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Recensione "L'ultimo elfo" di Silvana De Mari

Da Valentinabellettini
Recensione "L'ultimo elfo" di Silvana De Mari (ediz. Salani)
Ultimo uguale solo. Profondità e tenerezza. 
Cinque stelle e lode, una valutazione che do solamente a quelli che rientrano tra i miei libri preferiti.
"L'ultimo elfo" mi ha conquistata sotto tutti i punti di vista: emotivo, morale, sociologico, filosofico, fino allo stile narrativo e la scrittura.
Non c'è niente che manchi in questo libro, è tutto rifinito e studiato nei minimi particolari; com'è mio solito fare ora lo analizzerò a fondo, e qui di materiale ce n'è parecchio!
Per prima cosa, il titolo.
La parola "ultimo" da un tono epico alla vicenda, ma è solo leggendo che pian piano comincia a emergere il vero significato: utlimo uguale solo. La solitudine è il tema principale della vicenda, e non riguarda solo il piccolo elfo che non ha più nessuno al mondo, ma anche un drago anziano che ha perso tutto, anche le memorie del suo stesso nome. Il nucleo della storia è poi dato da un'antica profezia che dice che l'ultimo elfo e l'ultimo drago spezzeranno il cerchio, e il cerchioa cui si riferisce, il male da sconfiggere, non è dato dagli orchi o i troll (che peraltro l'elfo trova belli), ma è dentro se stessi; il cerchio da spezzare è il vuoto della solitudine.
A complicare la faccenda solitudine c'è che l'ultimo elfo Yorsh (meglio chiamarlo col solo diminutivo) è un emarginato appunto perché è un diverso, e per giustificare questa ostilità, gli umani lo considerano un nemico, o meglio, un mostro, capace di piegare le menti al proprio volere, incendiare case, e soprattutto, uccidere. Ma Yorsh in realtà è tutto il contrario: non mangia alcun essere che abbia pensato (quindi niente pesci, capre, polli...) e piuttosto che uccidere un moscerino, il cui solo pensiero lo getta nella disperazione, lo risuscita con amore.
Yorsh è fortemente sensibile e innocuo, e per capirlo bisognerebbe conoscerlo, invece si da più importanza al pensiero comune, che è un altro, quindi da qui si allaccia un altro tema del romanzo: il pregiudizio.
C'è da dire che anche lo stesso Yorsh è condizionato dal pregiudizio, ma questo perché da piccolo è stato educato dalla nonna che gli ha trasmesso l'ingiustificata paura che gli esseri umani mancgino gli elfi (col rosmarino).
Riepilogando: gli umani credono che gli elfi siano mostri; gli elfi sono convinti che sono gli umani ad essere dei mostri. Quando ci sono dilemmi del genere l'unica soluzione sarebbe parlarne, invece si aggiunge un altro particolare: le incomprensioni date dalla lingua e dai modi di dire, nonché dagli usi e dai costumi. Solamente armati di una buona dose di pazienza ci si può sforzare di comprendersi ed è ciò che fa una donna, Sayra, quando incontra il piccolo Yorsh. Ai due si unirà poi un cacciatore, Monser.
Cosa fondamentale, è che il libro è diviso in due parti: "L'ultimo elfo" e "L'ultimo drago"; nella prima parte seguiamo Yorsh bambino, mentre nella seconda lo troviamo da ragazzo. Contrariamente alla sensazione "spaesata" che si può provare nel distacco tra la prima e l'inizio della seconda parte, le due vicende sono strettamente correlate e intrecciate; si tratta semplicemente di un salto temporale che ci pone davanti a risvolti inaspettati.
In questo "Libro secondo" si sviluppa la parte finale della profezia, ossia quella che riguarda "la sposa" (scrivere di più toglierebbe il gusto) e la narrazione per la prima volta si alterna, da Yorsh, a Roby, una bimba orfana, e in più, quando si tratta di Yorsh c'è un altro protagonista: il drago Erbrow (come non fare salti di gioia davanti alla mia creatura preferita?).
Anche a proposito del drago ci sarebbe da dire di più, ma ho deciso di non lasciarmi andare alle anticipazioni quindi passo oltre... non prima di dire, però, che il drago Erbrow ha un ruolo fondamentale, e la sua intera storia (che parte dal "Libro primo") è epica e affascinante: lo adoro!
Un’illustrazione de “L’ultimo elfo” è utilizzata come copertina del saggio “Il drago come realtà”: è il drago Erbrow!
La parte in cui Yorsh è adulto ci presenta nuovi spunti di riflessione, specie sul finire della storia: i princìpi possono cadere di fronte all'istinto di sopravvivenza e al difendere chi si ama; nessuno si libera dal rimorso d'aver ucciso; se qualcuno si sacrifica, è una sua propria scelta, quindi nessun altro ne è responsabile, e bisognerebbe piuttosto aver cura della possibilità che ci è stata offerta grazie al sacrificio altrui. Infine, il senso e l'importanza della vita.
Se tutto questo non fosse abbastanza affascinante, vorrei almeno elencare altri aspetti che mi hanno colpito: Yorsh che legge nella mente, non il pensiero, ma il vissuto delle creature che tocca; le creature con cui interagisce diventano un unico essere con lui e lo attendono prima che sopraggiunga la morte; i poteri magici costano enorme fatica a Yorsh, un eroe vulnerabile; infine, l'importanza della cultura e la cura di Yorsh nel custodire un'antica biblioteca, così come il drago Erbrow ha la necessità d'imparare e/o svagarsi grazie a essa.
Come preannunciato, mi ha conquistato anche la scrittura dell'autrice Silvana De Mari. Tra i suoi lavori avevo letto "Il drago come realtà" e anche in quel caso ero rimasta folgorata, specialmnte dalla sua conoscenza, dato che si trattava di un saggio. Ebbene, in quest'opera la De Mari conferma il suo sapere (m'inchino) e ha uno stile unico, delle capacità narrative da far invidia, o meglio, vorrei essere come lei, quindi devo imparare da lei! In particolare ho notato che scrive paragoni in base al personaggio che li sta formulando (Roby utilizza degli esempi dovuti alla sua esperienza di vita in campagna), poi che il linguaggio di Yorsh da bambino è diverso rispetto a quando cresce, una differenza linguistica che si nota anche nel vecchio drago... poi ho trovato grazioso il ritornello "un cucciolo, un piccolo, uno nato da poco", come del resto tutto il suo stile emana tenerezza e dolcezza; esprime concetti universali e profondi in modo così spaventosamente naturale che è disarmante. Per questo, per ogni pagina in cui ridevo di gusto, ce n'era un'altra in cui piangevo a dirotto.
Questo è un libro che dev'essere letto. Uno di quelli che fano venir voglia di leggere ancora e ancora. Uno di quelli che stimolano il piacere della lettura. Può bastare?http://feeds.feedburner.com/UniversiIncantati

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