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Recensione: L'abito da sposo, di Pierre Lemaitre

Creato il 09 agosto 2013 da Mik_94
Recensione: L'abito da sposo, di Pierre Lemaitre Titolo: L'abito da sposo Autore: Pierre Lemaitre Editore: Fazi Numero di pagine: 335 Prezzo: € 16,50 Sinossi: Chi è veramente Sophie? Sappiamo che ha trentanni ed è la babysitter di Leo, il figlio di una coppia di ricchi parigini. La giovane donna sembra non avere una vita privata, si dedica totalmente al bambino, il resto è un mistero. Ma sappiamo che è ossessionata da una doppia identità, dimentica cosa ha fatto poche ore prima e vive in un costante stato di oblio. Una sera la mamma di Leo rientra tardi e trova Sophie addormentata davanti alla tv, le propone di restare a dormire e lei accetta. Il mattino dopo la ragazza si risveglia sola in casa e fa una terribile scoperta: Leo è stato strangolato nel sonno, proprio accanto a lei. Lo sconcerto è profondo e la soluzione che le si prospetta è una sola: una fuga senza meta, via da Parigi, lontano da tutto, per provare a ricostruirsi una vita. Perché Sophie deve salvare se stessa e agirà ignara di essere in trappola da sempre, costretta a una corsa folle come un animale in gabbia. Di chi sia la mano che tiene la vita di Sophie in pugno e perché sia intenzionata a distruggerle l'esistenza è la storia di questo romanzo: una discesa negli inferi della mente, una partita a scacchi dove due protagonisti si sfidano con strategie impeccabili e dove anche la psicosi più efferata riesce a trovare una spiegazione, una forma di compassione.                                    La recensione Recensione: L'abito da sposo, di Pierre Lemaitre Shock. Un risveglio shock per la giovane Sophie, un inizio shock per i lettori. Poche righe, frasi brevi e sparse sulla pagina tra il tremore e le lacrime, la sensazione di cadere mentre si dorme. Cadere in un incubo, sempre più giù. Cadere in un pozzo di disperazione sterminato e profondissimo. Eppure continua a ripeterselo, Sophie: lei non è pazza. Ma, ogni giorno, la sua convinzione vacilla. Sono cose inizialmente trascurabili: non ricorda di aver parcheggiato l'automobile in un altro isolato, di aver già preso le sue medicine, di aver ritrovato la borsa di cui aveva denunciato il furto, di aver spostato gli oggetti nel suo piccolo appartamento... Adesso, non ricorda di avere ucciso. Tra le sue braccia, il corpicino di Léo, il bambino di sei anni a cui faceva da baby sitter. Morto. Il volto bianchissimo, gli occhi senza colore spalancati davanti alla morte, i lacci degli stivali di Sophie intorno al suo collo, come un cappio. Lei prende le sue poche cose, ritira i suoi pochi soldi in banca, prende un anonimo taxi e scappa lontano. Lontano dal senso di colpa, dalla polizia che la bracca, ma non dalla sua follia. Verso un'insospettabile verità e una resa dei conti finale senza esclusione di colpi di scena. Credere alla sua sanità mentale sarà difficile, per noi e per lei. I morti la seguiranno ad ogni passo, fino al pericolante trampolino finale teso sull'abisso dell'orrore. In tanti mi hanno consigliato, negli anni, di leggere Pierre Lemaitre. Il suo primo romanzo, Alex, mi è stato più volte descritto come la più sconvolgente e curiosa delle scoperte. Un thriller con i fiocchi. Purtroppo, Alex non l'ho letto, ma, anche se con il mio solito ritardo, ho recuperato dalla mia libreria L'abito da sposo, il suo secondo romanzo, edito dalla Fazi Editore. Se il primo era bello solo la metà di questo, allora siamo in una botte di ferro. Il nome dell'autore non mente. Tradotto alla lettera, il suo cognome significa “Il maestro”. Ed è esattamente quello che Lemaitre è: un maestro di stile, cattiveria e intrecci di parole e filo spinato a dir poco perfetti. Questo suo romanzo non ha sbavature. E' originale sia dal punto di vista stilistico, sia dal punto di vista strutturale. Un raffinato thriller psicologico. Uno splatter sui contorti e imprevedibili sentimenti umani. A schizzare ovunque e a macchiare di rosso le pagine, tuttavia, non è il sangue, ma è l'intimità rugginosa dei singoli protagonisti. Schizzano incubi e voci, la lucidità squarcia la carne per trovare una strada verso la mente dell'uomo solo. Il romanzo è suddiviso in quattro parti, e ognuna delle quattro parti è scritta con un tono differente dal precedente. Ogni parte dà voce e tremori e personaggi diversi e scandisce la conta di un nascondino giocato tra le lapidi, nel buio più assoluto, tra i fruscii di un logoro abito da sposa e la luce rossa di una telecamera che registra tutto. I ruoli, ogni tanto, si invertono: chi inseguiva fugge, chi fuggiva insegue. I carnefici diventano vittime. All'inizio, i capitoli sono brevissimi e malfermi. L'attenzione è focalizzata su Sophie. La seconda parte, invece, ha i tratti del diario di un'ossessione: ci sono date, luoghi, ricordi d'infanzia, piani di vendetta.  Recensione: L'abito da sposo, di Pierre LemaitreL'attenzione è sempre focalizzata su Sophie, ma quello non è il suo diario. Decisamente no. Terza e quarta non hanno capitoli, non hanno pause, non hanno interruzioni. Costituiscono la presa di coscienza di Sophie, la fine dei giochi. La cura al suo profondo malessere. La scrittura dell'autore è semplice, ma fa della lettura di L'abito da sposo un territorio scomodo e inospitale. Come la protagonista, per qualche giorno, anche il lettore deve dire addio al suo modo familiare, razionale, confortante di vedere il mondo. Molte cose sono intricate e nebbiose; molti passi fanno venire il mal di testa e le vertigini, altri il disgusto verso il sadismo umano. Il romanzo ha effetti sul corpo e sulla mente, quasi. Rischia di farti diventare pazzo, se non lo tiri giù tutto d'un fiato. Di piantartisi in gola e di avvelenarti il sangue, se – insieme a Sophie – non riesci a dare un calcio poderoso al buio e una coltellata alla paura. In copertina, una donna dal volto sconvolto urla, con la bocca ridotta a una voragine scura: ricorda Janet Leigh in Psyco. Ricorda l'insuperabile e insuperato Hitchcock. Gli autori americani non sempre si sono dimostrati in grado di ricalcarne i passi, di ritornale al giallo per eccellenza. Quelli europei, invece, sembrano aver imparato la lezione direttamente dai più grandi. L'abito da sposo è un romanzo destabilizzante e beffardo, politicamente scorretto e sottile. Irrompe in casa tua, spia i tuoi movimenti, ti fa dubitare della tua razionalità, ti rovina la vita e ti violenta la mente. Ti dà il tormento, non ti fa dormire. Macabro, ha il cinico senso dell'umorismo dei medici legali. Un'ironia che fa sorridere, anche se sembra profondamente malato farlo. E' bello, è lucido, è cattivissimo. E la tentazione di rovinarvi il finale per avere qualcuno con cui parlarne, per la prima volta, è violenta. Posso consigliarvi solo sinceramente e spassionatamente di leggerlo: tra Bed Time, La sconosciuta eFollia Profonda, il romanzo di Pierre Lemaitre è nero senza fondo. Una commedia nera, una tragedia nera. Un infallibile colpo da maestro. Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: Placebo - Protège moi 

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