Magazine Cinema

Recensione: IO E LEI. Buy e Ferilli grande lesbo-coppia (e Ferilli è straordinaria)

Creato il 01 ottobre 2015 da Luigilocatelli

ioelei_4_20150918_1850616101Io e lei, un film di Maria Sole Tognazzi. Con Sabrina Ferilli, Margherita Buy, Ennio Fantastichini, Domenico Diele, Fausto Maria Sciarappa.
ioelei_20_20150918_1301507833-1Vita qualunque di una qualunque coppia. Solo che trattasi di una coppia omosessual-femminile. L’architetta Federica (Buy) e l’ex attrice Marina (Ferilli) stanno insieme da cinque anni. Ma a mettere in crisi l’equilibrio arriva un dentista di cui l’inquieta Federica sembra innamorarsi. Dimenticatevi La vie d’Adèle, qui non ci sono scatenate scene di sesso, siamo piuttosto dalle parti della commedia borghese tipo I ragazzi stanno bene con Annette Bening e Julianne Moore. A rendere vincente il film è la perfetta chemistry tra la Buy e una Ferilli assolutamente travolgente. Che da sola vale il biglietto. Voto 7+
Viva Sabrina Ferilli. Questo film è suo, se lo porta via tutto lei, travolgente – in un’interpretazioni degna delle nostre grandissime del passato come Anna Magnani, anche se in un ruolo che quelle grandissime mai avrebbero nemmeno immaginato – quale lesbica assai risolta e assai consapevole, e innamoratissima della sua fidanzata Margherita Buy, altra enorme interpretazione, e però come sommersa e offuscata dal troppo di energia sprigionato dalla Ferilli. Quando mi son letto che Maria Sole Tognazzi, dopo la buona prova di Io viaggio sola sempre con la Buy – la sua attrice-feticcio? – stava girando un film sull’amore tra due donne con la coppia Ferilli-Buy ho temuto il peggio. Paventando da una parte uno svacco nei peggio cliché da commedia all’italiana per quanto rivisti secondo la sensibilità (l’ipocrisia?) attuale ideologicamente correttissima e a posto, dall’altra un tardivo tentativo di accodarsi all’onda del lesbo-movie d’alta gamma e autorialistico aperto da La vie d’Adèle di Kéchiche. Grazie a Dio il film smentisce l’uno e l’altro timore. Intendiamoci, non siamo di fronte a un qualcosa di speciale, Io e lei è un film medio, che naviga volutamente nel mezzo della corrente, con il chiaro intento – peraltro perfettamente realizzato – di portare alle platee della domenica un pezzo di vita di omosessualità al femminile mostrandone la chiamiamola normalità, l’assoluto suo essere vita qualunque con problemi di ordinaria e banale qualunquità. Inscrivere il lesbismo nella routine dell’Italia d’oggi, farlo sedere alla tradizionale tavola familiare della domenica, il vero rito costitutivo dell’antropologia nazionale, portarlo ad attovagliarsi insieme e accanto alle altre coppie e alle altre famiglie. Ovviamente in sintonia neanche tanto segreta con quel movimento di pubblica opinione che invoca pure da noi un qualche riconoscimento giuridico delle coppie gay e il loro accesso al matrimonio. In tal senso Io e lei appare come un film politico, tra i più politici del nostro cinema recente, e non ingannino ovviamente i suoi modi felpati da commedia borghese. Per riuscire a mostrare una coppia lei-lei dalla quotidianità per niente diversa da una lei-lui si piallano via tutti i vetusti cliché sull’omosessualità femminile, e se vi aspettate (almeno) una delle due lesbiche protagoniste vestita da maschio camionista, da butch, vi sbagliate. Sabrina Ferilli, cui spetta nel duo il ruolo guida, al massimo si mette il jeans e un niente di pelle nera addosso, al massimo simula una camminata decisa anche con tacco 12, ma niente di più. Quanto a Margherita Buy si abbiglia da sciura nevrotica, bon ton e austera, e dunque son tailleur pantalone assai rigorosi e tutt’al più androgini, niente a che fare con le lesbiche in nero e monocolo alla Otto Dix. Maria Sole Tognazzi, che ci assicura aver avuto l’idea vedendo un giorno in tv Il vizietto con papà Ugo, di quell’epocale film, e di quell’approccio all’omosessualità degli stereotipi, mantiene solo la figuretta del domestico assai effemminato, un filippino impiccione e linguacciuto improbabilmente fidanzato a un campione di nuoto (va bene che siamo in un film, ma una coppia così non la si è mai vista in natura). E però, più una citazione e un devoto omaggio di una figlia all’immenso padre, e un tratto di pura commedia popolare, che una caduta nei cliché (e comunque il filippino è assai divertente, e la battuta della Ferilli di fronte alla sua invadenza “ma dove son finiti i filippini di una volta che si facevano i cazzi loro?” strappa l’applauso). L’altro prezzo pagato alla sensibilità mainstream è l’abolizione di ogni scena di sesso tra le due signore, solo un avvinghiarsi un attimino a luce spunta sul letto matrimoniale e un bacio verso la fine, e chi ha in mente i dodici-minuti-dodici di sesso forsennato di La vie d’Adèle qui ha l’impressione di trovarsi nell’educandato dei  lesbo-movies. Dunque, sgombrato il campo da ogni elemento davvero perturbante, Io e lei può trionfalmente avviarsi a guadagnare il consenso del pubblico di massa con la speranza ragionevole di fare una buona cifra al box office. Bastano pochi minuti a farci dimenticare che Marina (Sabrina Ferilli) e Federica (Margherita Buy) sono una coppia lesbica e farcele apparire uguali-agli-altri, visto che il loro way of life, e la crisi del quinto anno che andranno di lì a poco a vivere, seguono l’andamento ondulatorio di una qualsiasi coppia. La sceneggiatura, accuratissima (e si sente l’astuzia di Ivan Cotroneo, aduso a immettere temi queer e LGBT nell’intrattenimento di massa televisivo e cinematografico), procede implacabilmente verso la dimostrazione del teorema siamo-esattamente-come-voi senza sbagliare un colpo. Federica, architetto d’interni, divorziata con figlio ormai ventenne, sta ormai stabilmente con Marina, ex attrice adesso imprenditrice del food con un suo negozio assai ecologista-sostenibile di moltosuccesso. Tutto funziona bene – le rispettive famiglie non hanno mai ostacolato la loro storia -, o almeno così sembra, perché sotto la superficie smaltata qualche perturbazione c’è. Marina, che la sua omosessualità l’ha sempre vissuta apertamente e senza conflitti interiori e nemmeno con gli altri, fa fatica a star dietro ai comportamenti nevrotici e alle insicurezze dela compagna, che – in una delle scene chiave del film – sbotta in un “io non sono lesbica come te, non ho mai penato di stare con una donna prima di coniscere te”. Pesa la paura di Federica di finire in pasto ai giornali di gossip come fidanzata omosessuale allorché a Marina propongono di tornare al cinema. Pesano qualcosa anche le non del tutto sopite differenze di classe, assai intellettual-borghese Federica, più plebea Marina, figlia di commercianti. Succederà che Federica avrà una ricaduta eterosessuale con un dentista piacione, e allora quella quasi perfetta vita quasi coniugale rischierà di sgretolarsi. Qui il riferimento, se non il debito, a I ragazzi stanno bene – il film di Lisa Cholodenko di qualche anno fa, enorme successo anche di pubblico negli Stati Uniti – è fin troppo evidente. Anche là la coppia apparentemente granitica composta da Annette Bening e Julianne Moore arrivava a un passo dalla dissoluzione dopo che la sbandata di Moore per il furbo e piacente Mark Ruffalo. Io e lei è il tentativo riuscito di rifare un qualcosa di analogo in Italia, anche se di I ragazzi stanno bene, che poneva con lucidità la controversa questione dei figli di una coppia gay, non ha la complessità e la stratificazione, prendendone gli elementi più esteriori e tranquilli. Così idelogicamente corretto, Io e lei, con la sua rappresentazione di una normalità omosessuale così qualunque da rischiare l’irrealtà. Ma, si diceva, questo è un film politico dove è il messaggio, è la tesi, a contare sopra tutto e prima di tutto. Se Io e lei raggiunge i suoi obiettivi il merito, oltre che di una sceneggiatura calibrata e della regia mai corriva di Maria Sole Tognazzi, è (soprattutto?) delle due attrici, tra cui scatta una chemistry non così usuale dalle nostre parti. Buy ripercorre in chiave lesbo i suoi prediletti caratteri di donne nevrotice e indecise a tutto, facendo da perfetto contraltare e elemento d’opposizione alla tosta e decisionista Sabrina Ferilli, assolutamente meravigliosa. Già era lei la parte migliore di La grande bellezza, con quella sua presenza insieme dolente e prepotente, e rivedendola qui ci si chiede come mai il cinema italiano l’abbia tanto trascurata negli ultimi anni, lei che da sola sa prendersi sulle spalle un film. Di una forza tale che quando Federica/Buy la molla per il dentista piacione e però un po’ lesso noi spettatori si sta tutti dalla parte della tradita Marina/Ferilli, sperando che la traditrice si penta e torni al più presto da lei. Che anche come maschio è molto, molto meglio del dentista.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog