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Recensione innamorarsi a manhattan ...

Creato il 14 novembre 2011 da Isn't It Romantic?
RECENSIONE INNAMORARSI A MANHATTAN (Falling in love) di Kate Parker
 
RECENSIONE INNAMORARSI A MANHATTAN ...Prima edizione: Leggereditore, novembre 2011
 
Formato: trade paperback
 
Traduzione di: Rebecca Traimonti
 
Ambientazione: contemporanea, USA
 
Genere: romance
 
Livello di sensualità: warm
 
Voto/rating: 8,5/10
 
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Ogni volta che apriamo gli occhi, sappiamo che ci attende una giornata identica alla precedente. Pesante e faticosa come la precedente. Raramente allegra, quasi sempre perlomeno monotona. Prevedibile. I gesti uguali, le abitudini consolidate, i percorsi stabiliti, le alternative quasi inesistenti. Così, senza accorgercene, ci ritroviamo a guardare in alto, verso il cielo, in attesa di un fremito, di una sorpresa, di un imprevisto. Di un miracolo che ci strappi dal grigiore e illumini anche un’ora della nostra vita. Quasi mai riceviamo risposta alle nostre preghiere inespresse, dunque riabbassiamo il capo, sospiriamo e andiamo avanti.
Alice Irene Giuliani, non si aspetta più nulla, non osa sognare, teme di desiderare. E’ chiusa in una routine a cui si aggrappa come ad una stampella. Tuttavia, una parte di lei rifiuta questo letargo dell’anima autoimposto e attraverso un corso di recitazione cerca di esprimersi, liberarsi. Un mattina da Tiffany, vestita come Audrey Hepburn nel celeberrimo Colazione da Tiffany, per meglio calarsi nella parte che vorrebbe ottenere, l’inatteso accade. Alice incontra lo sguardo di uno sconosciuto e per un attimo il tempo si ferma. Il cuore in gola, i sensi all’erta, il sangue che pompa nelle vene, l’emozione che la travolge. Tutto e niente in un istante. Vorrebbe fuggire ma anche restare; sceglie la fuga, ma l’uomo la segue, tenace. La ferma, la convince a trascorrere qualche ora insieme, prima che un aereo lo riporti a casa. Ore rubate per un incontro senza senso, senza prospettive. Eppure sono ore intense, fatte di parole, di silenzi, di comprensione, di armonia, di eccitazione, di sfioramenti furtivi, di occhi che si cercano incessanti. Di due anime che davanti a un caffè e durante un tragitto in taxi verso l’aeroporto si sono denudate e incontrate. Dimenticare e tornare al solito tran tran, sarà durissimo e praticamente impossibile per Matìas e Alice, che nonostante le paure e le resistenze dovranno imparare ad accettare che  l’amore non conosce impedimenti e soprattutto confini, se non quelli assurdi che noi gli mettiamo.
 
Come per Alice l’incontro con Matìas, anche per me quello con questo libro è stata una vera sorpresa. Colpita da una copertina che rimandava alla splendida Audrey Hepburn, e da una quarta molto intrigante, ero però piuttosto diffidente. L’ultima volta che avevo acquistato un romanzo che prometteva una grande storia d’amore sullo sfondo di una città fantastica, mi ero ritrovata con una sonora fregatura. Inoltre penso di essere una delle poche persone al mondo a cui non piace particolarmente New York.  Dopo poche pagine avevo iniziato a storcere il naso: la protagonista era descritta come bellissima, per cui già vedevo una sfilza di cliché pronti a planare su carta in men che non si dica. Invece, ecco che subito ho dovuto ricredermi. L’inseguimento/incontro tra Mattìas e Alice è descritto benissimo: incalzante, delicato, sensuale. Le loro emozioni rese in maniera vivida e coinvolgente senza bisogno di lunghi dialoghi o situazioni complicate. Impossibile interrompere una lettura, nella quale se non ci sono sorprese, c’è il bellissimo e sentito percorso di un uomo e una donna che stanno cercando se stessi e che solo nel momento in cui si incrociano, trovano davvero il loro destino e la loro dimensione. Matìas è un professore universitario di storia medievale, che scrive anche gialli ambientati in quell’epoca, il quale per tutta la vita ha fatto ciò che gli altri si aspettavano da lui. Tenere tutto sotto stretto controlla lo rassicura nel contempo gli permette di tenere doma una passione i cui effetti dirompenti pensa di non saper controllare. Alice, d’altro canto, non si fida di se stessa né dei suoi sentimenti, che ritiene la rendano debole. E’ infelice e teme di divenirlo ancor di più, quindi anche lei a tutta prima respinge ciò che prova per Matìas.
Lontani col corpo, ma vicini col cuore, i due si ritroveranno pian piano, diversi e migliori, pronti a fondere le loro vite, il loro amore esploso come un fuoco di artificio, ma lievitato lentamente come del pane buono e nutriente.

Kate Parker è al suo primo libro, mi auguro che ne seguano molti altri perché ha uno stile molto efficace ed elegante, capace di cogliere il lato poetico delle cose senza scadere nel melodrammatico o nell’ovvio. Con una scrittura sorvegliata, delicata  e  concisa, penetra l’animo dei suoi personaggi (menzione particolare per la splendida nonna Lucille!) e rende lo spirito di una città, aperta sempre a tutto e tutti. Prende qualche spunto da Colazione da Tiffany ─ un paio di scene all’inizio e alla fine, la professione di scrittore di lui, quella di lei, infermiera pediatrica che ricorda l’impegno della Hepburn come ambasciatrice dell’Unicef ─ ma rielabora il tutto in maniera personale e convincente, senza debiti con altri.
Matìas è un eroe solido e forte, un uomo che sorprende se stesso e si mette in gioco, rischiando la reputazione con un libro sentimentale per riconquistare la donna che ha rapito la sua immaginazione e riempito di voglie e fantasie i suoi giorni. Non è un bastardo, non è uno psicopatico, ma un compagno pronto a stare al fianco della sua donna e renderla felice.
Alice è un’eroina che mi ha conquistata: inquieta, generosa, piena d’amore. Soffre per il passato che non può cambiare e per un futuro che crede di non poter avere. E soffre perché è sensibile, affrontare costantemente il dolore nei corpi e nello spirito dei suoi piccoli pazienti le scava dentro, la distrugge. Non riesce ad abituarsi, e noi con lei. Senza eccedere, ma con estremo tatto, la Parker ci ricorda che l’amore non è solo quello all’interno di una coppia, ma quello che ogni giorno siamo chiamati a dare a chi ci sta vicino, poiché senza di esso, forse proveremmo meno patimenti, però saremmo morti dentro. L’indifferenza uccide più del cancro.
Ho chiuso questo libro piena di rimpianto eppure colma di una sensazione di benessere e di calore, per una storia che mi ha conquistata, mi ha fatto sognare, mi ha commossa. Perché non mi aspettavo che mi piacesse a tal punto. Perché è stato un vero e improvviso raggio di sole che ha squarciato le nubi scure. E perché di libri del genere, anche se non sono capolavori, ce ne è bisogno


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