Recensione - Livio Macchi e la formula dell'Arcanum

Creato il 25 maggio 2010 da Luca Filippi


Una spy story dal ritmo serrato
Una formula segreta
Gli splendori della Napoli borbonica

Si può uccidere per una ceramica? Se la domanda vi pare assurda o evoca l'immagine di massaie assatanate per accaparrarsi le fragili statuette, non avete letto "La formula dell'Arcanum" (Piemme) dell'autore Livio Macchi, già noto agli amici di blog per "La voce dei turchini".La vicenda de "La formula dell'Arcanum" si propone come ideale sequel del precedente romanzo. Il protagonista è sempre l'orginale Ferrante Chilivesto, qui alle prese con un assassino astuto e quasi trasformista, il sedicente Jacopo Testi. Nell'incipit del libro il misterioso Testi si trova a mercanteggiare con il re Carlo di Borbone in persona per l'acquisto delle celebri porcellane. Il sovrano borbonico e la sua teutonica consorte, la regina Maria Amalia di Sassonia, nutrivano una passione maniacale per la famosa ceramica di Capodimonte, tanto da alloggiare in una parte della Reggia la Real Fabbrica
Ma Testi non si limita ad acquistare statuine di porcellana a prezzi esorbitanti.
ritratto della regina Maria Amalia (Museo del Prado)
Testi è deciso, infatti, a carpire ai napoletani il segreto dell'impasto a pasta tenera a cui si deve l'aspetto indefinito e poetico della produzione partenopea. Per riuscire nella sua impresa commetterà un omicidio e rapirà uno degli addetti alla fabbricazione delle statuette, il decoratore Gricci. Il quale sa disegnare opere superbe ma non è in grado di realizzare alcunché. Il decoratore, infatti, nulla sa della formula della porcellana. La formula dell'Arcanum, appunto.
Chilivesto si muove sulle tracce del criminale, iniziando un lungo viaggio che lo porterà addirittura nella freddissima San Pietroburgo, alla corte dell'eccentrica zarina Elisabetta
Qui, il capitano riuscirà a scovare il rapito e il rapitore, eviterà un incidente internazionale e troverà una persona che credeva ormai persa per sempre, e che gli era rimasta nel cuore.
Insomma, un'affascinante spy story, in cui la suspance è alimentata dalla doviziosa scrittura di Macchi. Il romanzo illumina un'epoca piena di contraddizioni e di eccessi, come la splendida indolenza della corte borbonica. O la bizzarria di quella russa, composta da nobili piovuti dalla campagna. Una corte, quella dei Romanov, che tendeva ad uniformarsi all'etichetta europea attraverso l'imposizione di un rigidissimo protocollo.
Un bel romanzo, sostenuto da una solida ricerca storica, e ravvivato da episodi avventurosi e da una nota di romanticismo.

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