Jimmy’s Hall, un film di Ken Loach. Con Barry Ward, Simone Kirby, Jim Norton, Asling Franciosi, Aileen Henry.
Nell’Irlanda dei primi anni Trenta Jimmy riapre una balera. Che diventerà il punto di scontro tra le opposte forze politiche e sociali della zona. La Chiesa, i patrioti irlande pro e contro il trattato con la Gran Bretagna, i proprietari terrieri, i contadini e gli operai, il nascento partito filofascista. Film miracolosamente in bilico tra commedia e dramma storico. Meravigliosamente girato. Però senza una scossa, una sorpresa. Voto 6 e mezzo
Ken Loach: negli anni, nei decenni fedele a se stesso, al proprio cinema, anche al suo impegno. Come sempre grandissimo nel ricreare-ricostruire pezzi di reale e di storia, a muovere gli attori cavandone la massima naturalezza, a creare intrecci godibili e involving per meglio colpire l’obiettivo, che è rendere sensibile lo spettatore, il più alto numero possibile di spettatori, a quanto gli sta a cuore. Stavolta ci parla dell’Irlanda dei primi anni Trenta, uscita da anni convulsi. Prima la lotta per l’indipendenza dalla Gran Bretagna, poi il trattato e la tregua. Ne risulta, al momento in cui si svolge Jimmy’s Hall, un paese pacificato ma sotterraneamente teso, diviso tra chi vorrebbe godersi la quiete ritrovata e chi la rigetta coma appeasement verso i britannici. Con gli esuli che son tornati, con la Chiesa padrona delle coscienze che vede molto male l’avanzata di ogni idea laburista o socio-comunista o semplicemente laicizzante, e poi i poveri contro i ricchi latifondisti, e la nascita di un partito che guarda al fascismo italiano e predica la legge e l’ordine praticando le maniere forti. Siamo in un villaggio irlandese, ma è un mirocosmo in cui tutte le forze sono in campo e in gioco, specchio in cui si riflette su scala minima quanto sta succedendo su scala globale, la polarizzazione tra il modello sovietico da una parte, cui molte masse d’Occidente guardano, e dall’altra la paura del comunismo e la scalata di una destra sempre più aggressiva. La radicalizzazione tra filocomunisti e filofascisti che si evidenzierà clamorosamente di lì a non molto nella guerra di Spagna. Ken Loach va dritto al cuore della storia grande, maggiore, raccontandocela però attraverso vite e traiettorie di uomini e donne. Con, in questo film ispirato a personaggi e fatti veri, una bellissima idea di partenza che fa da innesco narrativo, ovvero il restauro e la riapertura di quello che era stato per molto tempo un luogo di festa e ballo per gli strati popolari del zona. A riaprirlo, dopo anni di abbandono, è l’ex gestore Jimmy Gralton, patriota e gauchiste, già attivo nella guerra di indipendenza e poi esule a New York, ora tornato nel nuovo clima, se non di pacificazione, di tregua. Ma quella dance-hall sarà l’inizo di una catena di complicazioni, diventerà il punto di scontro, la linea di frizione tra tutte le forze presenti. Si oppone alla riapertura della balera, che vuol dire anch una timida liberalizzazione dei costumi e delle relazioni tra i sessi, il potentissimo parroco. Tipo duro e tosto, un vero combattente di Santa Madre Chiesa, e chissà come si indigneranno tutti gli anticattolici, anticristiani, laici per niente devoti, atei e ateisti di casa nostra – insomma la nutrita schiera dei nemici della Chiesa – quando vedranno la scena in cui il parroco durante la funzione domenicale elenca uno per uno i nomi di peccatori e peccatrici, coloro che hanno osato metter piede nel luogo del demonio, ovverossia la pur modesta e morigerata pista da ballo di Jimmy. Le pressioni affinché lui chiuda si infittiscono, le minacce pure. Intorno a lui e alla sua hall sarà guerra, e potete immaginare i buoni e i cattivi secondo Loach. Che qui conserva qualcosa dei toni da commedia del suo precedente, bellissimo e assai divertente La parte degli angeli, anche se il Discorso Politico finisce poi con il prevalere. Film di impeccabile confezione, di stratosferico mestiere. Con quella cura britisch che è trasversale ai generi e agli stili di cinema, che si tratti di period movies o di film proletari come questo. Non ci si annoia un attimo. E però anche film prevedibile e saldissimamente inchiavardato su linee di racconto che non concedono né fughe né sorprese. I molti estimatori di Ken Loach non rimaranno delusi, e lui, alla sua età, anni 75, si dimostra ancora fresco, vispo e voglioso di raccontare. Che a momenti, a vedere questo Jimmy’s Hall, con quella lotta a distanza tra Jimmy il laico e il parroco, ci si ritrova a pensare alla saga Peppone-Don Camillo. Ovviamente siamo lontani anni luce dalla bonomia di Guareschi, e però mi piace pensare che Loach qualche Peppone-Don Camillo se lo sia guardato, non gli sia dispiaciuto e magari gli sia tornato in mente nel momento di girare questo film.
Magazine Cinema
Recensione: JIMMY’S HALL. Un decoroso e prevedibile Ken Loach
Creato il 19 dicembre 2014 da LuigilocatelliPossono interessarti anche questi articoli :
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