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Recensione: Inside Out

Creato il 23 settembre 2015 da Mattiabertaina

InsideOut

Genere: Animazione

Regia: Pete Docter

Durata: 94 min.

Distribuzione: Walt Disney Pictures

Reilly è nata. La madre e il padre sono lì che aspettano che lei apra per la prima volta gli occhi, e non vedono l’ora di vivere il loro primo giorno da genitori. Questo è quello che si vedrebbe nei soliti film incentrati sulla famiglia, con protagonista principale il figlio alle prese con le avventure più disparate. Ma che cosa succede se noi entrassimo realmente dentro la mente di questa bambina, e iniziassimo a vivere ogni sua vicenda all’interno del cervello, il quartiere generale che gestisce ogni sua azione o pensiero? Qui le cose si complicano notevolmente, perché entrano in campo cinque personaggi incredibili, che tengono le redini della nostra ragazzina: Gioia, Tristezza, Disgusto, Paura e Rabbia. Fino ai primi anni è Gioia a dominare le altre emozioni (nonostante le continue interferenze degli altri), tanto da prendere in mano il timone della barca in modo che ogni giornata venga ricordata positivamente da Reilly. Le cose cambiano quando i genitori decidono di abbandonare il Minnesota per San Francisco. La bambina non è più la stessa, non riesce a socializzare con gli altri, isolandosi con il mondo esterno. Ben presto si scoprirà che nella sua mente qualcosa è cambiato, e le cinque emozioni dovranno in tutti i modi riportare serenità a Reilly.

INSIDE OUT

È davvero stupefacente il livello creativo che la Pixar ha raggiunto in questi lunghi anni. Ma mai (e dico mai!) ci si aspettava un film così originale e allo stesso tempo denso di significati come Inside Out. La pellicola di Pete Docter riesce più che mai a mettere d’accordo sia il piccolo che il grande pubblico. I primi vengono accontentati dalla presenza di cinque personaggi unici, complementari e dipendenti gli uni con gli altri allo stesso tempo, portando i ragazzi verso un mondo immaginario a loro conosciuto, visto che proprio loro stanno vivendo quel determinato momento, dove fantasia e realtà non sono per nulla distinti, ma si mischiano creando dei mondi straordinari e interconnessi. I secondi non vengono lasciati soli, grazie a una storia geniale che anche i film tradizionali invidierebbero. I punti di vista vengono alternati in un ritmo armonico, passando dalla veste più usuale come quello in terza persona, arrivando poi ad avere una visione strettamente personale, come se le emozioni interagiscano direttamente con lo spettatore. Il risultato è che il pubblico vive quelle esperienze immedesimandosi in Reilly, condividendo o rifiutando le azioni della protagonista. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il modo in cui viene raffigurato il sistema nervoso, come se tutto ciò che è all’interno della nostra testa sia paragonabile a un enorme parco giochi. Con questo il film non vuole assolutamente banalizzare il funzionamento del nostro cervello. Al contrario, Inside Qut racconta la psicologia con il tocco creativo che la Pixar ha saputo regalarci, portandoci anche nei meandri più oscuri e complessi del nostro sistema cognitivo senza cadere nella banalità. Alla domanda se questo film è da vedere, bisogna aggiungere una piccola (ma    fondamentale) considerazione finale. Questo rappresenta la prova tangibile che questo genere cinematografico non ha nulla da invidiare con le pellicole tradizionali, evidenziando come il sinonimo antiquato “cinema d’animazione = film per l’infanzia” appartenga ormai al passato.

Voto: 4,5 su 5

Il trailer


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