La sarta di Dachau racconta la storia di Ada Vaughan, una giovane donna che vive nella Londra del 1939. Ada è una sarta e ha un sogno: vuole aprire il suo atelier e diventare famosa per le sue creazioni. Lavora in una piccola sartoria dove cerca di imparare il più possibile e di rubare i segreti del mestiere. In un giorno di pioggia incontra Stanislaus, un affascinante straniero che le ruba il cuore e, con la promessa di prendersi cura di lei, la porta a Parigi per un viaggio romantico.
Ma la guerra arriva e Ada resta bloccata in Francia sola e spaurita e senza Stanislaus che l'abbandona. Catturata come prigioniera dai soldati nazisti, Ada viene portata al campo di Dachau dove viene scelta come sarta personale della moglie del comandante del campo. Il suo sogno e gli abiti che confeziona sono l'unica cosa che le permette di restare ancorata alla vita e sperare che quell'incubo finisca al più presto...
Prima finta suora in un centro per malati e poi prigioniera nel campo di Dachau, Ada potrà contare solo sulle sue forze per trovare il coraggio di andare avanti e continuare a sperare.Ho letto questo romanzo incuriosita dalla trama e sicura che la storia mi avrebbe emozionata e in parte questo è successo, ma in realtà mi aspettavo una storia un po' diversa, una storia più incentrata sulla Shoah. Invece il romanzo ruota quasi esclusivamente attorno ad Ada che nel corso degli anni, prima e dopo la prigionia, lotta per realizzare i suoi sogni.
Lo stile della Chamberlain scivola via velocissimo, è scorrevole, lineare ma molto elegante. Il ritmo della narrazione è abbastanza sostenuto anche se ci sono parti più lente. Il personaggio di Ada, almeno per quanto mi riguarda, è un personaggio un po' controverso. L'errore commesso in gioventù, quell'errore che poi l'è costato la prigionia e gli anni di sofferenze lontano da casa, era un errore legato appunto alla giovane età e all'inesperienza. Successivamente però, una volta ritornata a casa, Ada ricommette gli stessi errori, sempre spinta dalla voglia di guadagnare abbastanza per aprire il suo atelier e realizzare finalmente quel sogno tanto agognato.
La storia è bella, a tratti anche interessante e ho apprezzato particolarmente l'ultima parte della storia di Ada, quella relativa al processo che subisce accusata di essere una collaborazionista. All'epoca Ada viene condannata perchè ha cucito abiti per i nazisti, viene ingiustamente incolpata semplicemente perché ha cercato di sopravvivere. Questa parte della storia è amarissima, così come il finale, ed è stato un colpo al cuore leggere delle accuse mosse a questa donna, accuse che rivelavano il profondo maschilismo dell'epoca.
Una storia triste che fa luce su un'altra parte della storia legata alla Shoah e al dopoguerra, una storia di donne e sopravvivenza. Buona lettura!
Dicono che in guerra e in amore tutto è lecito. Ma non se sei una donna.