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Recensione: La quinta onda, di Rick Yancey

Creato il 09 aprile 2014 da Mik_94
Ciao a tutti. La settimana, per me, ha inizio oggi! Dopo un lungo weekend che si è protratto fino a mertedì sera, si ritorna – in treno – all'università. Il mio lunedì è arrivato due giorni dopo, ma il trauma è lo stesso. Vi parlo, oggi, di un romanzo che mi ha sorpreso, dall'inizio alla fine. Mi è piaciuto moltissimo. Forse perché è da tempo che non leggevo un libro per ragazzi scritto come si deve. Forse perché Yancey è parecchio bravo e riesce a far scintille con la più semplice delle storie. Ringraziando Anna e Giovanni – per il romanzo e il kit! Qui la foto – vi auguro una splendida giornata, anche se questa mattina mi ha dato il buongiorno la pioggia. Dovrò dire addio ai pomeriggi in canottiera, sul balcone... La crudeltà non è un tratto della personalità. La crudeltà è un'abitudine. Non ci sono ma. Semmai e. Sono umano e non lo sono. Sono entrambe le cose e nessuna. Sono l'Altro e sono te.
Recensione: La quinta onda, di Rick Yancey Titolo: La quinta onda Autore: Rick Yancey Editore: Mondadori “Chrysalide” Numero di pagine: 520 Prezzo: € 17,00 Sinossi: Di notte, Cassie non può più guardare il cielo stellato con gli stessi occhi di prima; ora sa che "loro" arrivano da lì, da quegli astri luminosi e distanti, e arrivano per distruggere il suo mondo. Cassie è tra gli ultimi superstiti, sola, in fuga da "loro", esseri mandati sulla Terra per sterminare la specie umana: l'unica speranza che le resta è ritrovare Sammy, il fratellino che le è stato strappato dalle braccia. Quando il misterioso Evan Walker si offre di aiutarla, Cassie capisce che deve prendere una decisione: fidarsi o rinunciare alla sua missione, arrendersi o continuare a lottare.                                                  La recensione Recensione: La quinta onda, di Rick Yancey E' un gesto senza speranza. Stupido. Suicida. Ma l'amore è un'arma contro cui non hanno difesa. Sanno come pensate, ma non sanno cosa provate.” Ci devo pensare su. Oppure no. Devo scrivere di getto. Oppure no. Una mente aliena mediterebbe a lungo, probabilmente, prima di fare un altro passo. Mediterebbe, stop. Ma l'umanità sta nell'impulsività. Nel sentire tutto più amplificato. Nelle lotte intellettuali tra o ed o. Sbarello, dunque sono. Cartesio diceva o non diceva una cosa del genere? Mah. Nel dubbio, io sbarello. Con un teschio spolpato nella mano, le paranoie di Amleto e quello che vi pare: fate voi. Ho finito La quinta onda e mi è piaciuto senza riserve. Lo confesso senza riserve. Gli alieni hanno invaso il cielo all'improvviso. Luci verdi vomito, catastrofi, umanità decimata. Solita roba. I mariti hanno sepolto le mogli accanto ai roseti un tempo in fiore, le figlie hanno chiuso gli occhi ai padri. Gli adulti hanno abbandonato i più piccoli. Gli indifesi si sono nascosti come ratti – scattanti, invisibili, schifati lebbrosi. La quinta onda parla di brutte cose, e ha inizio in medias res, con il peggio che è appena iniziato. Parte così, dal nulla, ma non disorienta. E' il romanzo in sé ad avermi disorientato, piuttosto. Mi ha colto che più impreparato non si può. Confesso che, se fosse stato per me, non l'avrei comprato. Invece si era fatta avanti la Mondadori con una sorpresa: avevano un romanzo d'avventura per me. A sorpresa. Con un odio naturale per i romanzi d'avventura e un amore, sempre naturale, per le sorprese, ho atteso che mi arrivasse, in realtà non attendendolo nemmeno un po'. Era sbucato da un voluminoso pacchetto insieme a barrette di cioccolato, bussola, cerotti, pinzette, una tracolla nera. Troppo carina l'idea di abbinare uno sci-fi con un kit di sopravvivenza! Che quello sci-fi non avesse mai attirato particolarmente la mia attenzione, invece, in quel momento, mi era importato a stento. Mi fidavo. Mi concentravo sulla sorpresa, come un bebè di vent'anni che si sente felice e coccolatatissimo. 
Recensione: La quinta onda, di Rick YanceyHo finito Allegiant, della Roth, e sul comodino c'era quest'altro. Mi ci sono attaccato. Letto, occhiali, segnalibro: via. Carino, me lo aspettavo carino. La mattina successiva sarebbe sicuramente stato una valida compagnia in treno. Invece mi è bastato il prologo: breve, cupo, inquietante. Questo Rick Yancey – doveroso ammetterlo – è molto più che un autore da libri carini. E' bravissimo. Ha una maestria che ti confonde e che rende del tutto impossibile mettere a fuoco il suo sesso. Questo non sembra un complimento, vero? Colpa mia. Questo signore qui è un camaleonte. Ha sei anni, sedici, duecento. E' uomo e donna. Ti racconta, all'inizio, la storia di Cassie, un'adolescente che – in una tenda, nel bosco – culla teneramente un orsetto di peluche e un fucile. Te lo racconta lei. Della prima onda, e della seconda, e della terza, e della quarta. Di sua madre che ha iniziato a vomitare sangue, di suo padre che è stato sparato a sangue freddo, di un fratellino che ha scelto di seguire i soldati sul pulmino giallo della scuola. Ma i punti di vista cambiano senza prima avvisare. Senza nessuno che ti indichi, con un nome scritto a stampatello sotto il numero del capitolo, di chi sia la voce che senti. L'autore parla come l'ospite e parla come l'invasore, come il cacciatore e la preda. In prima persona e in terza. Con una narrazione solidissima, spiega il dramma di chi fugge e il dramma di chi è prigioniero di un esercito, di un'arma. Sembra che, accanto a lui, al computer, ci sia un'altra persona, nella peggiore delle ipotesi. Il suo romanzo è scritto a quattro, a sei mani. C'è una lieve malizia nella voce di Cassie, rabbia e vigore in quella di Ben, innocenza a tutti i costi in quella di Sammy. Ha una strana saggezza, Yancey. Stranissima. Illustra le strategie di una guerra di logoramento in cui gli Altri sono parte di noi e in cui scegliere chi faccia più schifo – tra chi è umano e chi non lo è – non è così elementare. Ci racconta di “uno squalo che sognava di essere umano” e di una ragazza che aveva la presuntuosa certezza di essere l'unica persona sulla faccia del creato. Pretesa egoistica, la sua. Yancey fa ricorso alla prima persona in due casi: Cassie, come Cassiopea, e Ben, come Benjamin. Immaginate che il romanzo non abbia una copertina: un volumone scuro senza titolo e senza un autore... Autore o autrice? Davanti ai pensieri bruschi, buffi, svenevolmente romantici dell'esilarante Cassie pensereste a una donna. A una voce che trema di fragilità, sospetto, passione. E' donna, per forza. E magari ha anche sedici anni e scrive fan-fiction di Twilight: le gambe di gelatina quando si tratta di parlare con i ragazzi, la tendenza a dar vita a parallelismi sdolcinatamente poetici tra gli occhi del lui di turno e le stelle del cielo, il desiderio di un amore che fa sognare e dire bleah. Cassie si odia, l'amore si odia. Di certo non si odia Evan Walker: mani grandi e morbide come nuvole, alito che sa di cioccolato, una casa e un cuore vuoti. Ben si è svegliato, invece, con il desiderio di non svegliarsi. Lontano. Pensieri molto emo, una vitalità da zombie. I soldati “cattivi” gli hanno messo un'arma in mano e gli hanno insegnato a sparare. Per proteggere e servire. Al collo, ha un ciondolo a forma di cuore e condivide la stanza con bambini soldato che hanno soprannomi di cibi da asporto, manicaretti, cartoni animati. La sua stanza è una camerata e il suo nuovo nome è Zombie: decisamente calzante. Allora giureresti che a scrivere sia un uomo: atletico, con le spalle larghe e nozioni basilari di football e guerriglia. Io ho amato i protagonisti. Ho creduto a loro e ho creduto in loro. 
Recensione: La quinta onda, di Rick Yancey E, ogni volta che il POV cambiava, avevo un nuovo protagonista preferito. Così, a capitoli alterni. Parlando di loro, gesticolerei senza sosta. Lo so. Riempirei una pagina di cuori per esprimere la delicata dolcezza di una storia d'amore che – sdolcinata, da romanzo e tutto quello che volete... – ha una bellezza a cui non ho saputo resistere. Adotterei – peggio di Angelina e Brad – quello scricciolo tenerissimo di nome Sammy e, come Ben, non dormirei sonni tranquilli senza prima avergli fatto dire le preghiere della buonanotte. Quel Rick Yancey, alla fine, era un uomo con una sensibilità infinita e un talento lampante. Era sceso in campo per mostrare ai comuni mortali come scrivere un degno romanzo young adult e per condividere con il mondo – e Veronica Roth, in primis – l'uso a regola d'arte dei punti di vista alternati. Era tornato da me per farmi ricordare una storia – seppellita chissà dove – che, da bambino, mi aveva fatto impazzire. Io Rick Yancey già lo conoscevo, infatti. Mi aveva fatto ridere a crepapelle con Le straordinarie avventure di Alfred Kropp, quando ero basso e grassottello e avevo bisogno di anti-eroi bassi e grassottelli proprio come il sottoscritto. Mi ha divertito ancora: l'ho riconosciuto, forse, per via del sorriso. In una piccola storia crudele, sanguinosa e assassina, lui sa strappartene a centinaia, come tappi sulle granate. Poche idee, passaggi ipnotici, voci numerose ma perfettamente distinguibili. Risate per schegge conficcate nel sedere, giunoniche guerriere che non sorridono perché magari hanno qualche dente di meno, pensieri - formulati dalla giovane Cassie - che fanno invidia ai romanzi rosa più imbarazzanti. La quinta onda è un kolossal che racconta quello che già sai. Un blockbuster ad alto budget dallo script non a prova di bomba. Anziché mostrare i segni dell'apocalisse e il cielo in fiamme, però, zoomma nelle case, sotto i tetti, sotto le lenzuola e le lamiere delle macchine. E' di un'intensità che non ti aspetti, è di una potenza che fa rumore. Molto introduttivo, poco introduttivo. Non succede granché. Allora è statico? Non per me. Mai. Ho visto i cieli muoversi, pesato corpi di bimbi senza più l'anima, sentito le ossa dei protagonisti allungarsi e crescere in 500 pagine. Sono spuntati dal nulla, come fragole su un cespuglio innaffiato da piogge acide. Come adolescenti in guerra. Bambini abbandonati nel bosco. “Forse non abbiamo occhi? Mani, membra, corpo, sensi, affetti, passioni? Se ci pungete, forse non sanguiniamo? E se ci fate un torto, non ci vendicheremo? Shakespeare. Il mercante di Venezia. A parlare è un membro di una razza disprezzata e oppressa. Come la nostra. Quella umana.” Il mio voto: ★★★★½ Il mio consiglio musicale: 30 Seconds to Mars – This is War



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