Titolo: La casa delle vergini
Autrice: Ami Mckay
Editore: Beat
Edizione originale: Neri Pozza
Pagine: 336
Prezzo: 9 euro
Descrizione:
Nel 1871 tra i lugubri caseggiati della Chrystie Street a New York, i
ragazzi sono inevitabilmente destinati a diventare dei borsaioli, e le
ragazze a vendere fiammiferi e spille, fiori e pannocchie calde, prima
di vendere se stesse. A dodici anni Moth, nata da una chiromante dei
bassifondi e da un uomo scappato di casa quando lei aveva tre anni,
viene venduta a Mrs Wentworth, giunta a Chrystie Street in cerca di
cameriere servizievoli e compiacenti. Moth resta a servizio della donna
finché non incontra un giorno alla Bowery, la zona della città piena di
case vistose e teatri di varietà, Miss Everett, una bruna raffinata e
affascinante, che gestisce una pensione speciale, una casa delle vergini
dove, come recitano i gioiosi annunci della pensione, «creature fatate
sono devote al servizio di Cupido». È il tempo in cui vige il mito della
«cura delle vergini», e gli uomini affetti da deformità o malattie
incurabili sono disposti a pagare parecchio per intrattenersi con
giovani donne, sperando di trarne miracoloso giovamento. Moth viene
accolta nella casa, dove fa la conoscenza della dottoressa Sadie, che le
insegna a cercare di sottrarre il proprio corpo e la propria anima a un
destino forse ineluttabile.
L'autrice:
Ami McKay è nata in Indiana. Il suo romanzo d’esordio, The Birth House, ha ottenuto numerosi riconoscimenti in Canada, tra cui il prestigioso CBA Libris Awards. Con La casa delle vergini ha raggiunto il successo e la notorietà internazionali. Vive in Nova Scotia con il marito e i due figli.
La recensione di Miriam:
Esistono
luoghi “maledetti” dislocati nel mondo, luoghi in cui la vita si riduce a mera
lotta per la sopravvivenza e dai quali sogna di fuggire chi osa sperare in un
futuro migliore.
Chrystie
Street alla fine dell’ottocento era un posto di questi; strada malfamata, ubicata
nei bassifondi di New York, pullulava di borseggiatori, giocatori d’azzardo,
donne di malaffare; gente ridotta alla fame e pronta a tutto pur di accaparrarsi
un pezzo di pane.
Miseria,
sporcizia, delinquenza: queste erano le fondamenta sulle quali chi aveva la sfortuna
di nascere lì doveva edificare il proprio destino. Per le donne, ovviamente,
era tutto più difficile.
La casa delle vergini,
racconta la storia di Moth, nata appunto in Chrystie Street. Abbandonata dal
padre in tenera età, trascorre la sua infanzia con la madre, che per sbarcare
il lunario fa la chiromante, fino a che, all’età di dodici anni, non viene
venduta come cameriera personale a Mrs Wenthworth.
Inizialmente,
la piccola Moth si illude che la mamma abbia agito nel bene di entrambe,
ottenendo una cospicua somma di denaro per sé e garantendo, nel contempo, una
prospettiva più dignitosa alla figlia, che finalmente potrà allontanarsi dall’inferno
in cui è cresciuta.
In
realtà, le sue condizioni di vita non
miglioreranno affatto perché la donna che l’ha comprata si rivelerà perfida.
Ridotta quasi in schiavitù, Moth si
ritroverà segregata in casa, costretta a subire terribili violenze.
La
fuga, di nuovo, rappresenterà l’unica via di salvezza, ma una volta fuori dalla
casa di Mrs Wenthworth, Moth si ritroverà completamente sola in una realtà ostile. A
quel punto non avrà altra scelta che accettare l’offerta di Miss Everett,
pronta ad accoglierla nella sua casa delle vergini: una casa chiusa in cui ragazze
nel fiore degli anni si prostituiscono in cambio di un tetto sulla testa,
abiti, cibo, protezione.
Narrandoci
l’appassionante quanto struggente storia della sua protagonista, Ami Mckay tratteggia
un affresco realistico, della condizione femminile nei bassifondi americani di
fine ottocento. L’intreccio, avventuroso e denso di emozioni, si arricchisce di
riferimenti e note storiche che, pongono il libro al confine fra narrativa e
saggistica. Leggendo si viene coinvolti dalle vicende di Moth e dalla sua
biografia tumultuosa e, nello stesso tempo, ci si ritrova a immagazzinare una
serie di informazioni di carattere storico che ricostruiscono in maniera cruda
quanto veritiera il background dell’epoca.
Con
stile quasi cronachistico, l’autrice traccia un percorso che, per quanto possa
apparire straordinario agli occhi del lettore moderno, accomunava molte giovani
donne in quegli anni. Moth, pur nella sua unicitàe pur preservando il suo status di eroina nel
contesto letterario, rappresenta, infatti, un’intera categoria.
Non
a caso a consegnarci la sua esperienza è la dottoressa Sadie che, in virtù del
suo lavoro ha occasione di osservare e toccare con mano la situazione drammatica
in cui versano le donne appartenenti ai ceti più poveri della società.
Quella
narrata nel romanzo è una storia triste: rispecchia senza filtri una condizione
di degrado assoluto che quasi mai offriva una possibilità di liberazione o
riscatto, tuttavia non rinuncia a una nota di speranza: in fondo a un lungo tunnel di solitudine,
dolore, umiliazione, Moth intravede, infatti, una luce, proprio grazie alla dottoressa Sadie
– una donna fuori dagli schemi, a sua volta, giacché ai tempi le donne medico
non erano viste di buon occhio.
Sarà
dunque l’alleanza fra due donne coraggiose a cambiare, per una volta, il corso
di un destino apparentemente già scritto. Tematica questa che conferisce all’opera
anche una nota di attualità.