Lo spazio bianco è l’angusto luogo in cui è confinata la vita di una donna che lotta contro il tempo per poter tenere in vita la sua bambina e sapere quale sarà il suo destino.
Una donna non più giovane, alle prese con una figlia prematura, di cui dovrà prendersi cura da sola, ma per farlo dovrà imparare a fare l’unica cosa che non è mai riuscita ad accettare, l’attendere.
Il film è carico di angoscia e la lentezza con cui si districano gli avvenimenti ne accresce ulteriormente la sensazione, dando un assaggio di quale possano essere i sentimenti di una madre, costretta ad abbandonare gli impegni di sempre per dedicare la propria vita a sua figlia, senza poter far altro se non aspettare e sperare, una combinazione tanto straziante da far desiderare la fine.
Eppure, solo dietro alla pazienza di una sconfinata attesa, una donna riuscirà a ritrovare la voglia di vivere e la gioia di dedicare tutto ciò che ha alla propria figlia.
Proprio come lo spazio bianco che separa una fine di una frase da un nuovo inizio, il tempo trascorso nel gelido spazio bianco ospedaliero, le sarà d’aiuto per prepararla a ricominciare dopo un tempo infinito carico di tristezza, confortata solo dal calore di altre donne costrette a portare il suo stesso fardello, pertanto le uniche in grado di comprenderla, come lei costrette ad attendere dietro ad un vetro la nascita del proprio figlio o, alle volte, la sua morte.
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