Ormai vicino ai suoi ottant'anni e ad un numero impressionante di pellicole girate, Woody Allen non ha intenzione di fermarsi e confeziona una nuova commedia ironica e dissacrante pronta a conquistare il grande pubblico.
Serena Catalano Figura mitologica metà umana e metà pellicola, ha sfidato e battuto record mondiali di film visti, anche se il successo non l'ha minimamente rallentata. Divora cortometraggi, mediometraggi, lungometraggi, film sperimentali, documentari, cartoni animati: è arrivata addirittura fino alla fine della proiezione di E La Chiamano Estate. Sogni nel cassetto? Una chiacchierata con Marion Cotillard ed un posto nei Tenenbaum.
Abe Lucas ( Joaquin Phoenix) è un professore di filosofia stimato nel suo ambiente ed estremamente produttivo nei suoi scritti, ma annoiato dalla vita. Dopo aver completamente perso qualsiasi gusto per l'esistenza, cerca il brivido nella roulette russa con una pistola carica solo di un proiettile su sei, anestetizza le sue pene esistenziali con una fiaschetta da whiskey e vive i giorni uno dopo l'altro senza un vero interesse, qualcosa che lo scuota e lo faccia risvegliare. Nemmeno le dissertazioni filosofiche delle sue lezioni lo aiutano: lui stesso le definisce inutili masturbazioni mentali, a meno che non diventino argomento di conversazione con Jill ( Emma Stone) brillante studentessa la cui scintilla tuttavia non sembra bastargli per un vero cambiamento. A farlo sarà invece, ironicamente, proprio la morte: nella volontà di trasformarsi, dopo aver origliato un casuale dialogo, in un maldestro giustiziere alla ricerca dell'omicidio perfetto abbandona lo scotch per lo stalking, ritrova la voglia di vivere con il corpo e l'anima, favorendo le sensazioni e non più la razionalità: la sua parte istintiva abbandona le sue dissertazioni filosofiche, perfino il suo articolo sull'importanza della casualità e della fortuna, l'unico che nei suoi piani non considera e l'unico che, in finale, gli riserverà una piccola sorpresa.
Woody Allen e la capacità di reinventarsi riservando ancora sorprese
La "bulimia artistica" di Woody Allen è cosa nota a tutti: all'età di 80 anni prossimi al compimento ha all'attivo quasi cinquanta pellicole, e nonostante l'età le idee (o meglio, la volontà di stare dietro la macchina da presa) non sembrano ancora scarseggiare. La quantità non è tuttavia sinonimo di qualità, quanto piuttosto di un percorso spesso altalenante in cui si fa fatica a trovare una vera scintilla; d'altronde un film è un po' come una sinfonia, difficile da non far stonare senza trovare un perfetto bilanciamento di ogni singolo componente. Stavolta Woody Allen sembra riuscirci, e regala ad Irrational Man più di una singola scintilla, rendendolo più brillante di molti altri suoi lavori. La pellicola scorre fin dai primi minuti con un ritmo coinvolgente che non annoia mai lo spettatore ma anzi lo coinvolge, grazie soprattutto ad un ottimo montaggio e ad una sceneggiatura che torna ad essere l'elemento più importante. Darius Khondji con la sua fotografia accompagna senza strafare, non si rende eccessivo protagonista - come era stato per Magic in the Moonlight - ma al contrario accompagna la narrazione con i giusti toni, lasciando ad Allen lo spazio di rendersi divertente ma soprattutto dissacrante nel demolire le stesse costruzioni - e costrizioni - mentali che tanto hanno accompagnato gran parte della sua filmografia. Attraverso Abe Lucas sembra quasi fare l'occhiolino a se stesso, prendendosi meno sul serio e divertendosi a dissacrare le sovrastrutture che hanno caratterizzato molti suoi personaggi relegando tutto alla casualità: in una pistola parzialmente caricata, in un numero di una ruota che gira, in un oggetto casuale che batte qualsiasi digressione sulla morale.
Ottime interpretazioni al servizio di una sceneggiatura intelligente
Gli attori seguono la narrazione regalando interpretazioni convincenti: Emma Stone conferma l'impressione avuta in Magic in the Moonlight e di nuovo si adatta benissimo alla macchina da presa di Woody Allen, rendendo il suo personaggio credibile e coinvolgente tanto quanto Joaquin Phoenix; l'attore americano lavora soprattutto con i movimenti, con il corpo - trasformato in maniera evidente in zona ventre da una vita dedita all'alcool e alla sedentarietà - e nei piccoli dettagli, non tradendo l'abitudine ad entrare nei suoi personaggi con tutte le scarpe ed in modo molto passionale. Il suo sguardo e la sua espressività rispondono in maniera interessante alle stimolazioni della sceneggiatura, lasciando scivolare sul suo volto la trasformazione morale del suo personaggio, il cambiamento di prospettiva ed il progressivo abbandono a favore dell'abbraccio di quell'Irrational Man che lo porta a considerare l'impossibile - e che lo rende la scelta ideale per la pellicola.
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