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Recensione – Mankell (su) Mankell

Creato il 01 giugno 2012 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Mankell (su) Mankell, di Kirsten Jacobsen – ed. Marsilio – 2012.

Recensione – Mankell (su) MankellTrama. Frutto di numerosi incontri dell’autrice con Henning Mankell che si sono susseguiti nell’arco di un anno in Svezia e Francia, questo libro racconta l’infanzia dello scrittore svedese in una piccola città nel nord della Svezia, di sua madre assente che ha lasciato il marito e tre figli piccoli, delle donne, l’amore, la paura della morte, la paura di contrarre la malaria o l’aids, l’importanza della natura e della letteratura nella sua vita, e racconta anche la storia delle sue opere e soprattutto la sua visione del mondo. Ne esce un ritratto molto personale di Mankell, l’idealista, il socialista, il calvinista ma più di tutto emerge con forza l’uomo privato che vive con un piede nella neve svedese e con l’altro nella sabbia dell’Africa. Henning Mankell che, tra le altre cose, ha scritto la serie del commissario Kurt Wallander, è tradotto in oltre quaranta lingue e i libri che ha venduto in tutto il mondo messi insieme equivalgono a un migliaio di copie per ogni giorno della sua vita. Mankell (su) Mankell comprende contributi di Eva Bergman, Desmond Tutu, Horst Köhler, Dan Israel e Kenneth Branagh. [dalla seconda di copertina]

Scrittrice. Kirsten Jacobsen , nata nel 1942, è giornalista danese e scrittrice. Ha pubblicato più di dieci biografie, tra le quali una sul regista danese e enfant terrible, Lars von Trier.

Osservazioni speciali di Patrizia – Giudizio 5/5
Mankell (su) Mankell è una biografia che ha il sapore del romanzo, non per il modo in cui è scritta ma per ciò che viene raccontato: è la vita del protagonista di queste pagine intense, avvincenti e coinvolgenti, a poter diventare il degno soggetto di un romanzo di grande impatto. Naturalmente, il suo autore non potrebbe che essere Henning Mankell.
L’incontro tra lo scrittore svedese e la giornalista Kirsten Jacobsen (autrice, tra le varie, della biografia del regista Lars von Trier) è durato un anno. Giorni di confidenze, mai intime, di riflessioni sulla politica, sulla scrittura, sull’Africa, sul teatro, sulla morte e sulla vita, sulle vittorie e sulle sconfitte, senza ombra di vittimismo né di prepotenza: un racconto fatto con determinazione, con grande padronanza della propria forza e consapevolezza dei propri mezzi e del proprio essere.
Si ripercorre in quasi trecentocinquanta pagine la vita letteraria di Mankell e quella pubblica, nonché la vita delle sue opere e dei tanti personaggi e storie che sono usciti dalla sua penna: in primis il più conosciuto e riconosciuto tra tutti, il commissario Kurt Wallander. Pochi, invece, i riferimenti alla sfera privata, centellinati e ponderati, protetta contro ogni intrusione che possa essere invasiva: tanto però, anche su questo tema, emerge dai racconti di Mankell, quanto è essenziale a condurre il lettore sulle tracce di una personalità carismatica e non convenzionale.
Un linguaggio, quello di questa biografia, schietto ed immediato, senza vie di fuga, senza respiro, tipico dello scrittore Mankell: si percepisce nitidamente, infatti, che la narrazione fatta da Mankell alla Jacobsen non è stata rimaneggiata a favore di un libro dall’impronta giornalistica ed impersonale, ma è stata volutamente mantenuta “originale”, come un dialogo (quasi perpetuo) tra lo scrittore ed il suo pubblico.
Una biografia da leggere tutta d’un fiato, che appassiona, fa riflettere, che concede al lettore il privilegio di “avvicinare” ed umanizzare un grande protagonista della cultura internazionale, che già dalle prime battute di questo libro si rivela uomo e non personaggio.
Uomo di lettere, e non di immagini, impaziente, riservato, schietto, a tratti introverso e scontroso, impegnato a lavorare sulla propria irascibilità, ritroso a farsi fotografare, diffidente verso il tempo e verso coloro che non lo sanno programmare e gestire, traccia in questo suggestivo racconto di sé (che ha poco o nulla a che spartire con i canoni di una classica e noiosa intervista) le linee vivide che demarcano il suo passato, il suo presente, i suoi progetti, nonché il rapporto con coloro che con lui condividono amore, passioni, amicizia e contrasti.
Mankell è colui che ha come lettore più importante quel ragazzino adolescente, incontrato in Africa, che dipingendosi le scarpe sui piedi si restituisce e conserva la propria dignità; è colui che racconta di sé paragonandosi al mito di un uccellino dell’Amazzonia; è colui che racchiude in una poesia di Tomas Tranströmer l’essenza della propria infanzia “C’è in mezzo al bosco una radura inattesa, la può trovare solo chi si è perso”; è colui che ha tra i suoi libri preferiti Robinson Crusoe e Il vecchio e il mare e tra i suoi eroi Nelson Mandela ed il Mahatma Gandhi.
La sua carriera di scrittore non-letterato, nè intelluttuale, dura, tra successi indiscussi, da quarant’anni: libri pubblicati in circa quaranta lingue, venduti in centoventi paesi, per un totale di quaranta milioni di copie. Oltre duemila i personaggi che negli anni ha descritto nelle sue pagine.

“Una volta una persona ha calcolato che i libri che avevo venduto ammontavano a mille al giorno a partire dal giorno in cui sono nato. Mi veniva da piangere. Mille libri riempirebbero il mio studio. E dove potrei mettere quaranta milioni di libri? E’ una cifra assolutamente inverosimile. Davanti a una cosa simile non si può fare altro che piangere, Dà un’idea di quale incomprensibile favola sia diventata la mia vita.”

Dopo molteplici opere, per il teatro e non, e racconti, il suo romanzo d’esordio è del 1972 (L’uomo che faceva esplodere le rocce); e dopo nove romanzi, arriva il suo primo poliziesco, da subito con protagonista la sua creatura letteraria, il commissario Kurt Wallander: è il 1991 (Assassino senza volto) e in quell’occasione l’ottimismo della casa editrice è alle stelle tanto da programmare una prima tiratura di quattromila copie (!). Il romanzo da subito ha il favore del pubblico e della critica: vince il premio per il miglior poliziesco dell’anno in Svezia e ne viene creata una serie radiofonica, replicata in più occasioni, che diventa successivamente anche una serie televisiva, avente per oggetto tutte le indagini di Wallander che ad esso seguiranno. E’ così che il 20 maggio del 1989 è “nato” Kurt Wallander, quando il suo autore “trova questo nome in un elenco telefonico” e, due anni dopo, la sua prima indagine, una denuncia contro il razzismo, prende vita nella pubblicazione.
Il successo di questo commissario, umanizzato dal suo creatore ed antieroe per eccellenza, ha le radici più solide non solo nel tipo di scrittura di Mankell ma nelle denunce, per nulla velate, che lo scrittore affida ai suoi romanzi: il dissolvimento dello strato sociale svedese, del welfare, corrotto e corruttibile, segnato dalle piaghe più devastanti.
La critica sociale, infatti, insieme alla visione di un mondo (locale e globale) più solidale –cosa differente da equo-, l’affermazione degli esperti secondo cui “solo la parte destra del cervello è in grado di svilupparsi. La sinistra, quella dei sentimenti, è già al suo massimo punto di sviluppo”, la battaglia all’analfabetismo, l’affermazione della moralità, sono le preoccupazioni esistenziali di Mankell, nonché il filo conduttore che lega le sue opere nelle quali grande importanza rivestono il tempo atmosferico ed i sogni.
Le sue opere le scrive al computer qualora siano romanzi, a mano se sono copioni per il teatro o per il cinema. Le sue fonti di ispirazione sono i classici, le tragedie greche (Medea e Macbeth per citarne alcuni), la nonna ed i bambini.
Henning Mankell è colui che finanzia un villaggio di bambini in Mozambico; che ama smisuratamente il teatro e che ha lavorato per decenni per far fiorire il Teatro Avenida di Maputo; che si è ritrovato per ben due volte in pericolo di vita; che ha contratto e combattuto la malaria; che per entrare in terra africana ha dovuto spacciarsi per ornitologo per poter contrastare dall’interno la diffidenza della popolazione e dei coloni. E’ colui che, con uno dei suoi più stretti collaboratori, ha fondato nel 2001 la casa editrice Leopard Förlag, uno dei suoi tributi alla terra che l’ha adottato, che pubblica e fa conoscere al mondo autori africani; che nel maggio 2010 prende parte ad una spedizione marittima per Gaza, che riporta l’abbordaggio della nave mercantile da parte di ufficiali israeliani, l’uccisione di nove attivisti e la carcerazione (al limite della sopportazione umana) dello scrittore svedese.
Lo scrittore ha in comune con la sua creatura letteraria, Kurt Wallander, l’età, l’opera italiana, la dedizione al lavoro. E nulla più. Per sua stessa ammissione non annovererebbe Wallander tra i propri amici, preferendo di gran lunga avere tra questi ultimi Sherlock Holmes!
Innumerevoli le citazioni (oltre una ventina) che potrei estrapolare da questa biografia profonda, dal sapore deciso, di cui al termine dell’ultima pagina si sente pungente l’amarezza per il fatto che la lettura sia giunta al termine ed il viaggio in questa vita umana e passionale sia per il lettore concluso.
Innumerevoli anche gli altri tratti che potrei evidenziare: l’abbandono di una madre che Mankell non esita a definire “insignificante”; l’amore di un padre che ha saputo trasmettere emozioni, sentimenti e abbracci; l’amore per le donne; il rapporto con i suoi figli; un libro scritto e bruciato; un personaggio di cui (forse) Mankell non scriverà mai più.
Tra i passaggi che lasciano un segno indelebile sulla pelle del lettore (di cui non vi ho parlato, perché da soli meritano la lettura di questa opera sublime) ci sono quello dell’incontro di Henning Mankell con lo scrittore Michael Ondaatje ad una conferenza in Oklahoma, le quattordici righe che la moglie Eva Bergman consegna al lettore per descrivere suo marito (mai letta dichiarazione d’amore più intensa) ed, infine, i racconti (amicizia, aneddoti e critiche) che Mankell fa del suo rapporto con il suocero: Henning Mankell ha incontrato un giorno sulla strada del suo destino Ingmar Bergman, padre di sua moglie Eva.
Questo e molto ancora è racchiuso tra queste pagine – in cui alla vita dell’uomo la Jacobsen alterna sapientemente stralci di ogni sua opera – che devono avere un posto, meritato, tra le dita di un lettore attento non solo all’opera ma soprattutto allo scrittore, un lettore che voglia perdersi nella cultura e nell’umanità.

Ho ovunque nel mondo dei lettori che sarebbero sicuramente contenti se potessero cogliermi in fallo ed è successo realmente un paio di volte. Mi hanno fatto notare delle cose, e in effetti era vero, mi ero sbagliato. Ma questo credo di non averlo mai detto a nessuno prima d’ora: inserisco sempre deliberatamente un errore nei miei libri e quello non l’ha mai scovato nessuno.

-Ha scritto l’ultimo libro su Kurt Wallander. Non le manca?-
-No, e non deve mancare a me, ma al lettore-, risponde Mankell appoggiandosi con la schiena al divano.

Kirsten Jacobsen
Mankell (su) Mankell
ed. Marsilio
Anno 2012, pp. 346
ISBN 9788831712323

Recensione – Mankell (su) Mankell

Fotografia di Robert Capa - Chartres - 1944


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