Sinossi:Per Rachel, infermiera dalla vita regolare e solitaria, il passato è un buco nero dal quale è riuscita a fuggire per miracolo. Quando però incontra Mildred Solomon, anziana paziente senza più speranze di guarigione, d’un tratto qualcosa nel suo subconscio si slaccia, i ricordi rimossi tornano a galla, prendono il sopravvento. Perché Rachel e la Dottoressa Solomon, come la donna vuole essere chiamata, si sono già conosciute tanto tempo fa, quando Rachel non era ancora Rachel, ma solo la bambina numero otto, un’orfana di pochi anni affidata a un istituto nel Lower East Side di Manhattan. Ma chi è veramente la Dottoressa Solomon? La madre surrogata che si prendeva cura degli sfortunati orfani – unico raggio di luce nella tormentata esistenza della piccola Rachel – o una donna fredda e cinica, votata alle proprie ambizioni e pronta a tutto nel nome della scienza? Solo chiamando a raccolta i fantasmi della memoria Rachel potrà trovare le risposte di cui ha bisogno, e diventare finalmente padrona del proprio destino. Kim van Alkemade prende spunto da fatti realmente accaduti per mettere in scena un dramma incalzante sui temi dell’abbandono, del tradimento e del riscatto. Creando, nella figura di Rachel, un’indimenticabile eroina in bilico tra luce e ombra, tra vendetta e perdono.
A CURA DI GIUNIA
Questo romanzo, ispirato ad eventi accaduti realmente, è molto toccante e affronta temi difficili e complessi.La storia prende inizio negli anni ’20 del secolo scorso, in una modesta famiglia newyorkese di origine ebraica. La protagonista è Rachel, una bambina di soli quattro anni dagli enormi occhi neri, sveglia, intelligente, a tratti collerica. La piccola è legata in maniera morbosa al fratello maggiore Sam, l’unico che riesca a calmarla nei suoi attacchi di pianto.Fin qui niente di particolare, ma le disgrazie sono dietro l’angolo e, per una serie di sfortunati eventi, la mamma di Rachel e Sam rimane uccisa in una colluttazione-incidente con il padre, il quale fugge abbandonando vigliaccamente la famiglia.I due fratellini vengono separati e per la piccola Rachel, affidata al brefotrofio ebraico, inizia una serie di abusi e soprusi mascherati da esperimenti in nome del progresso scientifico. I capitoli dedicati agli esperimenti sui piccoli orfani, soprattutto sulla nostra protagonista, sono veramente duri da digerire e mi hanno lasciata piena di rabbia e indignazione. Più di una volta sarei voluta entrare tra le pagine del libro per fare giustizia per la piccola Rachel e prendere per i capelli la sedicente Dottoressa Solomon, che agisce spinta solo dalla sua arida ambizione, infischiandosene completamente degli effetti dannosi subìti dalle sue cavie. Chiunque abbia avuto a che fare con dei bambini, soprattutto nell’età prescolare, sa quanto possono ispirare sentimenti di tenerezza e desiderio di protezione, soprattutto quando ci tendono le loro manine in cerca di amore. Ecco, questi sentimenti sono del tutto estranei alla logica criminale di questa cosiddetta scienziata e dei suoi collaboratori.
All’orfanotrofio, quando un bambino faceva una domanda le capogruppo rispondevano con uno schiaffo......Non ero docile per natura, ma alla lunga avevo imparato ad assecondare gli adulti, a non fare domande, a mangiare tutto quello che avevo nel piatto, ad aprire la bocca durante le ispezioni del dentista, a rimanere in piedi con le braccia alzate come castigo, a spogliarmi per fare la doccia e a tacere al primo schiocco di dita.La mente umana mette spesso in atto delle strategie difensive per proteggere la psiche, perciò ritroviamo Rachel, negli anni ’50, ormai infermiera adulta e affermata, immemore degli anni più bui del suo passato. Questa pace apparente viene scossa quando nell’ospizio dove lavora, viene ricoverata un’anziana, ammalata allo stadio terminale, che pretende di essere chiamata ‘dottoressa’. L’incontro con la Solomon risveglia nella protagonista ricordi sopiti e la induce a ricercare la verità sulle ‘cure’ ricevute al brefotrofio.
...dopotutto eravamo solo orfani, «bambini internati», sacrificabili, vuoti a perdere, numeri in un diagramma. All’improvvisò il ricordo del ricamo sul mio colletto acquistò un senso. Che numero era? Mi tornarono in mente i cerchi che tracciavo con il polpastrello, seguendo i punti della cucitura avanti e indietro, all’infinito. Feci scorrere il dito sulla tabella e trovai il numero 8... ...Ero quella che aveva ricevuto più radiazioni.
Il romanzo si articola in capitoli in cui si svolge la storia della Rachel, bambina dall’infanzia perduta fino alla conquista di una propria indipendenza e lo sbocciare di un tenero amore, alternati a capitoli ambientati nel presente (ovvero gli anni ’50), narrati in prima persona da una Rachel quarantenne, che prende coscienza dei danni subìti in nome del cosiddetto progresso medico e si trova a dover prendere una grave decisione.I temi trattati sono molteplici e tutti importanti e degni di riflessione.Accanto al tema dell’abbandono e dei soprusi subìti dalla protagonista troviamo delle riflessioni sul vivere una sessualità diversa e non convenzionale (per lo meno nell’epoca in cui è ambientata la storia) e ricordi dell’olocausto raccontati da un ospite della casa di riposo. Quindi, la lettura è ricchissima di spunti e si presta a diverse chiavi di lettura, per cui ognuno può trovare la sua.
“Era finita” disse. “Ma mi si posò una mosca sul viso e, senza pensarci, la scacciai. Aprii gli occhi per un secondo e mi apparve l’azzurro più intenso che avessi mai visto. Sopra il campo, le guardie e i forni crematori c’era il cielo, senza una nuvola. Il sole era ormai basso a ovest e la luce non mi abbagliava. Vedevo solo azzurro, nient’altro. Cercai di chiudere gli occhi, mi sembrava immorale provare un tale sentimento in quel luogo. Ma non potevo farci nulla. Ero steso su quel campo dimenticato da Dio, il mio corpo era ridotto a un guscio insignificante, desideravo solo che la morte avesse pietà di me e venisse a prendermi, eppure il mio cuore era pieno di speranza. Quell’azzurro non voleva lasciarmi morire. Due settimane dopo arrivarono a liberarci. (La bambina numero otto)
Questo libro mi ha avvinta moltissimo e, nonostante mi abbia fatto soffrire e indignare, lascia comunque aperta una via alla speranza. È uno di quei libri a cui si continua a pensare anche dopo averlo chiuso. Molto bello e coinvolgente anche lo stile di scrittura e devo dire anche tradotto molto bene. Di sicuro lo porterò nel mio cuore molto a lungo.