere; Sasha, d'altra parte, sa che suo padre e i compagni giocano sempre per vincere... Stavolta, però, vincere significherebbe morire. E qual è la vera vittoria? Lottare fino all'ultima azione, come chiede il pallone, o sabotare la partita, come le ha intimato un misterioso spettro, nel buio di un sottopasso? Mentre il fiume Dnepr, gelido, si porta via l'infanzia di Sasha, la Storia segue il proprio corso: il match avrà un esito cosi incredibile che nessuno, per lungo tempo, potrà raccontarlo. La recensione “La guerra fa esplodere non solo le case, ma anche i pensieri.” Quando mi è arrivata un'email in cui mi si chiedeva di recensire In piedi nella neve sono stato colto in contropiede; altamente impreparato. Tutto preso dal mio famoso esame di Letteratura Latina – correva, perciò, il mese di febbraio -, mi erano sfuggite le ultime uscite e mi era sfuggita, in particolar modo, questa qui. Non collaboro con la Einaudi e sui loro titoli, in realtà, non sono aggiornatissimo, soprattutto se pensati per i ragazzi: raramente, nei blog che seguo, c'è spazio per quelli, a meno che non abbiano illustrazioni e copertine da sogno. A meno che non ci ricordino com'era essere bambini e leggere una favola prima di andare a dormire. Avrei notato mai il libro della Bortolotti se, in una mattina freddissima, non mi avesse lei stessa contattato per un parere spassionato? La copertina di In piedi nella neve è illustrata e bella, ma la vicenda che la sinossi riassume – una partita di calcio tra verità e leggenda, una rievocazione della Seconda Guerra Mondiale con un punto di vista pressoché inedito: troppo vera, troppo poco fiabesca – avrebbe potuto allontanare chi il calcio non lo segue e chi la storia la studia e la dimentica, ma sa ricordarla, a volte, grazie ai bei film e ai bei libri. Bei libri come questo. Nemici del pallone e dei sussidiari, per chiarire invece la precedente voce, come il sottoscritto – parte della bassisima percentuale di italiani che non segue il Campionato e che si siede in poltrona solo quando gioca la Nazionale, nonché di quegli studenti di lettere che si lasciano all'ultimo il laborioso esame di Storia Contemporanea. “Sorpresa” è il sostantivo che ricorrerà per tutta la recensione di In piedi nella neve: vi avverto. La sorpresa che mi ha fatto l'autrice, redattrice editoriale e professionista ormai affermata, nel prendersi la briga di propormi il suo ultimo romanzo, neanche fosse un'esordiente alle prime armi, e di inviarmelo di persona, con mille parole gentili e con una graditissima dedica in prima pagina. La sorpresa nel leggere uno scritto – accettato all'inizio per pura cordialità; perché estremamente breve; perché proposte del genere, da parte di un editore che non mi conosce e da un'autrice che si fida ciecamente di me, sono più uniche che rare – che ho trovato davvero bello. Sorpreso, io, perché non conoscevo la scrittura di Nicoletta e, prendendo il libro un po' a scatola chiusa, sono rimasto conquistato sin da pagina uno; dài, diciamo da pagina dieci, perché mi devo pur fare desiderare. Lei scrive come piace a me. Con spiccato buon gusto, con la passione per le descrizioni più suggestive, con la testa e con il cuore. Con quel fattore X - inafferrabile e misterioso, ma quando lo trovi lo sai - che insegue un noto talent. Inoltre, non conoscevo la storia narrata, se non come una lontana leggenda, e alla fine mi ha toccato profondamente. Scosso, pure un po' commosso. Mi è piaciuta per una vicenda pensata per lettori ancora bambini, ma in grado di coinvolgere anche chi è già cresciuto. Si sa che i piccoli sono il pubblico più esigente, no?, e Nicoletta sa trattarli con intelligenza, come una mamma e come un'insegnante: come se fossero – e infatti lo sono, solo che altri dovrebbero capirlo meglio, più spesso, di più – i nuovi adulti. Nella Kiev sotto lo schiaffo dei nazisti, raccontata ora a mo' di telecronaca, ora come un romanzo di formazione vecchio stile, la storia di una ragazzina con il sogno del pallone; quella dei suoi migliori amici; quella della sua famiglia. Quando Sasha perde la sua infanzia sotto le bombe, il padre, portiere di una squadra imbattibile ed imbattuta, perde il suo amato lavoro: in casa adesso lei litiga spesso con la madre, una donna che nasconde un segreto triste sul fondo di una matrioska, e non può più giocare a calcio, se non clandestinamente. E il papà non può osare fare un affronto ai tedeschi, e il suo amico del cuore non può dire ai genitori di sognare una carriere da ballerino e la Dynamo ricostruita non può vincere – nella "partita della morte" in cui in ballo c'è tutto – contro il nemico crucco. Certe volte, quando si vince si perde. In In piedi nella neve c'è il freddo e c'è “una guerra che secca il cuore”, la privazione e la negazione di sé. Cosa fare e cosa no? Filtrato dalla sguardo di Sasha - lunghe ciglia e un corpo ancora acerbo, le ginocchia sbucciate per le partite contro i muri a pezzi, i palloni di cuoio bucati, le mamme normative e le minacce al buio che odorano di acqua di colonia da quattro soldi – uno scorcio di storia vera che ha dell'incredibile, costituito da pensieri spesso crudeli e da dolci giochi d'infanzia. La narratice, con i suoi pregi, la sua ottusità e le sue piccole malefatte, è di una complessità incantevole. La rievocazione della Kiev assediata, pulsante e contraddittoria, ammalia e i fantasmi dei soprano nei sottopassi, il pensiero delle Baba Jaga nel fondo del bosco e gli avvertimenti dei falchi che fiutano il nevicare delle bombe antiuomo riempiono il romanzo di suggestioni varie e il lettore di pensieri originali. I dialoghi e le discussioni, così, vengono raccontati come nella telecronaca sportiva. Si fa un fallo, quando si mente a un amico. Si fa una finta, quando mentiamo agli adulti e fingiamo che di quel primo bacio mai dato non ci importi poi granché. In piedi nella neve è un esempio di coraggio; un paradigma della sportività. Nicoletta, al diavolo chi dice che le donne e il calcio non siano compatibili, tira dritta in porta e fa perfettamanete centro: a colpo sicuro. Non importa se siate tifosi o meno, se vi manca l'abc del gioco e se le strategie militari, a lungo andare, vi annoiano o confondono. Imparerete nel corso del viaggio - perché sì, questa lettura è un piccolo viaggio - a lasciarvi contagiare dall'entusiasmo della folla. E al gol decisivo, oltre la guerra e il fuoco, vi solleverete sulle vostre gambe in un boato che fa paura anche al temibile nemico, non pensando a quel che verrà. Alle conseguenze imprevedibili di un atto di valore.
“Il male è il solo bene che ci resta.” Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: The Book Thief - John Williams
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