Tutti
hanno paura, Rocco.
Altrimenti non esisterebbe il coraggio.
Titolo:
Le tre notti dell'abbondanza
Autrice: Paola Cereda
Editore:
Piemme
Numero
di pagine: 307
Prezzo:
€ 17,50
Sinossi:
Fosco
è un paese arroccato su uno scoglio a picco sul mare. Per arrivare
alla spiaggia, bisogna avventurarsi lungo una scala di legno e pietra
che nessuno si è mai preso la briga di aggiustare. Perché il mare è
maledetto e gli abitanti non lo possono avvicinare. La Calabria di
Fosco è una terra aspra dove il tempo scorre lento, dove tutti
corrispondono ai propri ruoli e ai propri cognomi e, fin dalla
nascita, hanno il loro posto nel mondo. Le regole, dettate dalla
malavita locale, sono legge per coloro che lì nascono. Per tutti, ma
non per Irene. Irene ha quindici anni e un quaderno arancione sul
quale disegna il quotidiano, così come se lo immagina. La notte, sui
tetti di Fosco, si incontra con Rocco, il figlio di uno sparato, in
uno spazio di complicità e tenerezza che permette di fantasticare un
altro mondo possibile. Durante l’annuale pellegrinaggio alla
Madonna delicata, Irene e Rocco ascoltano una conversazione tra
masculi che cambia per sempre il corso delle loro vite. Le successive
tre notti dell’abbondanza segnano un prima e un poi senza ritorno.
E se è vero che le donne di Fosco nutrono il sistema e spingono i
figli a vendicare, c’è chi prova a cambiare, nella convinzione che
la vita si accetta ma non si subisce. Irene farà la sua scelta. La
vita, per lei, è una pennellata di colore su un muro bianco.
La recensione
Se
c'è una cosa bella quando si fa settembre e, alla prima pioggia, è
già autunno, è l'arrivo in libreria dei romanzi più attesi. Le
giornate si accorciano, in cielo ci sono nuvole in largo anticipo, il
vento soffia via le foglie secche, ma dove le porta?, e aumenta la
voglia di mettersi comodi con un buon libro sulle ginocchia. Nei post
di anteprime, tra titoli importati dall'estero e autori stranieri,
avevo inserito il nome di un'autrice italiana conosciuta l'anno
scorso, di cui, tra la scoperta possedesse una penna personale e
delicata e, nel privato, una simpatia innata, avevo consigliato ai
più la sua fiaba sui generis di immacolate concezioni, piatti
miracolosi, romantici domatori. Questo, nonostante Se chiedi al
vento di restare, per mia stessa
definizione, facesse parte dei pochi romanzi che non so e
probabilmente mai saprò. Inquadrare, dico, ma quello è il bello. Sfuggivano le etichette,
all'epoca, così come sfuggono adesso, davanti a racconti senza tempo
che non sono quello che sembrano e, fino all'ultima pagina, ti
lasciano nell'attesa che un'altra metamorfosi – la definitiva,
chissà - te ne mostri un'altra faccia ancora. Dopo un'agrodolce
parabola da decifrare, con scenari eterei e abbondante salsa Agata a
parte, la brianzola Paola Cereda – perché di lei si parla – ti
prende e ti porta a vivere Le tre notti dell'abbondanza,
nel suo secondo romanzo targato Piemme e nella prima lettura che
quando il postino ha suonato – con i pacchetti pesanti delle case
editrici in mano e un definitivo addio alle sue ferie estive – ho
deciso di intraprendere. C'era una volta un'isola che non c'è in cui
si camminava tutti scalzi e le notizie del Continente tardavano ad
arrivare. Adesso ci sono Fosco – paesello calabrese che fosco lo è di
nome e di fatto – e un'Italia che con la punta del suo immenso
stivale è ormai esperta nello sferrare calci alle speranze. Lì,
nonostante l'oro incandescente del sole, si vive di tristissimi caffè
neri e violenza barbara; lì, nonostane l'azzurro ovunque, è
proibito inseguire le onde. Per arrivare sulla sabbia, una scala che
non porta al mare. Il paese è stato tagliato via dalla spiaggia.
Ancora una volta qualcosa che c'è ma non c'è, le mille
contraddizioni degli uomini, la vita come in una bolla di sapone. Ma
sono gli anni di piombo e di Madonna – quella Delicata e quella
sfrontata di Like a Virgin
- e il romanzo di Paola Cereda parlerà, alla fine, di amori
universali e 'ndrangheta. Dove tutti hanno un ruolo stabilito e un
cognome a definirne il rango, sono più i morti che i vivi – e non
ci si domanda, a un funerale, com'è spirato il defunto, bensì chi
l'ha ammazzato? - e le decisioni
spettano a Totonnu, un signorotto locale che vorrebbe
espandere i suoi traffici sporchi e fare un salto (nel vuoto) di
qualità.
Protagonista è Irene, la nipote del boss, che condivide i
primi turbamenti adolescenziali con le sorelle minori e – sul
tetto della pizzeria di famiglia – confida tutto a Rocco e Lino. Il
primo, orfano di un traditore e suo grande amore; il secondo, fragile figlio unico di Totonnu che – vergogna grande – gioca
a indossare abiti femminili e si domanda dove possa portarlo, un giorno,
la voglia di diventare una celebrità. All'inizio sembra muoversi,
quasi, nei pressi di un romanzo di formazione di Ammaniti o Valentina
D'Urbano – le gioie e i dolori dei ragazzi di periferia, gli amori
impossibili destinati a non realizzarsi, la voglia di scappare
lontanissimo – ma poi Le tre notti dell'abbondanza, che
pure non so e probabilmente mai saprò, ma quello è il bello, si rivelerà ruotare attorno
a un unico evento destinato a diluirsi nel tempo. Cosa è successo nei
giorni successivi all'uccisione del maiale, pratica malauguratamente
anticipata – nell'estate in cui tutto cambiò – dal
capodanno alla bella stagione? La risoluzione del mistero del paese in cui il mondo ruota al contrario, in un romanzo che ha gli stessi colori del taccuino su cui Irene appunta fantasie e
timori. Ma all'asilo, anni prima, tutti i pastelli rosa erano stati sequestati –
come i fusi in La bella addormentata, giacché
sin da bambino Angiolino mostrava interesse per quel che, stando al padre, era cosa di
donna – e così lei disegna persone verdi e soli variopinti. Mondi
arcobaleno in cui tutti sono protagonisti allo stesso modo – i
migliori amici, i genitori malavitosi, le sorelle scostanti – e il
male più profondo può portare al bene al bene più sincero. Qualcosa di simile fa Paola, dunque, con
uno splendido uso del dialetto e toni vagamente favolistici, per una
storia meno surreale, più terrena, ma non per questo sprovvista
della sua tipica magia. Si passa dalla matita all'acquerello. Dai fogli
di carta ai muri di cemento.
Perché la fantasia deve liberarsi. Il
colore trionfare.
Una città vuota, teatro di una strage, può essere terreno fertile per un sogno?
A parlare di anime nere perciò, la gentilezza
di un animo candido.
Il
disegno di un sorriso rasserenato, finalmente, sull'ultima pagina di un quaderno arancione.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Sergio Endrigo – Canzone per te
“La
festa appena cominciata è già finita. Il
cielo non è più con noi.
Il nostro amore era
l'invidia di chi è solo.”