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Recensione: La bambina con il basco azzurro

Creato il 06 novembre 2011 da Topolinamarta

Non ho idea di come abbia trovato il tempo per scrivere questa recensione, dopo una settimana sfiancante come quella che sta per concludersi, ma ecco a voi – sempre nell’ambito del progetto – il mio parere sul libro d’esordio di Daniele Nicastro: La bambina con il basco azzurro.

Recensione: La bambina con il basco azzurroTitolo: La bambina con il basco azzurro
Autore: Daniele Nicastro
Genere: fiaba, fantasy
Editore: Runde Taarn
Collana: Fantasy
Pagine: 118
Anno di pubblicazione: 2011
ISBN: 9788861201330
Prezzo: €15,00
Formato: Brossura
Valutazione: Recensione: La bambina con il basco azzurro
Grazie all’autore per avermelo inviato.

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Una bambina recalcitrante, una madre, un broncio che deve essere mantenuto per questioni di principio, un riflesso nello specchio che si muove per conto proprio, un coniglio che scappa da una gabbietta… questi sono gli elementi che danno il via ad un romanzo che lascerà il lettore con il fiato sospeso sino all’ultima riga, quando finalmente si comprenderà il senso di tutto, si potrà dare un’identità ai personaggi originali che popolano questa vicenda, Gary, un passero e un gatto, Buio e il misterioso Autore. Un gioco di specchi, di doppi e di rimandi continui ad un mondo “al di là” e “al di qua”… dove la realtà si confonde con i riflessi e i riflessi negli specchi diventano più reali della realtà stessa. La storia di un percorso, di scelte e di motivazioni che solo il finale saprà svelare completamente.
Adatto ai ragazzi per la sua fluidità e l’immediatezza della narrazione, da consigliare agli adulti per la profondità dei messaggi fra le righe e per l’intensità delle emozioni che suscita. Un romanzo dai molteplici livelli di lettura uscito dalla penna di uno scrittore che pur essendo al suo esordio lascia intravedere un talento non comune. 

Quello che avete appena letto è ciò che si trova sul retro del libro. Per una volta, però, non è il caso di storcere il naso mentre si leggono le ultime due frasi: non che inserire il solito trafiletto auto-celebrativo sia diventata una buona idea da un giorno all’altro, intendiamoci;  però credo che questa volta l’autore se lo meriti in pieno. Ma partiamo dal principio.
Un romanzo formato sottiletta (passatemi il termine) come La bambina con il basco azzurro può facilmente passare inosservato, se affiancato a libri più corposi sullo scaffale di una libreria. Ma lo spessore piuttosto ridotto non deve trarvi in inganno, perché le sue 120 pagine scarse sono pregne di magia, di pensieri, di significati profondi.

Mi spiego meglio: La bambina con il basco azzurro è chiaramente un romanzo rivolto a un pubblico di piccoli – anzi, forse è meglio classificabile tra le fiabe, piuttosto che tra i romanzi -, ma vi prego di non intendere questa considerazione come un giudizio di qualità. Qui, infatti, appare chiara fin da subito la capacità dell’autore di riuscire a sviluppare da una fiaba per bambini, che se presa nuda e cruda è poco meno che banale, un racconto che contiene molto di più, in cui vita e morte, bene e male si scontrano e si rincorrono a vicenda, in cui nulla va dato per scontato, a partire dal lieto fine.
Troviamo una bambina per la quale il broncio è l’unica arma segreta posseduta, che all’inizio vi ricorderà una più conosciuta Alice: troviamo persino un coniglio che scappa, un simpatico gatto e uno specchio che fa degli strani scherzetti; tant’è vero che, dal momento stesso in cui la nostra bambina comincia a notare che gli specchi intorno a lei non seguono il suo riflesso ma si muovono da soli, avrà inizio un salto continuo tra quel che c’è al di qua e al di là dello specchio, in cui niente più dovrà essere dato per scontato.

Come avrete notato, ho scritto solo “all’inizio”, però: questa somiglianza, infatti, se ne va a mano a mano che la storia prosegue, perché l’autore è stato molto bravo nell’arricchire il suo racconto con elementi originali e soprattutto con uno stile – come ho già detto, per una volta sono d’accordo – fluido e coinvolgente.
Quest’ultimo si mantiene tale per tutta la durata della storia, ma lo stesso non si può dire per l’andamento della trama: se nelle scene iniziali la narrazione era trascinante, spensierata e confidenziale – per esempio quando il narratore si rivolge direttamente a chi legge -, ben presto le cose precipitano e la visuale si ribalta, ed è a questo punto che si comincia a capire che La bambina con il basco azzurro non è più soltanto un racconto per bambini. Quel che accade è come uno schiaffo inaspettato: credo che, se l’avessi letto da piccola, in alcuni punti non sarei riuscita a rimanere impassibile. E non ci sono riuscita neanche adesso, perché sebbene alla fine il bene prevalga sul male, da circa metà libro si percepisce un’amarezza disarmante, che sembra proseguire anche oltre il finale.
Dunque, i toni sono freddi e oscuri per gran parte della storia, ma ciò che conta è il messaggio che traspare: nonostante il clima drammatico, la protagonista (che non è detto sia la stessa dall’inizio alla fine…) riesce a trarre a partire dalla sofferenza quel che c’è di bello nella vita.

Parliamo proprio dello stile, che mi ha lasciata davvero soddisfatta.
Daniele Nicastro, non so se volontariamente o meno, è riuscito a scrivere il suo libro in un modo che ho trovato oserei dire universale: è perfetto sia per un bambino delle elementari che ha da poco imparato a leggere, sia per quello che ascolta il racconto della buonanotte, fino all’adolescente che vuole leggere qualcosa che non sia il romanzo assegnato dal prof. di lettere e all’adulto che ricerca una scrittura minuziosa e curata nei dettagli. Simpatici e per niente fastidiosi gli interventi del narratore, che ogni tanto salta su per dire la sua, per esempio spiegando a chi legge uno dei “termini difficili” che si trovano. Peccato per i numerosi refusi, forse dovuti a un editing superficiale, che purtroppo si fanno sentire.
Nel complesso, però, trovo che l’autore possieda talento nello scrivere: il suo stile è al contempo semplice e complesso, e la cura per i particolari è notevole. Davvero ottimo, considerato che ci troviamo davanti a un libro d’esordio, che tuttavia, secondo me, non ha nulla da invidiare a romanzi più datati e soprattutto più corposi di lui:  La bambina con il basco azzurro, infatti, dimostra che non occorre  occupare pagine su pagine di testo per scrivere un racconto così profondo e significativo.

Ora tocca a quello che, a mio parere, è l’aspetto più riuscito del romanzo: i personaggi.
Partiamo naturalmente dalla protagonista, la nostra bambina con il basco azzurro. Anzi, forse dovremmo parlare di due bambine, dato che la bambina in carne e ossa e quella che riflette lo specchio sono molto diverse l’una dall’altra… se si esclude l’orgoglio che caratterizza entrambe.
Ben caratterizzati in particolar modo i quattro animali che compaiono: due conigli, uno che non sta mai fermo ma che funge un po’ da “voce della coscienza” per l’intera storia e uno che capisce sempre cosa deve fare e che risulta terribilmente espressivo, sebbene non parli mai; un passero pasticcione che ne combina di cotte e di crude e un gatto affabile e gentile, nonostante sulle prime apparisse molto sulle sue.
Poi, tra gli umani, troviamo Buio, il personaggio più inquietante di tutti, che in certi momenti sembra addirittura voler uscire dalle pagine, tanto la sua presenza è penetrante. La Dama Bianca, infine, secondo me è la migliore in assoluto: non posso dire più di tanto di lei, dato che gran parte di quel che ci sarebbe da raccontare rovinerebbe la sorpresa a chi ancora deve leggere il libro. Posso dire che è una figura affascinante che si svelerà un poco alla volta, che più di una volta mi ha sorpresa.

Insomma, a mio parere si tratta di un romanzo d’esordio che sicuramente merita molto, toccante e piacevolissimo da leggere sia per grandi che per piccini. Per questi ultimi, però, mi sentirei di consigliare una lettura in compagnia di un adulto, che possa aiutarli a comprendere alcuni passaggi, soprattutto quelli più drammatici. In definitiva, quattro stelline meritatissime.

*    *    *

Era una bimba gracile come un ramoscello fiorito, con calze colorate e
scarpette basse. Tra i capelli, al posto di un fiore, aveva un basco azzurro
di cui era gelosissima e che si toglieva dal capo solo per dormire. 

Quando si hanno undici anni e una cascata di riccioli scuri
che non potranno mai  restare zitti e buoni sotto un piccolo basco,
si finisce per mettere il broncio spesso  e per cose poco im­portanti.

Per questo motivo la bambina guardava con fiero cipiglio il finestrino,
seduta sul lato passeggero della piccola utilitaria di  famiglia.
Il cipiglio è qualcosa che tutti i bambini possiedono e tirano fuori
ogni volta che sono arrabbiati.
È come un’’etichetta che si attacca per dimostrare ai genitori che sanno
quel che desiderano e non c’è nulla  che possa far loro cambiare idea.
Rimane appesa lì, tra la fronte e le sopracciglia, non importa quanto siano
folte. Un cipiglio, un fiero cipiglio. 


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