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Recensione: Isolde non c'è più

Creato il 08 novembre 2015 da Miriam Mastrovito @miriammas
Recensione: Isolde non c'è più Titolo: Isolde non c'è più Autrice: Bianca Cataldi Editore: Les Flaneurs Pagine: 88 Prezzo: 10 euro Descrizione: Golvan è un adolescente come tanti, costantemente affamato di verità su di sé e sul mondo che lo circonda. È innamorato da sempre di Gwenn, splendida coetanea con la quale, però, non ha nulla in comune e non riesce neppure a metter su una conversazione di senso compiuto. Totalmente diverso è il rapporto che ha con Isolde, una donna più grande di lui di sei anni che conosce da quando era poco più che un bambino e che ha sempre visto come modello e guida nella vita.
Isolde, occhi verdi e sorriso enigmatico, è la sua migliore amica, la sua confidente e la sua compagna di telefilm. Con lei beve cioccolata calda alla cannella e ascolta musica steso su un tappeto. Quanto è sottile la linea che divide l’amicizia dall’amore?
La scomparsa improvvisa di Isolde farà emergere sensazioni, gioie ed emozioni che la vita quotidiana aveva soffocato e nascosto. Perché l’amore sa sempre come trovare la strada e venire alla luce.
L'autrice: Recensione: Isolde non c'è più Bianca Cataldi è nata nel 1992 a Bari. Laureata in Lettere Moderne, sta attualmente conseguendo la laurea specialistica in Filologia Moderna e il diploma in pianoforte. Lavora come editor e traduttrice freelance. Finalista al Premio Campiello Giovani 2009, ha esordito nel 2011 con il romanzo Il fiume scorre in te, edito senza contributo da Booksprint Edizioni. Il suo secondo romanzo, Waiting room, si è classificato finalista del Premio Villa Torlonia 2012 ed è stato pubblicato nel 2013 da Butterfly Edizioni. È socia ordinaria dell’EWWA, European Writing Women Association,
e del Movimento internazionale Donne e Poesia.
La mia recensione:
L’adolescenza: età di mezzo in cui niente è definitivo e tutto è ancora possibile. Tempo di timori, di speranze e soprattutto dei primi batticuore. È la vera protagonista di Isolde non c’è non più, un racconto che in poche pagine condensa proprio gli stati d’animo e i sentimenti che caratterizzano questa stagione della vita. Voce narrante è Golvan, un sedicenne che, pur essendo un po’ fuori dagli schemi, vive i turbamenti, le paure e le attese tipiche della sua età. Il senso di inadeguatezza, il conflitto con le figure genitoriali, i sogni per il futuro, gli amici, gli amori non corrisposti. Sono queste le tematiche che ricorrono  che si rincorrono fra le righe di quello che potrebbe essere un vero  e proprio diario personale. La trama, sebbene  costituita da poche linee essenziali, ovviamente c’è ma non ha nulla di straordinario, è fondamentalmente il canovaccio di un percorso esistenziale universalmente condiviso; cambiano le sfumature ma le dinamiche sono le stesse per tutti. A renderla speciale è l’abito stilistico che Bianca Cataldi le cuce addosso, insieme alla capacità di trasmettere con efficacia un forte bagaglio emozionale. In effetti più che una storia l’autrice ci racconta delle emozioni in cui tutti possiamo riconoscerci. Introverso, riflessivo, appassionato di letteratura più che di sport, Golvan è il classico ragazzo impopolare, quello che rimane un po’ ai margini e che, più di altri fatica, a sentirsi parte di un gruppo. Il suo amico del cuore, in realtà, non è che il compagno più disponibile sulla piazza, giacché sono così diversi da non avere interessi in comune. Quando è con lui, Golvan si sente solo come se accanto non avesse nessuno. Come ogni adolescente che si rispetti è follemente innamorato. Lei si chiama Gwenn, è bellissima e ovviamente non ricambia. In questo limbo si colloca Isolde, una ragazza più grande di sei anni con la quale scopre invece di avere tanto in comune. È solo amicizia il sentimento che li lega, per ovvie ragioni, almeno questo è ciò che i due ragazzi credono, fino a un certo punto. Sarà l’improvvisa  scomparsa di Isolde, a mettere tutto in discussione e porre Golvan di fronte a una realtà semplice quanto sconcertante:  a volte l’amore è a un tiro di schioppo, ci sembra irraggiungibile solo perché non ce ne accorgiamo. L’intero racconto ci viene proposto come il libro che Golvan sta scrivendo. Quello con cui identifica se stesso è un nome di fantasia, così come lo sono quelli degli altri personaggi. È un po’ come se il protagonista giocasse a guardarsi dall’esterno, a trasformare la sua esistenza, priva di grandi slanci, in una specie di opera letteraria, finendo però per rinunciare a qualsiasi filtro e mettendosi a nudo. Il testo si riversa sulla carta (o sullo schermo) come fosse un flusso di coscienza, replicando la lingua parlata. Leggere il racconto dà proprio  l’impressione di ascoltare il lungo monologo di un adolescente. Un monologo reso in perfetto gergo giovanile in cui però si insinuano, a tratti,  metafore e riflessioni di stampo poetico tali da generare uno stile quasi ibrido, originale e incisivo, tanto da lasciare il segno.
 

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