Ciao
a tutti, come state? Oggi, la recensione di un gran bel thriller
firmato dall'autore nostrano Danilo Arona. Da leggere, davvero.
Ringraziando l'ufficio stampa della casa editrice, per avermi dato
modo di leggerlo, vi auguro una buona lettura e vi abbraccio. M.Titolo:
Io sono le vociAutore:
Danilo AronaEditore:
Edizioni AnordestNumero
di pagine: 358Prezzo:
€ 12,90Sinossi:
Da sempre in Italia avvengono omicidi inspiegabili che sembrano
trovare una loro magra giustificazione nella ferocia esibita. Dagli
anni Sessanta poi è in atto un'escalation. Prima in una città di
provincia nel nord Italia. Poi a Milano nel decennio successivo con
giovani donne trucidate attraverso modalità di raro sadismo. Sino a
quando ai giorni nostri una giovane e determinata giornalista
investigativa, Cassandra Giordano, non scopre un impensabile filo
rosso che collega delitti tra loro lontani nel tempo e nella
geografia: la visione di certi film, il cosiddetto effetto Copycat,
le voci nel cervello che ti spingono a uccidere emulando gli omicidi
passati sullo schermo in tante famose opere cinematografiche. Ma, una
volta scoperchiato il vaso di Pandora, Cassandra ne diventa vittima,
innestando una nuova e ancora più feroce serie di delitti per
imitazione. Una sequenza sanguinosa che la vede morire, prima vittima
della nuova ondata omicida, sotto il guanto artigliato del
leggendario Uomo Nero di Elm Street, Freddy Krueger. Ma può essere
possibile un crimine del genere nell'Italia contemporanea? Si tratta
di uno o più assassini? Magari una nuova stirpe di psicopatici ben
mimetizzati nella normalità quotidiana? Arianna Giordano, sorella
minore della giornalista, e un coriaceo ispettore di polizia si
lanciano nella più incredibile delle indagini: svelare l'enigma
degli omicidi Copycat, giungendo a smascherare il meno sospettabile
dei serial killer. E Milano si trasforma in un sanguinario set
cinematografico. La recensioneIl
telefono squilla. Una ragazza, bionda e molto carina, corre a
rispondere, lanciando occhiate, di tanto in tanto, ai pop corn sul
fuoco. Il suo ragazzo è in ritardo e, se non sta attenta, come
stuzzichini durante il film, avranno solo pop corn bruciati. Non il
massimo per una serata romantica. Dall'altra parte del filo, una voce
sconosciuta le chiede: Qual è il tuo film horror preferito? La
risposta non è importante. Perché, quella notte stessa, la ragazza
ne diventerà parte. Sarà l'unica protagonista del suo personale
film dell'orrore: la vittima prescelta. Iniziava così un thriller
uscito alla fine degli anni '90 e destinato, nel suo piccolo, a fare
storia: Scream – Chi urla muore. Dirigeva
Wes Craven e la prima vittima del killer dalla maschera bianca,
ispirata al volto deforme e tormentato del protagonista dell'Urlo
di Edvard Munch, era la più
nota del cast, Drew Barrymore. Inaudito, insospettabile, improvviso,
imprevisto. Geniale. In ciò, c'è molto delle atmosfere cupe e dello
spirito dissacratorio del primo thriller che leggo dell'italianissimo
Danilo Arona: scrittore, giornalista, critico cinematografico. Tre
elementi di una stessa biografia che, anziché cozzare tra di loro,
si sposano con studiata e sorprendente perfezione. La letteratura, la
cronaca e il cinema: degni elementi di un thriller coi fiocchi.
Soprattutto, il cinema: fonte d'ispirazione segreta per tutti, ma che
mai come in questo romanzo è celebrato, adorato, citato. Di Scream
– forse, il padre dei teen
thriller di ultima generazione – ha la nerissima ironia di fondo,
l'immancabile storia d'amore costantemente in pericolo, assassini che
si nascondono dietro un curioso e inquietante travestimento,
un'annunciata protagonista che muore nelle prime pagine. La
particolarità dello stile di Arona sta nel fatto che, gran parte
dell'inizio di ogni capitolo, risulta dedicata alla descrizione di un
luogo e di un tempo, lontano o vicino che sia non importa. Dati sul
clima e sul paesaggio, su strade e contrade sperdute. Riprese
dall'alto, ma che poi si stringono, fino a inquadrare piccoli e
macabri dettagli di una scena del delitto. Il romanzo è così, parte
da lontano: comincia negli anni della guerra, con la storia di una
bambina inquieta con la paura dei fulmini; prosegue con il racconto
dell'infanzia di un bambino albino, nato e vissuto tra il disprezzo
muto della madre e lo scherno dei suoi compagni; giunge, poi, al
reale snodo della vicenda. Tacchi a spillo che ticchettano lungo i
corridoi di una prigione, una pista su alcuni omicidi ai danni di
donne, insabbiati nel corso degli Anni di Piombo, un'intervista
esclusiva ad un efferato serial killer di bambini biondi: la svolta
nella carriera dell'avvenente giornalista Cassandra Giordano. La
lunga chiacchierata tra lei e l'individuo ribattezzato dai media Il
proiezionista, sarà paragonata dai suoi fantasiosi colleghi a quella
tra Clarice e Hannibal Lecter in Il silenzio degli
innocenti. Un cult. Strane, le
coincidenze: il cinema è la chiave di sangue che lega le barbare
uccisioni che macchiarono l'Italia settentrionale in passato e quelle
che si verificheranno di lì a poco. Cassandra, come la Barrymore
nella serie con Neve Campbell, sarà colei che tornerà a ispirare
feroci aguzzini rimasti ancora senza nome, membri di un'arcana
congrega chiamata la Stirpe. Morirà a casa sua, con la verità quasi
in pugno e il volto squaciato da lame affilate. La citazione, anche
in questo caso, è lampante e, anche in questo caso, si torna a
parlare di Wes Craven: l'assassino indossava i guanti
dell'indimenticabile Freddie Krueger di Nightmare.Il lettore conosce l'identità degli assassini, l'identità di tutti
gli assassini, mentre la polizia, capitanata da un affascinante
ispettore, continua a sfidarli al loro stesso gioco e a tentare di
cogliere, invano, perfino la più piccola delle citazioni. La più
lapalissiana è sotto i loro stessi occhi: Arianna, la sorella della
giornalista assassinata, somiglia incredibilmente alla defunta
Cassandra. La stessa bellezza nordica, gli stessi occhi chiari, la
stessa tendenza a giocare ai detective:
La donna che visse due volte... Danilo
Arona, con una prosa impeccabile e una maestria da fare invidia ai
più grandi nomi, firma un lungo, originale, sentito e scioccante
inno d'amore a un genere cinematografico che non morirà mai. Il suo
è un thriller che parla di thriller. Un omaggio colto e raffinato
all'arte della paura. Raffinato nella scrittura e nelle intenzioni,
ma meravigliosamente e impressionantemente pulp, per il resto. Lui –
nato ad Alessandria, nel 1950 – ha avuto la fortuna di vivere gli
anni d'oro del giallo made in Italy e
di possedere l'abilità mai scontata di parlare dei cambiamenti che
hanno saputo ripercuotersi su tutto, nel corso degli anni: il cinema
è lo specchio della realtà. Dai grandi classici si passa all'era
dei reboot e dei moderni remake, dagli anni del terrorismo si arriva
ai (soliti) politici corrotti e alla (solita) crisi. Lui c'era quando
Dario Argento era il re incontrastato, quando Lucio Fulci sconvolgeva
le platee, quando i thriller avevano le uccisioni più crude e i
titoli più lunghi, quando il rock dei Goblin faceva gelare il sangue
e ricordare Profondo Rosso e
le streghe cattive di Suspiria. Tutto
ricorda allora. Omicidi che occupano interi capitoli con la loro
“inventiva” e i loro raggelanti dettagli, piogge di acido che
deformano i visi, riflessi mortali come lo è lo sguardo di Medusa,
coltellate sferrata da ogni lato, cadaveri riversi nei loro stessi
umori, urla di donne che ricalcano il terrore antico di quando a
colpire, nella Londra vittoriana, era Jack Lo Squartatore. Io
sono le voci è esattamente quel
tipo di thriller. Fisico, violento, viscerale, non psicologico.
Scritto tra strade da percorrere alla luce rossa dei lampioni e non
tra i labirinti di una mente deviata. Un thriller d'altri tempi, in
cui agiscono indisturbati assassini d'altri tempi, legati tra loro
dalla passione per il cinema e la morte e da un Cineforum
dimenticato. Assassini ormai vecchi, ma lucidissimi. Con una ferocia
inumana che non va mai in pensione, o a dormire. Mai. I numerosi
personaggi sono descritti con la giusta dovizia di particolari,
umani, sì, ma, in parte, volutamente abbozzati come avveniva nei
sanguinosi gialli del passato. Il ritmo è frenetico, il sangue è
copioso, il finale ammicca verso il lettore con un sorriso malato,
sghembo. Distribuito da Edizioni Anordest – una piccola casa
editrice da tenere d'occhio – e firmato da Danilo Arona – uno
scrittore di cui ho ancora tanto da scoprire -, Io sono le
voci è un chicca sublime per
gli amanti di letteratura e cinema. Prendete i pop corn e sedetevi in
poltrona, da soli. Al buio. Sullo schermo è proiettato un tremolante
conto alla rovescia, prima dell'inizio dell'incubo. Se conoscete
L'esorcista, Seven, Candyman, Red Dragon, Il villaggio dei dannati, Il
gatto a nove code e Ti
piace Hitchcock?, il libro che
leggerete – e il film che vedrete – è quello che fa al caso
vostro. Buona visione. And good eveningIl
mio voto: ★★★★ Il
mio consiglio musicale: Goblin - Suspiria
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