"La storia è un millepiedi e ogni piede tira da una parte diversa, e in mezzo c'è il nostro corpo."
Titolo:
Mare al mattino
Autrice:
Margaret Mazzantini
Editore:
Mondadori – Einaudi
Numero
di pagine: 127
Prezzo:
€ 12,00
Sinossi:
"Pensava soltanto a quello.
Riportare la sua vita a quel punto. Nel punto dove si era interrotta.
Si trattava di unire due lembi di terra, due lembi di tempo. In mezzo
c'era il mare. Si metteva i fichi aperti sugli occhi per ricordarsi
quel sapore di dolce e di grumi. Vedeva rosso attraverso quei semi.
Cercava il cuore del suo mondo lasciato". Farid e Jamila fuggono
da una guerra che corre più veloce di loro. Angelina insegna a Vito
che ogni patria può essere terra di tempesta, lei che è stata araba
fino a undici anni. Sono due figli, due madri, due mondi. A guardarlo
dalla riva, il mare che li divide è un tappeto volante, oppure una
lastra di cristallo che si richiude sopra le cose. Ma sulla terra
resta l'impronta di ogni passaggio, partenza o ritorno che la
scrittura, come argilla fresca, conserva e restituisce. Un romanzo di
promesse e di abbandoni, forte e luminoso come una favola.
La recensione
Farid
vive nel deserto e non ha mai visto il mare. Ne ha sentito parlare,
però, come fosse l'invenzione di una favola della buonanotte. L'ha
immaginato con i suoi pochi strumenti – le dune come onde, gli
insetti sotto la sabbia come pesci sul fondale. L'ha visto in
televisione, nelle telenovelas egiziane che vanno per la maggiore –
il padre, Omar, aggiusta antenne e regala a donne stanche attimi di
evasione, il sogno dell'occidente. Un conflitto immotivato – uno di
quelli senza nome, che rendono i ricchi ricchissimi e i poveri, per
quanto possibile, più poveri ancora – porterà il bambino e sua
madre, Jamila, a sfidare la sorte, le onde, per un futuro senza spari
nel cielo. Accalcati tra cento, mille disperati, su uno scafo
pericolante.
Sarà abbastanza vicina l'Italia, si domanda Farid con
un amuleto portafortuna al collo, mentre la mamma lo stringe
fortissimo e, sulle labbra secche, immagina di sentire il gusto della prima Coca Cola? Angelina, invece, nel deserto ci ha vissuto, ma è tornata indietro a undici anni. I genitori facevano candele
profumate e della sua infanzia ricorda l'abbandono dell'amico Alì,
che non temeva le api, e l'addio alla bella Tripoli. Il suo mal
d'Africa, per la vendetta del rais
contro lo spietato colonialismo italiano. Il posto al sole che Mussolini aveva
promesso ai suoi nonni e a cui successivamente, con Gheddafi, avevano dovuto rinunciare. Adesso, però, è mamma:
caucasica, profuga in Sicilia benché italianissima, ha cresciuto un
figlio – Vito, da poco maggiorenne – che, in regalo, di punto in
bianco, le chiede un viaggio. Per vedere dove tutto è iniziato
oppure finito. Due mamme, due figli, due viaggi – ma inversi. Una
sola guerra che cambia appellativi, ma non faccia, e che ci vede o ci ha
visto con il mal di mare, la terra strappata da sotto i piedi, i pensieri gravosi. Margaret
Mazzantini, dopo il capolavoro Venuto al mondo, struggente e
indelebile, firma un romanzo breve, di storie di clandestinità che
si incrociano e migranti in balìa delle forze del destino.
Vicende indigeste, di bruciante attualità, scritte con lo stile scabroso che
so e amo e, in contrappunto, un tema che io – ignorante, se si parla di storia contemporanea – non conoscevo nel dettaglio. L'autrice mi illumina – ci spiega, infatti, gli strascichi profondi del
colonialismo fascista, il dramma di generazioni nuove e vecchie in
marcia: alcuni africani sognano l'Italia, ho capito, e alcune
generazioni d'italiani la Libia – ma, nel farlo,
spegne qualcosa, come d'abitudine. In questo periodo di festa, le luci del
presepe, ora al buio, e le speranze. Vito nota che la madre non fa
più il bagno a largo; si bagna appena, con il costume intero della piscina, e sguscia fuori. Non mangia il pesce delle spiagge dove affondano i barconi di
fortuna. Ma Margaret Mazzantini, induscussa signora del dolore e
cronista di pagine di storia che ci piace cestinare, può intristirci a piacimento.
Stentate a immaginarlo, scommetto, il peso di un volume così piccino. Un romanzo breve in cui latitano i dialoghi e i sollievi, senza fronzoli e frontiere, sulle cose che restituisce il Mediterraneo all'alba. I messaggi in bottiglia, gli scampoli di
stoffa, un talismano contro gli spiriti cattivi. Il cadavere di un
Pinocchio di schegge, rovesciato sulla pancia, dopo che la balena
l'ha sputato sul bagnasciuga. Il corpo di Aylan, già simbolo, che
mette in ginocchio il mondo. E rare volte, nell'ultima pagina, magari, una mezza buona notizia.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Luigi Tenco - Ciao amore, ciao