Recensione [libro e film]: I ponti di Madison County, di Robert James Waller
Creato il 15 dicembre 2014 da Mik_94
Non
sono sicuro di averti dentro di me, né di essere dentro di te, e
neppure di possederti. E in ogni caso, non è al possesso che aspiro.
Credo invece che siamo entrambi dentro un altro essere che abbiamo
creato, e che si chiama 'noi'.
Titolo:
I ponti di Madison County
Autore:
Robert James Waller
Editore:
Frassinelli
Numero
di pagine: 173
Prezzo:
€ 9,90
Sinossi:
"I
ponti di Madison County" è la storia di Robert Kincaid,
fotografo di fama, e Francesca Johnson, moglie di un agricoltore.
Kincaid, singolare, quasi mistico viaggiatore dei deserti asiatici,
di fiumi lontani, di antiche città, è un uomo che quasi non
appartiene al suo tempo. Francesca Johnson, un'italiana giunta in
America come sposa di guerra, vive tra le colline dello Iowa
meridionale e, di tanto in tanto, torna col pensiero ai suoi sogni di
ragazza. Nessuno dei due ha mai cercato qualcosa di diverso da ciò
che ha, ma quando Robert, in viaggio per un servizio, entra nel
cortile di lei per chiedere un'informazione, il ritmo delle loro
esistenze si spezza sotto la forza di un'emozione inesprimibile.
L'incontro tra Robert e Francesca diventa rapidamente un legame
profondo e ciò che accade durante pochi giorni di una torrida
estate, presso i vecchi ponti coperti di Madison County, è per
entrambi un'esperienza così intensa da trasfigurare i luoghi
consueti e i gesti quotidiani. I momenti trascorsi insieme diventano
un patrimonio raro e prezioso di sentimenti a cui attingere per il
resto della vita e che sopravviverà a loro stessi.
La recensione
Ho
comprato questo libro su una bancarella. Una vecchia edizione
tascabile, con le pagine un po' ingallide e la copertina ancora
solida. Stava per piovere: dovevo affrettarmi. Perciò l'ho portato
alla cassa – insieme ad altri due romanzi - e ho pagato. Cinque euro in tutto. Alla fiera
che danno nella mia città, ogni primo sabato del mese, tre libri
usati li paghi tanto. Ero indeciso sul terzo, su come
spendere quell'euro rimanente, e con gli occhi ho trovato, in
quella disordinatissima pila, un titolo che mi perseguitava
da qualche tempo. Io e I ponti di Madison County già ci
conoscevamo. In Io che amo solo te, uno dei protagonisti si concedeva un sanissimo pianto solo una volta all'anno. Quando qualche emittente televisiva passava I ponti di Madison County.
La scena di loro due che ballavano in cucina, a lume di candela,
rendeva una fontana singhiozzante quell'omone pugliese pieno di
risentimento, che aveva amato la sua lei – da giovani – come
Eastwood amò la Streep. Ma
puoi adorare una storia e odiare, allo stesso tempo, il modo in cui
ti viene raccontata? Sembra un controsenso, ma è così. Robert James
Waller scrive alquanto male una storia che fa proprio bene. Il suo libro più
famoso ha la dimensione del racconto, più che del romanzo. Eppure le
pagine sono abbastanza. Il problema è
che l'autore si concentra, soprattutto in principio, sui dettagli
sbagliati, dilungandosi sugli aspetti tecnici del lavoro di Robert
Kincaid e sulla descrizione della vita dimessa di Francesca Johnson.
Lo stile è duro, tutto d'un pezzo. Mi piacevano, leggendo, i
dialoghi appassionati; mi piacevano ancora di più le lunghissime
lettere che i personaggi scrivevano e si scrivevano. Semplicemente, non mi piaceva quello che c'era in mezzo. La
prosa spigolosa che univa quei due amanti malinconici. Ho pensato,
per tutta la prima parte, che il romanzo mostrasse più degli anni
che effettivamente aveva. Ho pensato che fosse invecchiato in fretta. Se la prosa sa di vecchio, però, la storia al contrario è una
di quelle piante sempre verdi. Splendida, anche se nessuno – come
in questo caso – se ne cura a dovere. L'autore non ha una voce
riconoscibile, perciò si attacca a quelle degli altri.
E' allora che
il romanzo è bello, con il suo romanticismo senza fronzoli;
con quell'originale ruvidezza al tatto. Non puoi e non vuoi
parlarne comunque male: ha il sapore di un amore di quelli veri, e
chi sei tu per mettere bocca nel vissuto di due che si sono amati, anche se non potevano? Non ci sono scusanti, il
tradimento non si perdona: l'amore tra questo fotografo giramondo e
questa casalinga italiana che un tempo ballava ma adesso non più,
però, è difficile bollarlo così, come amore adulterino. Suonerebbe
sporco. Nell'adulterio c'è il sesso, qui di più. C'è l'anima
gemella che è arrivata in ritardo. Ha perso la strada, con il suo
furgone sgangherato che ha un nome proprio, ma ha imboccato
inconsapevolmente quella giusta. E' una storia di cenere. Guardarsi alle spalle, mentre la polvere si
solleva. Salutarsi con gli occhi. Cercarsi nel traffico. Robert James
Waller, a modo suo, con difetti compresi, coglie l'essenza di una
cosa bruttissima: il rimpianto, che qui – insieme a qualcosa di
indicibilmente felice – è rievocato dai figli di lei, sospesi tra
il dolore e la sorpresa per la carnalità magica di una passata
generazione.
Robert e Francesca sono una coppia matura, strana. Hanno
quasi cinquant'anni, lui anche qualcosa di più. I capelli grigi o
i primi fili bianchi sulle tempie; il corpo che comincia a tradirti;
la sensazione di essere stupidissimi con un sentimento che spetta più
ai giovani che ai vecchi. Lui si definisce l'ultimo cowboy. Ha fatto
la guerra. Lei non conosce il femminismo,
non ancora, ma sente che in quell'ultimo lustro degli anni sessanta
c'è qualcosa nell'aria. A modo suo, Francesca lo anticipa.
Comprandosi un vestito scollato, un profumo costoso; bevendo vino
rosso e danzando nel buio di lucciole e falene. Osando amare chi
voleva amare; fingendosi qualcun'altro – una donna migliore – mentre il marito e i figli erano via. La
storia è rievocata in flashback, e sono i ricordi che parlano. Mi ha
emozionato un mondo la parte di Robert e Francesca anziani. Più
anziani di quanto fossero all'inizio. Perché... perché a una certa
età si è troppo stanchi per soffrire, no? Per arrivare lì, ai
settant'anni, soli in una casa vuota, vuol dire che già si è
sofferto abbastanza.
I ponti di Madison County è una storia
sulle seconde possibilità davanti a cui, per senso del dovere o
paura, scappiamo; un romanticismo con le rughe, che
non rinuncia alle Camel e ai bicchierini di Brandy, ma all'egoismo
sì. Anche se a volte essere egoisti è sano. Se
qualcuno infatti potesse visitare la tomba immaginaria di Francesca Johnson,
un giorno, sulla lapide leggerebbe qualcosa madre
amorevole e moglie fedele. E che altro resta di una donna come
lei? A Waller riconosco il pregio di avercelo custodito e mostrato,
ma soprattutto di aver ispirato un film che non so dirvi quant'è
intenso. I ponti di Madison County che si ricorda non è quello
di carta. Diciannove anni fa diventava un film destinato
ad entrare nella storia del cinema, e a rimanerci. Quello che nel
romanzo è represso, taciuto, qui esplode e fa un male che è
anche bene. C'era un pregiudizio diffuso verso i film sentimentali: c'è. Ma I ponti di Madison County piace
indistinamente, per una regia di classe e due protagonisti che
sono mostri sacri. Alcuni tra i più grandi attori viventi,
Meryl Streep e Clint Eastwood, danno corpo alla passione contagiosa
di Francesca e Robert: lui, ultimo cowboy proprio come il suo personaggio, sta davanti e dietro la macchina da presa, con i suoi occhi di ghiaccio,
una mano ferma e un sorriso che raramente, tra sparatorie e saloon,
si è illuminato così. Vederli recitare è come sedersi sulla riva
di un fiume e guardarlo che scorre lento. Non c'è niente di più naturale.
La loro credibilità fa sembrare elementare quello che è arduo. Lei,
soprattutto, qui candidata ancora una volta all'Oscar, emoziona
fino al pianto. In versione originale recita con un marcato accento
italiano e, anche se nemmeno vent'anni fa era la donna più
affascinante del mondo, con il suo naso aquilino e quel corpo troppo
generoso, quando lui le dice “Sei così bella che avrei voglia
di urlare” senti dentro di te che non è un'esagerazione:
ricorda le grandi attrici italiane, somiglia ad Anna Magnani. I due amanti si
corteggiano e si conoscono. In un passo a due, si amano e arrivano, piano, a
quell'epilogo che fa male al cuore in petto. In sottofondo, il suono
di un sax che piange, mentre canta i loro nomi. Un blues che sa di
malinconia.
Il libro: ★★★ Il film: 7,5
Il
mio consiglio musicale: Sinéad
O'Connor - Nothing Compares 2U
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