Recensione: Inferno, di Francesco Gungui
Creato il 14 maggio 2013 da Mik_94
Non
possiamo stare al mondo per sopravvivere. Dobbiamo vivere.
Titolo:
Inferno – Canti delle Terre Divise
Autore:
Francesco Gungui
Editore:
Fabbri
Numero
di pagine: 430
Prezzo:
€ 14,90
Data
di pubblicazione: 7 Maggio 2013
Sinossi:
Se sei nato a Europa, la grande città nazione del prossimo futuro,
hai due sole possibilità: arrangiarti con lavori rischiosi o umili,
oppure riuscire a trovare un impiego a Paradiso, la zona dove i
ricchi vivono nel lusso e possono godere di una natura incontaminata.
Ma se rubi o uccidi o solo metti in discussione l'autorità, quello
che ti aspetta è la prigione definitiva, che sorge su un'isola
vulcanica lontana dal mondo civile: Inferno. Costruita in modo da
ricalcare l'Inferno che Dante ha immaginato nella Divina Commedia,
qui ogni reato ha il suo contrappasso. Piogge di fuoco, fiumi di
lava, gelo, animali mostruosi: gli ingranaggi infernali si stringono
senza pietà attorno ai prigionieri che spesso muoiono prima di
terminare la pena. Nessuno sceglierebbe di andare volontariamente a
Inferno, tranne Alec, un giovane cresciuto nella parte sbagliata del
mondo, quando scopre che la ragazza che ama, Maj, vi è stata mandata
con una falsa accusa. Alec dovrà compiere l'impresa mai riuscita a
nessuno: scappare con lei dall'Inferno, combattendo per sopravvivere
prima che chi ha complottato per uccidere entrambi riesca a
trovarli... Il primo romanzo di una trilogia fantasy.
La recensione
Ho
sempre amato molto la Divina Commedia. Da bambino, sentirne
leggere qualche passo era come scoprire una nuova fiaba non
contemplata nei libri per i più piccoli. Le parole non le coglievo
mai tutte, tanti versi mi rimanevano oscuri, ma ne avvertivo la
poesia, la passione divorante, la fantasia senza limiti. Crescendo,
ho ritrovato Dante e il suo capolavoro in primo liceo. L'ho
conosciuto meglio, l'ho studiato e approfondito, ma tutta la magia
degli inizi, a una lettura più consapevole, svaniva ogni volta.
C'era denuncia, impegno politico, voglia di arrivare con i propri
scritti immortali a tutti – dal ciabattino al Gran Duca di turno – ma ogni
filo dell'intreccio era nascosto dietro un velo più grande. Quello
dell'allegoria. Inferno, Paradiso, Purgatorio: tappe di un viaggio
dell'anima. Beatrice: la personificazione della teologia,
l'espediente letterario di un grandioso poeta. Dante e Beatrice non
si erano nemmeno mai conosciuti, nella vita vera. Lei, secondo molte
fonti, si era spenta come un candela sotto un temporale quando il
poeta fiorentino era appena un romantico, introverso adolescente. Non
c'era stata nessuna storia d'amore, e la discesa infernale per
salvarla era solo un'ingenua, frettolosa e sentimentale lettura della
Commedia.Il
mito di Orfeo e di Euridice non si era ripetuto. Che peccato, ho
sempre pensato. Che occasione mancata, per certi versi. Per una
volta, mi sarebbe piaciuto non sapere. O perlomeno sapere qualcosa di
meno. Sarebbe stato più bello rimanere alla semplice fabula,
senza conoscerne la genesi e i geniali ed audaci echi. Inferno –
Canti delle Terre Divise è un
romanzo distopico avveniristico ed originale costruito proprio su
quella semplice, emozionante idea: su un sacrificio d'amore che sfida
le autorità, le fiamme, la dannazione eterna. I Dante e Beatrice di
Francesco Gungui, abitanti di un futuro non precisato e di una Terra
irrimediabilmente smembrata, sono Alec e Maj ed hanno diciassette
anni.La
città di Alec ha le fattezze di un luogo rannicchiato sotto i
bombardamenti: grigia, spoglia, squallida, con un proliferare di
Casinò ad ogni dove e immagini infernali proiettate sulle pareti
delle cattedrali. Riprese delle torture a cui sono sottoposti i
dannati della prigione più spietata mai creata. Un memento mori
capace di terrorizzare, di mantenere l'ordine.
Dov'è cresciuta Maj,
invece, le rose crescono senza spine, le spiagge sono sterminate e
pulite, le villette bianche e accoglienti, le colline verdi per i
fitti e rigogliosi ulivi, l'aria odorosa di salsedine. E' un
paradiso, è il Paradiso. Vengono da realtà diverse, ma si
incrociano a metà strada,“nel mezzo del cammin di nostra
vita”. Maj vuole conoscere
Alec e, attraverso le sue labbra, la libertà che il suo universo da
sogno le nega.
L'autore, ormai esperto in materia di adolescenti,
sogni di libertà e bombardamenti di ormoni, descrive con
delicatezza, ritmo e un pizzico di matura sensualità il loro
scoprirsi: Maj che, con un cocktail in mano e un costume stretto nei
punti giusti, lo guarda a bordo piscina; Alec che, con l'adorabile
sorellina accanto e cattivi ricordi dietro le palpebre, ha paura di
cedere ai suoi sentimenti; e il loro bacio proibito, che diventerà
simbolo di ribellione e che, insieme a intrighi e tranelli, li
condurrà insieme all'Inferno. L'idea è fantastica -
internazionale, ma che più italiana non si può – e Gungui si
dimostra davvero bravo nel gestire l'intreccio e gli sviluppi di una
storia potenzialmente esplosiva. Tanto bravo.La
stessa Fabbri che, quando io ero piccolo, aveva pubblicato
Eragon e Le Fiabe
Sonore, mostra il romanzo come
un classico libro per ragazzi. Trama avventurosa, copertina a disegni
semplice e suggestiva e, a firmare il tutto, uno degli autori
adolescenziali più noti in Italia, con le sue storie colme di buoni
sentimenti e gioventù. Il suo nuovo romanzo, da metà in poi, è
stato una violenta, travolgente sorpresa. Crudo, drammatico,
realistico. La sua scrittura è il lanternino che ha illuminato questa catabasi, con una prosa spesso rapida e semplice, ma con l'abilità
di diventare tagliente ed incisiva nei passi più impervi e
memorabili. Evocativa. Sembra di sentire l'odore di zolfo, il calore
delle fiamme nel petto, i graffi e la potenza delle terrificanti
creature nascoste dietro i coni d'ombra. Davanti alla scena
dell'ingresso in quella reale grotta della paura, alla fame di sesso
e droga dei lussuriosi, alle risate sguaiate e ai mugolii cacofonici,
ho immaginato una telecamera che si staccava dai volti dei
protagonisti in spettacolari riprese aeree che riprendevano la città
di Dite sotto assedio. Una fortezza medievale con guerrieri ed eroine
e temibili mostri alle porte: sciami di arpie, minotauri, cerberi,
centauri. I singoli personaggi, sporchi di fuliggine e sangue, in
cerca di compagnia per non attraversare da soli le fiamme e i portali
della morte, cercano un senso al tempo, alla vita, all'amore,
all'odio. Anime che si interrogano sulla precaria fugacità del
tutto, nelle quali grande è la voglia di lasciarsi morire, ma ancora
più grande è il loro animo. Anche nella disperazione, tra uomini
primitivi e tribù di donne guerriere, con la terra che trema e con
grotte di rocciose stalattiti, prevale il desiderio di fuggire chissà
dove, di piangere, ridere e amare come se non ci fosse un domani.
Esigenze fisiche, innegabilmente umane. Si continua a cercare
l'amore, si continua a farlo nella quiete di un prato o sotto il
gorgoglio di una cascata, si continua a costruire piccoli nuclei
familiari. Come non pensare a ciò che Venerdì rappresentò per
Robinson Crusoe o Richard Parker per Pi: umanizzare, educare,
raschiare e tornare a costruire cose nuove sono presenti, nell'uomo, al
pari del suo stesso istinto di sopravvivenza. Tutto pur di portare
l'umanità in quel carcere di fuoco. In quei cerchi di dannati è
contenuto il meglio e il peggio dell'uomo odierno. Un animale a
sangue freddo, alla fine, che si adatta a tutto per farsi una nuova esistenza, per imparare – in situazioni estreme – ad apprezzare la
vita per quella che è. Come un cactus che cresce in deserti mai
baciati dall'acqua o un'edera rampicante che supera muri, limiti,
confini. Di tasselli di umanità, nel corso della lettura, se ne
incontrano tanti, ma su un comprimario in particolare mi è
impossibile tacere: Jorgos. Per me, ha rappresentato il Virgilio
personale di Maj e Alec. Un bambino nato e cresciuto lì sotto, nei
meandri dell'Inferno, senza aver mai visto la diretta luce del sole o
le stelle. Innocente, vestito di stracci logori, con la pelle
arrossate e le gambe magrissime, ma con il coraggio di un leone; di
un adulto vero. L'impresa portata a termine da Francesco Gungui, il
suo “folle volo” dal tiepido inferno dell'adolescenza a quello
dantesco, è stato un piccolo trionfo: il suo ultimo romanzo è un
distopico vero, la riproposizione rivista e corretta dell'adrenalina
travolgente di Divergent
e del patos e della cupezza dei vari Hunger Games.
Uno young adult decisamente valido, leggermente venato di sadismo e
del tutto privo di consolatorie scenette all'acqua di rose che in
molti - ok, forse sono stato l'unico! - hanno evidenziato perfinonegli acclamati romanzi di Suzanne
Collins. Le terzine dell'Inferno difficilmente sono odiate e, perfino
gli studenti più svogliati, non posso negare il mistero inquietante
che sprigionano dopo molti secoli. Ma, se qualcuno non fosse
d'accordo con me, dovrebbe necessariamente leggere questo romanzo.
Scoprirebbe l'attualità e il sublime fascino di una storia che arde
dentro.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Depeche Mode - Heaven
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