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Recensione "Inferno" di Francesco Gungui

Da Glinda
Oggi recensisco per voi un libro che ha impazzato in rete e di cui tutti, o quasi, sono rimasti piacevolmente sorpresi. Si tratta di Inferno, primo romanzo della trilogia distopica per young adults di Francesco Gungui, che ha fatto innamorare i blogger e fa ancora molto parlare di sé. Vorrei dire di essere tra quelli che lo hanno adorato, ma, purtroppo, non è staco così. Spero possiate accettare il mio parere con serenità.
Titolo: Inferno (Canti delle terre divise #1)
Data di pubblicazione: 8 Maggio 2013

Autore: Francesco Gungui
Editore: Fabbri Editore

Prezzo: € 17,00 

Pagine: 427  
Il mio voto
 
Se sei nato in Europa, la grande città nazione del prossimo futuro, hai due sole possibilità: arrangiarti con lavori rischiosi o umili, oppure riuscire a trovare un impiego a Paradiso, la zona dove i ricchi vivono nel lusso più sfrenato e possono godere di una natura incontaminata. Ma se rubi o uccidi o solo metti in discussione l'autorità, quello che ti aspetta è la prigione definitiva, che sorge su un'isola vulcanica lontana dal mondo civile: Inferno. Costruita in modo da ricalcare l'inferno che Dante ha immaginato nella "Divina Commedia", qui ogni reato ha il suo contrappasso. Piogge di fuoco, fiumi di lava, gelo, animali mostruosi rendono la vita difficile ai prigionieri, che spesso muoiono prima di terminare la pena. Nessuno sceglierebbe di andare volontariamente a Inferno, tranne Alec, un giovane cresciuto nella parte sbagliata del mondo, quando scopre che la ragazza che ama, Maj, vi è stata mandata con una falsa accusa. Alec dovrà compiere l'impresa mai riuscita a nessuno, quella di scappare con lei dall'Inferno, combattendo per sopravvivere, prima che chi ha complottato 
La mia recensione 
Ammetto che questa non è per me una recensione semplice, perdonatemi dunque se sarà più lunga del solito. Il romanzo in questione, infatti, era uno di quelli che aspettavo di leggere con più ansia. Il motivo è palese: è un distopico che si rifà alla Divina Commedia. Chi non sarebbe attratto da una simile premessa? Gungui ha fatto il suo ingresso nella letteratura fantastica in grande stile, mettendo alla prova se stesso con una sfida non indifferente e la cosa non passa di certo inosservata. Temo però che le aspettative create da tali presupposti abbiano giocato a mio sfavore.  Una volta iniziato a leggere "Inferno", il primo romanzo della trilogia che seguiterà con i romanzi "Purgatorio" e "Paradiso", è stato per me chiaro che le ottime prememesse non sarebbero andate di pari passo con il reale contenuto dell'opera. Ora, lasciatemelo dire, io volevo che Inferno mi piacesse molto. Lo volevo con tutta me stessa, perché è del romanzo di un giovane e talentuoso autore italiano che stiamo parlando e perché c'è un'innegabile genio in ciò che Gungui ha scritto. Epppure, nonstante tutte questi bei pensieri, Inferno non mi ha convinta. Ovviamente, come al solito, NON sconsiglio la lettura del romanzo. Anzi! Leggetelo, fatevi una vostra idea e parliamone. Ciò che non piace a me, di sicuro può piacere al resto del mondo e le recensioni entusiastiche che Inferno ha riscosso nel web ne sono la prova! Mi sento di consigliare questo libro ai giovani amanti della letteratura distopica che non disdegnano una narrazione molto descrittiva che si prende il proprio tempo per ingranare ed entrare nel vivo dell'azione.
Ci troviamo in un universo futuristico in cui niente è come ci si potrebbe aspettare. Il Mondo ha letteralmente cambiato volto e assetto politico. Dimenticatevi gli stati e le nazioni che avete studiato tra i banchi di scuola e immaginate un'Italia resa invivibile da disastri e siccità, e un'Europa che è diventata un'unica grande città Nazione in cui vige un governo dittatoriale e classista: quello dell'Oligarchia. Gli Oligarchi hanno progettato un mondo perfetto, Il Paradiso, in cui tutte le famiglie più importanti e benestanti risiedono serenamente. Al di fuori del benessere del Paradiso, c'è Europa, in cui è stipato il resto della popolazione che vive nella precarietà e nella malavita. Europa è una sorta di Limbo - o Purgatorio se vogliamo - e, in quanto tale, sta nel mezzo. La sua popolazione vive nella speranza di poter un giorno aspirare al Paradiso e nel terrore di finire nell'Inferno, la terribile prigione in cui i peccatori espiano i propri peccati.  Oligarchi spietati che riprendono i poveri dannati nel loro tentativo di sopravvivere all'Inferno in terra, chiese in cui vengono proiettate le immagini dei peccatori morenti e sofferenti al fine di indottrinare la popolazione di Europa, un Paradiso in cui tutto va bene e in cui tutti, tranne gli Oligarchi stessi, ignorano le brutture dell'Inferno: questo, a grandi linee, è il mondo creato da Gungui. In questo scenario i destini di due ragazzi apparentemente opposti, Maj, che a sedici hanni ha conosciuto solo le gioie del Paradiso e Alec, che a diciassette anni sa cos'è il dolore e la fame, si incrociano e si legano indissolubilmente. Tra loro scoppia un amore proibito, che li condurrà in un'avventura oscura e pericolosa.

Non vi svelerò oltre riguardo alla trama, perché sarebbe ingiusto e vi toglierebbe il piacere di scoprire i vari intrighi che Gungui ha intessuto, disseminandoli nel romanzo per condurci a inattesi colpi di scena. Vi dirò invece che l'Inferno è stato di per se un'ambientazione interessatte ricca di sorprese, pericoli e protagonisti secondari ben caratterizzati e sfaccettati, a cui è semplice affezionarsi. Temi come la morte, il dolore, il sesso e l'omosessualità vengono trattato da Gungui con originalità e naturalezza, fattore che è impossibile non ammirare. Purtroppo è stata proprio l'alternarsi di questi sorprendenti colpi di scena (e a volte di genio) e situazioni incredibilmente banali, mi ha fatto storcere il naso più di una volta. Pecca principale che toglie credibilità alla storia, è l'innamoramento istantaneo che scoppia tra Maj e Alec. Non ho intenzione di nascondermi dietro un dito dicendo che non mi piacciono gli insta-love. Al contrario, se ispirati da motivazioni forti, li trovo belli. Quello che proprio non sopporto, invece, è quel genere d'amore insopprimibile che scoppia senza motivo, così, dopo un semplice scambio di sguardi. E, mi spiace dirlo, ma questo è il caso di Inferno, ragazzi.  

Insomma, Alec non è certo il primo ragazzo di Europa che Maj incontra e allo stesso tempo Alec non è digiuno di esperienze con l'altro sesso. Eppure, dopo sole quattro chiacchiere in piscina, i due sono disposti a sacrificare la vita l'uno per l'altro, letteralmente. In linea di massima ho trovato l'intero libro carente di spessore emotivo. 
Mi spiego meglio. Mi è sembrato che tutto ciò che in teoria avrebbe duvuto avere un determinato carico sentimentale - prendete un evento come quello di una persona che riprende a parlare dopo tantissimi anni, o la perdita un familiare, o l'innamoramento stesso -, sia stato affrontato da Gungui in modo troppo asettico. 
C'è poco coinvolgimento emozionale, poco approfondimento degli stati d'animo dei protagonisti e, di conseguenza, poca immedesimazione nei personaggi. Per dirne una, la domanda che mi è sorta sin da subito è: ma perché? Perché Maj, che tra l'altro è sentimentalmente impegnata, dovrebbe improvvisamente interessarsi alla questione degli abitanti di Europa, così con l'avvento di Alec? E perché è pronta a scappare con lui, pur avendo scambiato assieme sì e no un paio di dialoghi e altrettanti baci? Perché ha un bel faccino? Mistero. E, per contro, perché Alec è addirittura disposto a sacrificare se stesso e la propria vita pur di provare a trarla in salvo? Non so, non riesco a capirlo e me ne dispiaccio.  Se ci fosse stato un maggiore coinvolgimento sentimentale tra i due, se avessero vissuto assieme attimi indimenticabili, avventure che ne li hanno innegabilmente segnati, avrei giustificato questo e anche altro. Ma la rapidità con cui tutto si svolge è disarmante.  Rapidità che, invece, non ho riscontrato nella narrazione in sé. In effetti, per la mia sensibilità, il libro ha faticato a ingranare e a causa dei molteplici momenti descrittivi e della confusione creata dai repentini e a volte non giustificati cambi di POV (il libro è narrato in terza persona e a volte non si comprende chi sia il narratore, se Maj, Alec o un narratore onniscente) ho spesso perso il filo del discorso.  So che questi difetti, almeno in parte, possono essere imputati al fatto che si tratta del primo romanzo di una trilogia molto complessa e lo conferma che, infatti, nella seconda metà del libro l'azione è diventata serrata e appassionante.
Tuttavia sono presenti nel libro delle pecche che ho superato con difficoltà. Francesco Gungui ha puntato molto sul fattore "politico" e sull'organizzazione del mondo in cui i suoi protagonisti vivono, cosa che, da amante dei Distopici degni di questo nome, ho indubbiamente apprezzato. Eppure è mancato qualcosa. Mi sarebbe piaciuto dirvi che ne è stato del resto del Pianeta Terra, quale sia la condizione al di fuori di Europa e del Paradiso, spiegarvi quali processi hanno spinto il mondo ad assumere certi connotati, in quali circostanze l'Oligarchia abbia assunto il potere. Ma non posso
Perché, purtroppo, nulla di tutto ciò è chiaro o viene spiegato. Europa è ciò che è, così come il resto di tutte le difficili costanti in cui si muovono i protagonisti. Messe come sono state messe, le cose, per quanto mi riguarda, non tornano. A causa della carenza di spiegazioni importanti, infatti, mi è risultato impossibile capire perché la popolazione di Europa (non cito il resto del mondo perché non sembra esistere) non avesse aperto gli occhi e preso coraggio, prima del gesto compiuto da Alec. In generale mi è parso che attorno a una semplice presa di posizione del protagonista sia stato creato troppo sensazionalismo, come se si cercasse di riprodurre un po' l'effetto che scatenarono le tre dita alzate di Katniss negli Hunger Games. E quello sì, ragazzi, è stato un gesto eclatante, giustamente diventato il simbolo della rivoluzione. Lei ha costretto il mondo a vedere i giochi per quello che erano, spogliandoli dei fasti e ricordando a tutti di come i tributi non fossero delle semplici pedine su una scacchiera, ma ragazzini costretti a giocare con la vita. Quel che ha fatto Alec, invece, almeno in principio non può essere a mio avviso sufficiente a scatenare un focolaio di rivolta. Nonostante questa recensione un po' puntigliosa, continuo a dire che non sconsiglio la lettura di Inferno ed è probabile che io legga il secondo libro della serie.   Verdetto: avvincente e originale, ma non perfetto.

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