di Valérie Tong Cuong |sito ufficiale| |TW| |FB|
Casa editrice: Salani
Pagine: 224
Data di uscita: 23 Gennaio 2014
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Voto:
Sinossi
Ci sono momenti, nella vita di una persona, in cui ti sembra che nulla vada come deve andare. Eppure anche in questi momenti rimane, sottile come un velo, un’insopprimibile voglia di felicità, la sensazione di avere comunque il diritto a una porzione di serenità, la speranza lieve ma tenace di trovare, là fuori, qualcuno che possa aiutarti. Così accade anche ai protagonisti di questo romanzo, due donne e un uomo in crisi, ai quali un incontro fortuito sembra aprire uno squarcio nel buio… È vero, la salvezza può arrivare nelle maniere e dalle persone più impensate, e il confronto con i propri fantasmi e con lo spregiudicato Jean, che aiuta le persone in crisi nel suo Atelier dei miracoli, potrà aiutare Mariette, Millie e Mike a risollevarsi. Ma quanto si mescolano, nella vita reale, il Bene e il Male? Dov’è il confine? Chi non ha mai incontrato una persona che ci aiuta ma, al tempo stesso, ci manipola?Un romanzo sulla complessità dei rapporti umani, sull’altruismo disinteressato, ma anche su ciò che ciascuno di noi possiede, e che appare quando la nostra vita prende una direzione inaspettata.
Nota: di questo libro ne avevamo già parlato nell'articolo "Anteprima: L'Atelier dei miracoli di Valérie Tong Cuong"
La mia opinione
L'atelier dei miracoli di Valérie Tong Cuong è un romanzo corale narrato in prima persona da tre protagonisti con cui è facile identificarsi. Si tratta di persone comuni la cui vita è ormai giunta al punto di non ritorno, personaggi caratterizzati in maniera impeccabile, grazie ad una narrazione capace di adattarsi al singolo io narrante.La prima a presentarsi è Millie, giovane segretaria interinale in fuga dal passato. Un'esistenza vissuta passivamente quella di Millie, muovendosi silenziosamente e senza lasciare traccia, invisibile agli occhi altrui quasi fosse un fantasma. I suoi sforzi in ambito lavorativo non vengono riconosciuti, la sua presenza ignorata da superiori e colleghi (l'unico invito a cena è stato un errore). Mille si trascina silenziosamente verso casa, passa davanti ad una palazzina senza notare il senzatetto che dorme a terra e crolla sul divano letto, ancora vestita e truccata.
Mike (o meglio, il Signor Mike) ha combattuto in Afghanistan, ma una volta tornato in patria ha preferito restarci, dimenticando gli orrori della guerra. Mike sperava nella comprensione, eppure la sua ragazza amava esibire il suo soldato come fosse un soprammobile di valore, l'unica cosa che importasse davvero nel loro rapporto. Mike è stato lasciato dalla propria donna, finendo per strada tra mille anonimi senzatetto, costretto a vivere di espedienti (mentre l'alcool lo divora lentamente).
Mariette è una professoressa di storia e geografia, sposata con un politico narcisista ed egoista, il quale non si lascia sfuggire nessuna occasione per schernire e deridere la propria consorte. A peggiorare la situazione, una crisi sul lavoro ed il cosiddetto burnout. Dopo anni ed anni di sopportazione, Mariette perde il controllo ed aggredisce un suo alunno, il famigerato Zébranski.
A questo punto dell'esistenza sorge spontanea una domanda: è possibile riprendere in mano le redini della propria vita? è possibile cambiare vita?
La risposta non tarda ad arrivare nei panni di Jean, proprietario dell'atelier dei miracoli. Jean spalanca le porte del suo atelier, raccoglie i cocci dell'esistenza di Millie, Mike e Mariette provocando in loro il senso di consapevolezza di cui mancano.
Diciamo che il senso del romanzo è esplicato alla perfezione dallo stesso Jean:
La verità è che molto spesso il dolore isola e se certi hanno la fortuna di essere aiutati senza riserve, molti sono coloro che una volta a terra sono incompresi, rifiutati o tenuti a distanza anche dai loro cari. E' allora che cadono nella spirale dell'emarginazione, del ripiegamento su se stessi, della disperazione. E' allora che bisogna combattere per riportali alla vita. Prendere la mano di colui che non te la tende, forzare il destino, offrire uno specchio magico che mostri a coloro che sono accecati dalla sofferenza quello che hanno di bello e di grande. A volte bisogna anche modificare la realtà, concedersi delle libertà.Jean è il famoso deus ex machina della situazione, appare all'improvviso e si occupa di "restaurare" chi ha smarrito la via. Purtroppo però, il processo di risanamento non è così semplice, soprattutto per chi si rifiuta di affrontare i propri fantasmi. Cambiare è possibile, in fin dei conti l'atelier è dentro di noi, ma per farlo bisogna volerlo. Jean conduce l'atelier dei miracoli, ma non è lui a compierli: siamo noi stessi.
Avevo la fame giusta, quel gusto di vivere che avevo perso di vista da così tanto tempo. Mi sentivo nuova. Come diceva Jean, non era che una questione di intenzione. Quella non poteva portarmela via.
Conclusioni
Valérie Tong Cuong ha studiato letteratura e scienze politiche.
Dopo otto anni trascorsi nell'ambito della comunicazione,
ha lasciato tutto per dedicarsi alla musica ed alla scrittura.
Ha cantato e scritto testi per una band pop-rock indipendente
chiamata Quark. Il loro primo album è stato selezionato da
El Pais come uno dei migliori album dell'anno.
Non avevo mai letto un romanzo di Valérie Tong Cuong, ho vinto questa copia grazie ad un concorso e ne sono felice perchè mi ha dato modo di conoscere un'autrice formidabile.
L'Atelier dei miracoli è un piccolo gioiellino, un romanzo delizioso, toccante e corredato di insegnamenti che io stessa dovrei tenere bene a mente. Uno su tutti:
E' sempre la stessa cosa, diceva Jean, è la storia del bicchiere mezzo vuoto, la personalità che nasce dalla sofferenza. Gli eventi passati l'hanno resa - giustamente - diffidente, magari anche un po' paranoica: lei, ormai, è fin troppo sospettosa, e a volte attribuisce agli altri intenzioni che non hanno, cerca dappertutto l'errore.
Devo tuttavia segnalare una pecca circa la traduzione del romanzo, effettuata da Riccardo Fedriga. Ho fatto una semplice ricerca tramite Google, scoprendo che il Signor Fedriga è un docente universitario presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna. Tuttavia, mi è capitato di leggere due orrori quali:
- la Piccola non avrà capito perchè
glile ho rivolto a malapena la parola - le bruciature mi hanno abbandonata da quando
hoavevo dodici anni
Dubito si tratti di sviste, soprattutto per quanto riguarda la seconda frase che sento pronunciare sempre più spesso. A mio avviso però, un docente universitario nonchè traduttore potrebbe evitare questo genere di orrori. Purtroppo la nostra lingua sta subendo ogni genere di violenza e si presume che almeno i libri possano insegnare qualcosa. Come riportato dallo stesso Signor Mike: "l'ignoranza fa più danni di una granata senza sicura".