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Recensione: La morte del disincanto

Da Ayameazuma

Titolo: La morte del disincanto
Autore: Salvatore Ferraro
Editore: Arduino Sacco
Genere: Narrativa
Pag. 124
Prezzo: 13.90

PRESENTAZIONE DEL LIBRO (DAL SITO DELL’EDITORE)
Troppo semplicistico darsi spiegazioni veloci sul perché non riusciamo ad assomigliare neanche un poco all’idea che abbiamo di noi o all’idea che ci piacerebbe proiettare. Le scuse più comuni sono: l’università, la palestra, gli esami, la/il fidanzata/o, il lavoro. I cliché che s’inseguono, sono: l’impiego di comando, la porno-donna, la macchina veloce. Questi target meritano il nostro tempo ed i nostri sacrifici?

TRAMA
La morte del disincanto è un romanzo diviso in capitoli brevi che traccia la vita di Marco, ragazzo napoletano alla soglia dei trent’anni. Il testo si apre a un mese esatto dal fatidico giro di boa e si conclude il giorno del compleanno del protagonista. Nel mezzo, nevrosi quotidiane, gesti di vita comune, aspettative, sogni, rimpianti e bruschi ritorni alla realtà.
Questo libro infatti è l’esposizione consequenziale di pensieri e gesti quotidiani; racconta il classico percorso di vita di un uomo qualunque con il fantasma della maturità che incombe, un uomo qualunque che come tutti si trova stretto dalla morsa di responsabilità che non vuole prendersi, una maturità che a Marco sembra prima soffocante, poi man mano che la scopre sempre meno, fino a divenire una chimera. Un’infanzia tra sala giochi e consolle, adolescenza che rincorre le prime trasgressioni, e una giovinezza all’insegna di una compagna per la vita e un lavoro più o meno stabile, con la mano calcata sulla scelta di Marco di non cedere alla tentazione del posto da bancario trovatogli dal padre in favore di un impiego come libero professionista in uno studio. Con un occhio sempre aperto sul calcio, che percorre in maniera trasversale tutta la vita di Marco.

GIUDIZIO
Se cercate una lettura innovativa, particolare, un testo che offra trovate scenografiche e fuochi d’artificio, questo libro non fa per voi. Ma chi è alla ricerca di una narrazione scanzonata e a tratti amaramente ironica, chi sente i morsi nostalgici di un’infanzia sviluppatasi nel decennio 80/90, chi vuole rivivere le proprie esperienze e i propri rimpianti, chi è curioso di scoprire un nuovo autore che prova a descrivere, attraverso la satira e le metafore, il proprio incontro con la maturità, ha sicuramente comprato il libro giusto.
Come è facile che accada raccontando una storia così fortemente autoreferenziata, in alcuni tratti sembra che il libro sia stato scritto per lasciar sfogare l’autore più che per soddisfare il lettore. Si lascia prendere un po’ troppo la mano abbandonandosi a considerazioni un po’ noiose. Ci sono classifiche di gradimento ed elenchi poco originali, c’è una punta di banalità che l’autore però cerca di raccontare in modo da renderle interessanti. Ci sono alcune incongruenze, come per esempio quando Marco ci racconta la sua percezione del mese di maggio: prima lo definisce piacevole, calmo, tenue. Qualche pagina dopo diventa caldo, afoso, soffocante.
Nel complesso però i lati positivi pesano di più di quelli negativi: è una lettura senza pretese ma discreta, piacevole e veloce.
La scorrevolezza è favorita dalla brevità dei capitoli, intervallati da flash esterni alla narrazione definite Appunti. Presenta trovate simpatiche e t’immerge in un clima a metà tra il nostalgico e lo speranzoso. Uno dei punti forti del romanzo è sicuramente la brevità dell’arco di tempo raccontato: nonostante ci siano ampie digressioni sul passato e sul futuro, gli episodi portanti si sviluppano nell’arco di un solo mese. Un testo simile difficilmente reggerebbe un numero di pagine più elevato, finirebbe per annoiare.
Un appunto sul finale: il libro sembra troncarsi di netto. Non per il colpo di scena finale, ma per lo stacco tra il penultimo e l’ultimo capitolo. Forse è voluto, forse no, ma resta il fatto che mi ha un po’ spiazzata.
Non è una lettura per tutti, nel senso che non a tutti potrebbe piacere. Il lettore ideale di La morte del disincanto forse è l’immagine riflessa allo specchio del protagonista stesso: maschio medio, trent’anni, una vita né troppo difficile né troppo facile. Credo sia più facile per un simile target immedesimarsi e di conseguenza apprezzarlo.
Nel complesso un discreto romanzo d’esordio, con alcune pecche ma meritevole di essere letto.


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