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Recensione: Joyland, di Stephen King

Creato il 17 giugno 2013 da Mik_94
Nessuna estate dura per sempre  Recensione: Joyland, di Stephen King   Titolo: Joyland Autore: Stephen King Editore: Sperling & Kupfer Numero di pagine: 352 Prezzo: € 19,90 Sinossi: Estate 1973, Heavens Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario squattrinato e con il cuore a pezzi, perché la sua ragazza lo ha tradito. Per dimenticare lei e guadagnare qualche dollaro, decide di accettare il lavoro in un luna park. Arrivato nel parco divertimenti, viene accolto da un colorito quanto bizzarro gruppo di personaggi: dalla stramba vedova Emmalina Shoplaw, che gli affitta una stanza, ai due coetanei Tom ed Erin, studenti in bolletta come lui e ben presto inseparabili amici; dall'ultranovantenne proprietario del parco al burbero responsabile del Castello del Brivido. Ma Dev scopre anche che il luogo nasconde un terribile segreto: nel Castello, infatti, è rimasto il fantasma di una ragazza uccisa macabramente quattro anni prima. E così, mentre si guadagna il magro stipendio intrattenendo i bambini con il suo costume da mascotte, Devin dovrà anche combattere il male che minaccia Heavens Bay. E  difendere la donna della quale nel frattempo si è innamorato.                      La recensione Recensione: Joyland, di Stephen King Ero un verginello di ventun anni, con aspirazioni letterarie. Avevo tre paia di blue jeans, quattro di boxer, un rottame di Ford, sporadiche idee suicide e un cuore spezzato. Che dolce, eh?. Devin, questi sono i ragazzi. Ragazzi, questo è Devin. Un tipo magrolino, insoddisfatto, grigio. Una vita da dipingere su una tela monocromatica, scura e piatta proprio come la sua esistenza. E' sempre stato così: né felice, né triste. Perennemente depresso e annoiato, con una fidanzata che protegge il fiore della sua verginità con le unghie, con i denti e una lunga lista di improbabili bugie e mal di testa e l'ambizione segreta, sin da bambino, di diventare un grande scrittore - pur non avendo mai impugnato una penna per dare concretezza a una storia sfuggente – e, nella camera dell'accogliente pensione di Mrs Shoplaw, un cassetto zeppo di pacchetti di preservativi mai aperti, calzini spaiati, mutande stinte, ma privo di un misterioso doppio fondo in cui è nascosto il tipico manoscritto di cui vergognarsi un po', e un po' andare fieri. Il mio ritratto, praticamente - ragazza stronza e sporadici ed infantili pensieri di morte a parte. 
“Con il passare del tempo, ho scoperto che raramente i gentiluomini trombano. Una massima degna di essere ricamata su una tovaglia da appendere in cucina”. Amen, amico mio: una verità universalmente nota, ormai. Ma ritorniamo alla storia!... All'inizio del romanzo, il protagonista – giovane universitario spiantato e in cerca di un lavoretto per mantenersi: il me dell'anno prossimo, probabilmente – scopre Joyland, un parco divertimenti sulla costa americana; ricco e affollato, in un'estate in cui, ancora una volta, è riuscito a sopravvivere alla concorrenza dei terribili, competitivi e meravigliosi Disney Worlds che stanno fagocitando i parchi più piccoli come se fossero poco più che deliziosi e colorati cupcakes. Gnam...Gnam... e, prendendo baracca e burattini, come si dice, si chiude bottega. Lui lì si scopre felice. E, mentre goffo e sudato, balla attorniato da bimbi adoranti non pensa più alla ragazza che gli ha rotto in due il cuore, ai sacrifici fatti o da fare e al fantasma che si racconta popoli il parco. Viene pagato per regalare gioia alla gente. Nella sua estate più bella – quella del 1973 – ci sono i Doors e i Pink Floyd che cantano in sottofondo, cacce ai fantasmi e falò sul mare, amori e amicizie speciali, strade dai nomi di caramelle e dolciumi, dedali di giostre e ruote panoramiche. Un mondo di nomi in codice e saltimbanchi. Recensione: Joyland, di Stephen KingUn circo di risate, stupore, infanzia, con indovine dall'accento straniero, tanto esotico quanto fasullo, ed animali amichevoli ed esclusivamente di peluche. Enormi mascotte impellicciate in cui, dentro, c'è un pischello sudato, mezzo nudo e in preda a un esaurimento nervoso pressoché imminente. Anziano, il protagonista si guarda alle spalle. Il pensionamento davanti, la morte al passo successivo. Racconta l'estate dei suoi 21 anni con arguzia, nostalgia e la saggezza di chi ha vissuto tanto, a lungo, intensamente. Con gli occhi velati per la commozione, o forse per la cataratta, compara passato e presente: parla delle coppie che nasceranno, di quelle che scoppieranno al primo litiglio, di amici che vivranno una bella vita e di altri che, invece, non raggiungeranno mai una rugosa e soddisfacente vecchiaia, piena di nipoti e rimpianti come la sua. A raccontare il tutto, un autore d'eccezione di cui, immediatamente, salta all'occhio una leggerezza immane, contagiosa, irresistibile, senza peso: Stephen King. Lui scrive con la stessa facilità con cui si respira. Respira per scrivere, scrive per respirare. E' nato per farlo e, dopo una lunga, lunghissima gavetta, ha conquistato scettro e corona, il titolo di re Recensione: Joyland, di Stephen KingRe del brivido, ma che, ancora una volta, sceglie di cimentarsi con qualcosa di diverso dai racconti macabri, cruenti e geniali che l'hanno reso quello che è. Chi non lo ha mai letto ci vedrà solo una storiella estiva di spiriti in cerca di pace e prime volte. Uno Stephen King “da ombrellone”. Io ci ho visto un mondo. Il suo. Un regno d'inchiostro e fantasia che non ha solo case stregate e spauracchi, ma anche viste che mozzano il fiato e lacrime pure, proprio come lo sono i sorrisi e i sospiri che dona. Io, che lo leggo da quando sono piccolissimo, ho visto tra le righe un milione di sfumature. Forse, anche quello che non c'è scritto. Mi è sembrato il racconto di un nonno ad un nipote, pieno di velate bugie e grandi verità proprio come lo è ogni storia riesumata tra i bagagli dei ricordi di un anziano chiacchierone e instancabile. Con la voglia di parlare, di raccontare, di sentirsi – per età – vicino a James Barrie; per energia, a Peter Pan. Una scrittura emozionante ed emozionata lo rendono un testamento morale, la fine di un vecchio ciclo e l'inizio di uno nuovo. 22/11/63 – intenso, audace, coraggioso, capolavoro – era il nuovo. Questo Joyland è un'occhiata lacrimosa e malinconica dalla finestra dell'adolescenza, forse l'ultima prima che il treno fischi, vada oltre. Gli anni passano e Stephen, come tutti, sta invecchiando. 
Recensione: Joyland, di Stephen KingIo l'ho letto come un addio a Carrie, Stagioni diverse, La bambina che amava Tom Gordon, agli anni ormai passati e, soprattutto, ai bambini curiosi e impulsivi di quella meraviglia di film che è Stand By Me. E' una festa d'addio. Questo luna park non è costruito sulla casa dello spaventoso e sanguinario It, ma in una landa su cui brilla quasi sempre l'arcobaleno, con il sole e le tempeste di acqua e vento. Nell'america calda, vivace e rockettara del film Adventurland. Ci sono bambini dalle doti magiche, mamme forti e mamme a pezzi, eroi per caso, prime delusioni e primi baci dati in mezzo alla felicità e al casino di un letto sfatto, convogli che fanno tappa in zone d'ombra, dove il mistero e la morte aleggia per sempre. Morte che, insieme all'amore, è analizzata nella complessità delle sue forme. In relazione all'aldilà o all'aldiquà, alle azioni efferate di un folle o agli scherzi di una vita dotata di grottesco e cinico black humor. Il destino segue una simmetria tutta sua: quanto è vero. Mentre leggevo e sottraevo tempo allo studio, proprio come sto facendo adesso, ho ripensato al mio primo giorno di scuola del quarto ginnasio. Nello zaino, avevo il mio ultimo acquisto: Il talismano, un potente fantasy scritto a quattro mani  da King e Peter Straub. Adesso, cinque anni e diverse centinaia di libri dopo, ho accolto gli esami ormai alle porte in compagnia di Joyland. Sempre bello, sempre di King. Sono anni che ci facciamo compagnia. Un secondo padre, uno zio famoso, un amico favoloso anche se ignora ostinatamente e comprensibilmente la mia esistenza, un maestro saggio e un compagnio di letture a cui posso dire solo una cosa: grazie, ancora una volta, per il lungo viaggio fatto insieme. E' stato un onore.  
PS. Mr King, alla lettera per Hogwarts ci ho rinunciato, alla fine. Ma aspetto ancora che lei mi adotti, sotto sotto. So che non è Angelina Jolie – non vedo labbroni rosso lampone in giro e un asilo nido di bambini che portano tutti il cognome del bel Brad Pitt – ma sa, mai dire mai... Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: The Beatles - Come Together

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