Magazine Cultura
Titolo: Io Sono un gatto
Autore: Soseki Natsume
Pagine: 512
Prezzo: 9 euro
Editore: Beat
Trama
Il Novecento è appena iniziato in Giappone, e l’era Meiji sembra avere perfettamente realizzato il suo compito: restituire onore e grandezza al paese facendone una nazione moderna. Il potere feudale dei daimyo è, infatti, un pallido ricordo del passato, così come i giorni della rivolta dei samurai a Satsuma, il tragico canto del cigno degli antichi guerrieri. In questi primi anni del nuovo secolo, l’esercito nipponico contende vittoriosamente alla Russia il dominio nel Continente asiatico.
Per il Nero del vetturino, il gatto grasso che spadroneggia nel cortile del condominio in cui si svolge questo romanzo, i frutti dell’epoca moderna non sono per niente malvagi. Il Nero del vetturino ha, infatti, un pelo lucido e un’aria spavalda e robusta impensabili fino a qualche tempo fa per un felino di così umile condizione.
Per il gatto protagonista di queste pagine, però, le cose non stanno per niente così. Un’oscura follia, anzi, aleggia nell’aria, nel Giappone all’alba del XX secolo.
Il nostro eroe non vive, infatti, a casa di un vetturino ma di un professore che si atteggia a grande studioso e che, a detta di tutti, lo è davvero. Quando torna a casa, il professore si chiude nello studio fino a sera e ne esce raramente. Di tanto in tanto il gatto, a passi felpati, va a sbirciare e puntualmente lo vede dormire: il colorito giallognolo, la pelle spenta, una bava che gli cola sul libro che tiene davanti a sé.
Certo, il luminare a volte non dorme, e allora si cimenta in bizzarre imprese. Compone haiku, scrive prosa inglese infarcita di errori, si esercita maldestramente nel tiro con l’arco, recita canti nō nel gabinetto, tanto che i vicini lo hanno soprannominato il «maestro delle latrine», accoglie esteti con gli occhiali cerchiati d’oro che si dilettano a farsi gioco di tutto e di tutti raccontando ogni genere di panzane, spettegola della vita dissoluta di libertini e debosciati… Insomma, mostra a quale grado di insensatezza può giungere il genere umano in epoca moderna…
Pubblicato per la prima volta nel 1905, Io sono un gatto non è soltanto un romanzo raro, che ha per protagonista un gatto, filosofo e scettico, che osserva distaccato un radicale mutamento epocale. È anche uno dei grandi libri della letteratura mondiale, la prima opera che, come ha scritto Claude Bonnefoy, inaugura il grande romanzo giapponese all’occidentale. Mai tradotto in italiano prima d’ora, il romanzo appare nella stessa collana in cui sono stati pubblicati gli altri due capolavori di Sōseki, Guanciale d’erba e Il cuore delle cose.
La Beat mi porterà alla rovina! Ogni pubblicazione così economica di questa casa editrice mi tenta inesorabilmente: ormai ho una bella collezione dei loro carinissimi libretti. La maggior parte dei libri che compro sono delle pubblicazioni Neri Pozza le quali, per le mie povere tasche, sono troppo costose e che aspetto con impazienza in edizione beat. "Sono un gatto" è stata una piccola scoperta che ho fatto, incuriosita dalla trama.
Il protagonista del romanzo è un gatto senza nome adottato dalla stramba famiglia di un professore che abita nel Giappone dell'inizio del 1900. Il gatto sin da subito mostra una spiccata tendenza alle disquisizioni filosofiche con se stesso e con il lettore e, con il suo sguardo indagatore e critico, racconta la vita in questa famiglia.
Parto dicendo che non ero a conoscenza che questo libro fosse stato pubblicato la prima volta nel 1905 a puntate su una rivista. Incuriosita dallo stile dell'autore ho fatto una piccola ricerca e ho scoperto questa cosa che mi ha portato ad avvicinarmi al romanzo in modo diverso. La letteratura giapponese è già di per sé parecchio particolare per tematiche e scrittura e, andando a leggere un romanzo dell'inizio del secolo scorso, ho cercato di calarmi nel romanzo e di non interrompere la lettura. Dico ciò perché il libro è davvero molto lento, così come la vita di un gatto di casa: non succede nulla nella quotidianità dei diversi protagonisti. Il gatto osserva il suo professore e, commenti filosofici e critici a parte, diventa il narratore onnisciente di quello che accade in casa: un posto molto tranquillo dove i padroni vivono tra di loro e con poche amicizie. A parte la curiosità iniziale, il libro diventa parecchio ripetitivo e ridondante in alcuni punti quindi mi è risultato parecchio difficile da portare a termine. Quello che mi ha spinto a continuare la lettura sono le prime pagine di ogni nuovo capitolo dove si trovano le vere riflessioni del gatto senza nome così pungenti e davvero realistiche. Insomma, ciò che mi ha colpito maggiormente è il modo in cui lo scrittore, seppur per poche pagine, si cala nella mente del gatto per poi lasciare il comando della narrazione al professore e alle sue vicende di poco conto. I personaggi che vengono raccontati risultano eccentrici, e in tutto il libro ci sono davvero pochi sentimenti: tutto score in modo quasi piato e solo le acute osservazioni del gatto vanno ad animare un po' la situazione. Insomma, questo gatto senza nome con delle forti idee legate al mondo degli umani e degli animali è un protagonista davvero assurdo e va sicuramente letto con una chiave di lettura diversa dalla semplice storia raccontata. Assegno tre stelline al romanzo, non perché mi sia particolarmente piaciuto, ma perché è andato a stuzzicare la mia curiosità e la mia vena critica. È una lettura particolare che va capita e contestualizzata.
Lya
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