Uscito da un doloroso divorzio, il regista indipendente e figlio di un principe italiano Tao Ruspoli parla tramite Monogamish dell'amore, del sesso e del concetto di monogamia nella nostra cultura.
Se nel corso dei circa settantaquattro minuti di visione vediamo in scena anche il principe Sforza Ruspoli, la faccenda è facilmente spiegabile: il regista, fotografo e musicista italo-americano Tao Ruspoli - autore, tra l'altro, dei documentari Just say know e Flamenco: A personal journey - appartiene alla nobile famiglia.
A proposito di questo suo Monogamish, osserva: "Ogni anno più di un milione di americani divorzia. E non sono solo le coppie che soffrono. Prima che raggiungano l'età adulta, la metà dei bambini americani vedranno i loro genitori divorziare. Vi è una diffusa incidenza di infedeltà, un crescente interesse negli esperimenti che adottano soluzioni familiari alternative come la poligamia, la poliandria, le relazioni aperte, e così via: l'istituzione del matrimonio è ovviamente in crisi. Questo film solleva tali questioni, esplorando la natura e la storia della monogamia attraverso quella familiare del regista. Scopriamo che l'attuale concezione del matrimonio, come la conseguenza dell'amore romantico, è un'istituzione rattoppata: cerchiamo di conoscere le nuove idee e i cambiamenti avvenuti a proposito dell'amore romantico, la struttura familiare, i nuovi codici etici e morali di comportamento, portando gli spettatori a riflettere sulla propria concezione della monogamia, e a prendere una vera posizione a favore o contro di essa".
Tra moglie e marito...
Quindi, con il succitato principe impegnato a sfoderare, tra l'altro, l'osservazione più grottescamente divertente nell'affermare che quella del burqa è una grande civiltà (!!!), la circa ora e un quarto di visione si costituisce unicamente di interviste a personaggi di un certo rilievo intervallate da immagini di vecchi film e didascalie riportanti, nel mucchio, citazioni dell'attrice Zsa Zsa Gabor, del matematico e fisico Blaise Pascal, del drammaturgo Graham Greene, dello scrittore Oscar Wilde e del cineasta François Truffaut.
Senza contare la fondamentale "Non esiste rimedio all'amore se non amare di più", appartenente al filosofo Henry David Thoreau, man mano che viene rivelato che in antichità la verginità aveva soltanto un valore economico e che ci si chiede se la sicurezza della monogamia è l'antitesi della sessualità.
Tutti concetti destinati a venire fuori dalle parole del nutrito manipolo di interlocutori comprendenti il poeta e saggista John Perry Barlow, segnato da un triste evento che ha colpito la sua vita, la non poco emancipata costumista Roberta Haze e l'analista sociale Stephanie Coontz, autrice di Marriage, a history: How love conquered marriage.
Mentre non manca chi precisa che in una relazione vogliamo sicurezza e affidabilità e che ciò che il regista scopre sui suoi non convenzionali consanguinei, sulla storia e sulla psicologia dell'amore e del matrimonio lo porta a mettere in discussione l'ideale della monogamia e i valori tradizionali della famiglia che lo accompagnano... attraverso un elaborato che, però, non molto distante dai servizi televisivi delle trasmissioni pomeridiane per casalinghe, raramente riesce nell'impresa di sfuggire alla morsa della noia.
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