Titolo:
L'abito da sposoAutore:
Pierre LemaitreEditore:
Fazi Numero
di pagine: 335Prezzo:
€ 16,50Sinossi:
Chi è veramente Sophie? Sappiamo che ha trentanni ed è la
babysitter di Leo, il figlio di una coppia di ricchi parigini. La
giovane donna sembra non avere una vita privata, si dedica totalmente
al bambino, il resto è un mistero. Ma sappiamo che è ossessionata
da una doppia identità, dimentica cosa ha fatto poche ore prima e
vive in un costante stato di oblio. Una sera la mamma di Leo rientra
tardi e trova Sophie addormentata davanti alla tv, le propone di
restare a dormire e lei accetta. Il mattino dopo la ragazza si
risveglia sola in casa e fa una terribile scoperta: Leo è stato
strangolato nel sonno, proprio accanto a lei. Lo sconcerto è
profondo e la soluzione che le si prospetta è una sola: una fuga
senza meta, via da Parigi, lontano da tutto, per provare a
ricostruirsi una vita. Perché Sophie deve salvare se stessa e agirà
ignara di essere in trappola da sempre, costretta a una corsa folle
come un animale in gabbia. Di chi sia la mano che tiene la vita di
Sophie in pugno e perché sia intenzionata a distruggerle l'esistenza
è la storia di questo romanzo: una discesa negli inferi della mente,
una partita a scacchi dove due protagonisti si sfidano con strategie
impeccabili e dove anche la psicosi più efferata riesce a trovare
una spiegazione, una forma di compassione. La recensioneShock.
Un risveglio shock per la giovane Sophie, un inizio shock per i
lettori. Poche
righe, frasi brevi e sparse sulla pagina tra il tremore e le lacrime,
la sensazione di cadere mentre si dorme. Cadere in un incubo, sempre
più giù. Cadere in un pozzo di disperazione sterminato e
profondissimo. Eppure continua a ripeterselo, Sophie: lei non è
pazza. Ma, ogni giorno, la sua convinzione vacilla. Sono cose
inizialmente trascurabili: non ricorda di aver parcheggiato
l'automobile in un altro isolato, di aver già preso le sue medicine,
di aver ritrovato la borsa di cui aveva denunciato il furto, di aver
spostato gli oggetti nel suo piccolo appartamento... Adesso, non
ricorda di avere ucciso. Tra le sue braccia, il corpicino di Léo, il
bambino di sei anni a cui faceva da baby sitter. Morto. Il
volto bianchissimo, gli occhi senza colore spalancati davanti alla
morte, i lacci degli stivali di Sophie intorno al suo collo, come un
cappio. Lei prende le sue poche cose, ritira i suoi pochi soldi in
banca, prende un anonimo taxi e scappa lontano. Lontano dal senso di
colpa, dalla polizia che la bracca, ma non dalla sua follia. Verso
un'insospettabile verità e una resa dei conti finale senza
esclusione di colpi di scena. Credere alla sua sanità mentale sarà
difficile, per noi e per lei. I morti la seguiranno ad ogni passo,
fino al pericolante trampolino finale teso sull'abisso dell'orrore.
In tanti mi hanno consigliato, negli anni, di leggere Pierre
Lemaitre. Il suo primo romanzo, Alex, mi è stato più volte
descritto come la più sconvolgente e curiosa delle scoperte. Un
thriller con i fiocchi. Purtroppo, Alex non l'ho letto, ma,
anche se con il mio solito ritardo, ho recuperato dalla mia libreria
L'abito da sposo, il suo
secondo romanzo, edito dalla Fazi Editore. Se il primo era bello solo
la metà di questo, allora siamo in una botte di ferro. Il nome
dell'autore non mente. Tradotto alla lettera, il suo cognome
significa “Il maestro”.
Ed è esattamente quello che Lemaitre è: un maestro di stile,
cattiveria e intrecci di parole e filo spinato a dir poco perfetti.
Questo suo romanzo non ha sbavature. E' originale sia dal punto di
vista stilistico, sia dal punto di vista strutturale. Un raffinato
thriller psicologico. Uno splatter sui contorti e imprevedibili
sentimenti umani. A schizzare ovunque e a macchiare di rosso le
pagine, tuttavia, non è il sangue, ma è l'intimità rugginosa dei
singoli protagonisti. Schizzano incubi e voci, la lucidità squarcia
la carne per trovare una strada verso la mente dell'uomo solo. Il
romanzo è suddiviso in quattro parti, e ognuna delle quattro parti è
scritta con un tono differente dal precedente. Ogni parte dà voce e
tremori e personaggi diversi e scandisce la conta di un nascondino
giocato tra le lapidi, nel buio più assoluto, tra i fruscii di un
logoro abito da sposa e la luce rossa di una telecamera che registra
tutto. I ruoli, ogni tanto, si invertono: chi inseguiva fugge, chi
fuggiva insegue. I carnefici diventano vittime. All'inizio, i
capitoli sono brevissimi e malfermi. L'attenzione è focalizzata su
Sophie. La seconda parte, invece, ha i tratti del diario di
un'ossessione: ci sono date, luoghi, ricordi d'infanzia, piani di
vendetta. L'attenzione è sempre focalizzata su Sophie, ma quello non
è il suo diario. Decisamente no. Terza
e quarta non hanno capitoli, non hanno pause, non hanno interruzioni.
Costituiscono la presa di coscienza di Sophie, la fine dei giochi. La
cura al suo profondo malessere. La scrittura dell'autore è semplice,
ma fa della lettura di L'abito da sposo un
territorio scomodo e inospitale. Come la protagonista, per qualche
giorno, anche il lettore deve dire addio al suo modo familiare,
razionale, confortante di vedere il mondo. Molte cose sono intricate
e nebbiose; molti passi fanno venire il mal di testa e le vertigini,
altri il disgusto verso il sadismo umano. Il romanzo ha effetti sul
corpo e sulla mente, quasi. Rischia di farti diventare pazzo, se non
lo tiri giù tutto d'un fiato. Di piantartisi in gola e di
avvelenarti il sangue, se – insieme a Sophie – non riesci a dare
un calcio poderoso al buio e una coltellata alla paura. In copertina,
una donna dal volto sconvolto urla, con la bocca ridotta a una
voragine scura: ricorda Janet Leigh in Psyco. Ricorda
l'insuperabile e insuperato Hitchcock. Gli
autori americani non sempre si sono dimostrati in grado di ricalcarne
i passi, di ritornale al giallo per eccellenza. Quelli europei,
invece, sembrano aver imparato la lezione direttamente dai più
grandi. L'abito da sposo è
un romanzo destabilizzante e beffardo, politicamente scorretto e
sottile. Irrompe in casa tua, spia i tuoi movimenti, ti fa dubitare
della tua razionalità, ti rovina la vita e ti violenta la mente. Ti
dà il tormento, non ti fa dormire. Macabro, ha il cinico senso
dell'umorismo dei medici legali. Un'ironia che fa sorridere, anche se
sembra profondamente malato farlo. E' bello, è lucido, è
cattivissimo. E la tentazione di rovinarvi il finale per avere
qualcuno con cui parlarne, per la prima volta, è violenta. Posso
consigliarvi solo sinceramente e spassionatamente di leggerlo: tra
Bed Time, La sconosciuta eFollia
Profonda, il romanzo di Pierre
Lemaitre è nero senza fondo. Una commedia nera, una tragedia nera.
Un infallibile colpo da maestro.
Il
mio voto: ★★★★ Il
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