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Recensione: Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate

Creato il 16 dicembre 2014 da Justnewsitpietro

Recensione: Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate
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hobbit_ la battaglia delle cinque armate

Uscita nelle sale: 17 Dicembre 2014

Regia: Peter Jackson

Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Elijah Wood, Evangeline Lilly, Billy Connolly, Cate Blanchett, Hugo Weaving, Christopher Lee, Benedict Cumb

Produzione: Usa

Genere: Fantascienza, Avventura

Durata: 144 min.

Terzo e ultimo capitolo della trilogia tratta dall’omonimo romanzo di J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate inizia con un ritmo senza fronzoli e senza spiegazioni, dando per scontato che si conosca alla perfezione il film precedente, La Desolazione di SmaugBilbo Baggins e i nani di Thorin Scudodiquercia, partiti dalla Contea in compagnia dello stregone Gandalf il Grigio, sono giunti alla Montagna Solitaria, sorvegliata dal drago Smaug, per recuperare il tesoro dei nani che un tempo apparteneva al regno di Erebor.

Smaug, però, in seguito all’ingresso di Bilbo nella sua tana, si è risvegliato, e mentre il giovane hobbit ha rubato l’arkengemma, il drago ha scatenato la propria furia sul villaggio di Pontelagolungo. Grazie alla mira

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di Bard, il cui antenato aveva già scalfito la corazza di Smaug, il drago è sconfitto, ma la vera minaccia viene da un’altra parte, ovvero dall’odio tra le razze, tra i nani, gli elfi e gli uomini, che ora devono accettare di unirsi in battaglia per affrontare l’orda di orchi che Sauron, il Signore Oscuro, ha scatenato su di loro.

Gandalf e Bilbo fungono da intermediari per evitare che si annichiliscano a vicenda, mentre Thorin, vittima della malattia del drago, è diventato avaro ed egoista e brama l’arkengemma più di ogni altra cosa. Supportato dall’Anello del Potere, che dona l’invisibilità, Bilbo riesce a fare da paciere tra il re degli Elfi e Thorin, che intanto è stato raggiunto da altri nani. Si prepara un’altra epica battaglia per la Terra di Mezzo. A vincere non sarà il più forte ma il più saggio.

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Ambientato sessant’anni prima del Signore degli Anelli, Lo Hobbit di Peter Jackson, in tutti e tre i film, non ha fatto altro che rievocare la trilogia precedente: l’incontro di Bilbo con Sméagol/Gollum che aveva permesso allo hobbit di impossessarsi dell’Anello del Potere; la riunione di Saruman, che si alleerà con Sauron, in compagnia di Gandalf e della regina degli Elfi, Galadriel; la presenza di Legolas (assente invece nel romanzo); e infine le battaglie, le guerre tra razze diverse, più che tra armate. Le cinque armate sono gli uomini, gli elfi e i nani, da un lato; dall’altro gli orchi e i mannari.

La guerra era già stata al centro del secondo e del terzo film del Signore degli Anelli, Le due Torri e Il ritorno del Re, che però, essendo delle grandi novità, avevano avuto maggiore efficacia. Ne Lo Hobbit, fin dal primo film, si è avuta la sgradevole sensazione del già visto, di qualcosa che tendeva ad arrancare perché non c’erano idee abbastanza originali per ricavare tre film di oltre due ore l’uno da un romanzo di medie dimensioni.

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Ora il “tesssoro” di Gollum è diventato il tesoro di Thorin. La posta in palio si è alzata notevolmente, almeno a livello quantitativo. Anche Thorin, come Gollum, è vittima dell’avarizia e dell’egoismo, pronto a sacrificare il proprio onore pur di mettere le mani sull’arkengemma.

D’altronde nemmeno Bilbo lo riconosce. Proprio Bilbo, rispetto a Frodo del Signore degli Anelli, è un personaggio meno combattuto e che ha una sola grande dote: la furbizia. Perché è con la furbizia che si salva dalla tana di Gollum ed è con la furbizia che sfugge alle grinfie del drago Smaug, ma è anche un personaggio che non raggiunge la stessa poderosa forza epica del suo predecessore, in realtà suo nipote.

Se la nuova trilogia di Star Wars, uscita a oltre un decennio di distanza dalla prima, poteva contare su una grafica computerizzata avanzata tale da far apparire troppo datati i primi tre film e dava, al contempo, qualche elemento di grande novità al soggetto, ne Lo Hobbit il materiale narrativo è troppo vasto e chi non ha letto i romanzi di Tolkien, già complessi di per sé, si troverà in notevole difficoltà per capire tutti gli elementi sottintesi. In questo caso sono trascorsi solo dieci anni dal Signore degli Anelli, e a parte l’uso del 3D di innovativo non c’è poi molto.

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