Dopo aver vissuto la prima metà della sua vita in una sfavillante corte, Maria e la madre cadono in disgrazia e divengono prigioniere, in balia delle decisioni del re-padre che le rifiuta, preferendo ad esse una nuova moglie e la speranza di una nuova famiglia. Enrico però fallisce in uno dei suoi principali obiettivi di vita e di governo, invece di lasciare all’Inghilterra un erede maschio, lascia l’Inghilterra a due figlie femmine: Maria Tudor ed Elisabetta, figlia di Anna Bolena. Dopo una serie di alterne vicende (con Elisabetta ancora troppo piccola per pretendere il trono) e di scontri politici Maria sale al trono, assumendosi il compito di riportare la vera fede (quella cattolica) nel paese.
Ma quello che ci interessa maggiormente in questo libro è la personalità di Maria, sapientemente ricostruita dall’autrice. La sua educazione e la sua vita riflettono in tutta la loro ambiguità l’inconciliabilità dei due “incarichi” che ha rivestito: quello di regnate e quello di donna, percepito all’epoca (e non solo) come un vero e proprio ruolo sociale, in profondissima contraddizione con il primo.
Sulla sua infanzia e sulla sua educazione, l’autrice scrive:
«Che lei potesse un giorno succedere al padre non era che un’eventualità, allarmante ma poco probabile; di conseguenza, per tutta l’infanzia, Maria fu preparata, condizionata e istruita non tanto a reggere le sorti dell’Inghilterra, quanto a passare con successo dal ruolo di figlia a quello di moglie, come a dire da ornamento della corte del padre a quello della corte del futuro marito. Centrale, in questo condizionamento, fu l’educazione formale che le venne impartita: le si insegnò a considerare se stessa un essere debole e inferiore, in grado di riscattare l’innata colpevolezza solo con la sottomissione e la vigile abnegazione. Il contrasto tra il padre carico di successi e di gloria e la propria personalità, ammirata e tuttavia repressa, pervase l’infanzia di Maria, soprattutto durante gli anni formativi».
Tuttavia la fortissima personalità di Maria assieme all’esempio di tenacia e coraggio impersonato dalla madre, permisero a Maria non solo di essere un’ottima regina, ammirata a rispettata in un periodo profondamente turbolento dal punto di vista politico e religioso. Intrappolata tra un modello di donna a cui era stata educata fin dall’infanzia, modello ingombrante e scomodo nel suo nuovo ruolo di regina, essa soffrì per tutta la vita di disturbi ricondotti dai medici all’utero e alle sue “funzioni femminili” ed fu anche soggetta a una falsa gravidanza.
Questo libro è un interessante affresco di un personaggio storico femminile passato alla storia per lo più attraverso le detrazioni dei nemici politici e del contesto storico, sociale, economico e simbolico in cui ha vissuto in quanto donna e in quanto regina.
«Come regina dovette soffrire non solo i crescenti conflitti tra il rango politico raggiunto e l’inferiore sesso femminile donatole dalla natura, ma anche la forzosa subordinazione ad un marito indifferente e la lacerante delusione di una falsa gravidanza. Benché provata da un eccezionale carico di impegni e di pene, Maria regnò con la piena consapevolezza della maestà dei Tudor, facendo fronte con capacità e coraggio ai rischi di una grave crisi economica, di una rivolta civile e di una sommossa religiosa. La sua duttilità stupì gli uomini che la circondavano. Nel descrivere il suo carattere, parecchi di essi ricorsero alla stessa metafora: Maria era come una piccola candela, la cui fiamma non si spegneva anche se colpita da forti venti e anzi brillava più luminosa in mezzo alla tempesta».
Carolly Erickson, Maria La Sanguinaria. Miserie e Grandezze alla corte dei Tudor, OscarMondadori, 2014 € 12,00