Recensione: L'era della dissonanza

Da Flautodipan @miriammas
Titolo:L'era della dissonanza Autore:Matteo Barbieri  Copertina diKsenja Laginja Editore:Kipple Officina Libraria Pagine:168 Prezzo Cartaceo:15 euro Prezzo Ebook:1,99 Vincitore del Premio Kipple 2013
Descrizione: Dopo il ritrovamento di un uomo in buone condizioni, su un atollo deserto su cui difficilmente si potrebbe vivere, una serie di eventi modificano la vita di alcune persone che vivono a Barrakay. Essi cominciano a prendere sul serio voci complottiste che parlano di un misterioso evento catastrofico avvenuto anni prima, denominato “il segnale”, che ha creato il Vuoto Storico e resettato così l’umanità.
Barrakey è una città controllata dal Nucleo, ma al di fuori di essa esistono delle frontiere, e seguendo autostrade in disuso si possono ancora raggiungere luoghi abbandonati dove vivono uomini allo stato selvaggio, che apparentemente sembrano non aver subito gli effetti del segnale. In quei luoghi la sensazione di stordimento è maggiore, anche se non è possibile capirne la natura e per questo Jean Jacques LeMer - uno dei maggiori ricercatori - mette in relazione tutte quelle persone convocandole segretamente per scoprire la verità.

L'autore: Matteo Barbieri è nato a Reggio Emilia nel 1985. La scrittura lo ha attratto sin da bambino e da allora scrive cose di ogni genere, con la predilezione per il fantastico. Traduttore di testi musicali, appassionato di musica e del web, Matteo ha poche ma qualificate pubblicazioni precedenti: la voracità del lettore che è in lui si riflette sui suoi testi. La recensione di Miriam: Ricominciare a partire da zero: utopia o distopia? Certo, un nuovo inizio potrebbe sancire il ritorno alla purezza delle origini, la liberazione dagli errori del passato ma anche la perdita delle conoscenze e dei progressi raggiunti dal genere umano. L’umanità sopravvissuta al Vuoto Storico è sospesa in una bolla di inconsapevolezza; non sa più da dove viene né dove è diretta, si ritrova semplicemente  a riscrivere l’ABC della propria storia a cominciare da un buco di memoria che, inevitabilmente, coincide con una mancanza di identità. Il vago sentore che tutto sia cominciato con il Segnale è l’unico punto fermo sull’atollo del presente di Barrakay, per il resto ci sono domande a cui nessuno sembra saper rispondere e, sotto la superficie di un nuovo corso che potrebbe anche rivelarsi idilliaco, il sospetto strisciante di un complotto. Ma chi? Chi potrebbe aver cancellato la memoria collettiva con un colpo di spugna? Come e a quale scopo? Mentre il Nucleo indaga sulla natura del Segnale, qualcuno si spinge un passo oltre, giacché gli indizi che in tutta la faccenda ci sia qualcosa di stonato non mancano. Per Ostrom Quinter l’indizio si palesa su una bancarella del mercatino dell’antiquariato, è nei lineamenti di un vecchio busto che, come il naso del Vitangelo Moscarda di pirandelliana memoria, destabilizza il suo osservatore provocandogli una crisi di identità. Non presenta difetti la scultura in questione ma una somiglianza impossibile con Quinter. Il reperto, vecchio di cinquant’anni, riproduce il suo volto in maniera inequivocabile. Per molti il caso potrebbe essere archiviato come bizzarra coincidenza ma, in quella somiglianza Quinter vede qualcosa di più. Forse non è chi crede di essere, i ricordi che ha perso, o che qualcuno gli ha cancellato, potrebbero celare uno scambio di persona. I suoi dubbi si infittiscono, quando su un atollo deserto del Quetzal viene ritrovato un uomo che, come gli altri, non ha memoria ma è sopravvissuto per un lunghissimo lasso di tempo in uno stato di completo isolamento dalla società. Emblematico il fatto che la sua mente, ridotta dal Segnale  a una tabula rasa, ne conservi comunque il nome: Maicol Endelone – quasi che l’identità si ribellasse al tentativo di resettaggio. Quest’ultimo rappresenterà il secondo indizio per Quinter e, nello stesso tempo, un alleato nel suo ostinato percorso di ricerca della verità. Maicol, infatti, propende quanto lui per la teoria del complotto. Superato l’incipit dal sapore onirico, a tratti surreale, il romanzo si sviluppa sulla scia dell’indagine scientifico-filosofica che avrà per protagonisti Quinter ed Endelone ma che, strada facendo, includerà anche altri personaggi come l’enigmatico Jean Jacques LeMer, che sembra essersi avvicinato più di chiunque altro alla verità, e la coppia formata da Mem e Rick, ricercatori finiti al centro di un complotto. L’azione che si dispiega sull’atollo del presente si intreccia con ricordi frammentari sfuggiti al reset del Vuoto Storico e con una fitta raccolta epistolare che documenta le indagini condotte da LeMer prima del suo incontro con gli altri protagonisti. La narrazione, alternando passi dal rigore quasi scientifico a passi visionari, sorregge una trama che mescola suggestioni fantascientifiche alla suspense tipica del racconto poliziesco, riservando un ampissimo margine alla riflessione filosofica che, dal mio punto di vista, rappresenta il vero punto di forza di quest’opera. L’era della dissonanza è, infatti, un romanzo che può essere inscritto, senza tema di smentita, nel filone di quella fantascienza sociale che guarda al futuro rispecchiando il nostro presente. L’epoca fortemente tecnologica in cui stiamo vivendo, in cui sempre più la memoria è affidata ai file, i supporti elettronici sostituiscono l’affidabilità della carta stampata, le stesse relazioni tra gli esseri umani si spingono in un territorio in cui reale e virtuale tendono a confondersi,  non può che rivelare dei punti nevralgici di convergenza con il Vuoto Storico paventato da Barbieri. Un Vuoto che si potrebbe tentare di tenere a distanza, non già rinunciando al progresso, ma preservando appunto la memoria del passato e, magari mantenendo nel presente degli atolli ideali ai quali tornare, ogni tanto, per riappropriarsi delle proprie origini e riaprire il dialogo con la natura. Quella stessa musica che, nel romanzo anticipa l’era della dissonanza, potrebbe allora trasformarsi in un veicolo in grado di ricreare una sintonia tra l’uomo e la sua terra.

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