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Titolo: Mr. Mercedes Autore: Stephen King Editore: Sperling & Kupfer Numero di pagine: 470 Prezzo: € 19,90 Sinossi: All’alba di un giorno qualsiasi, davanti alla Fiera del Lavoro di una cittadina americana colpita dalla crisi economica, centinaia di giovani, donne, uomini sono in attesa nella speranza di trovare un impiego. Invece, emergendo all’improvviso dalla nebbia, piomba su di loro una rombante Mercedes grigia, che spazza via decine di persone per poi sparire alle prime luci del giorno. Il killer non sarà mai trovato. Un anno dopo William Hodges, un poliziotto da poco in pensione, riceve il beffardo messaggio di Mr. Mercedes, che lo sfida a trovarlo prima che compia la prossima strage. Nella disperata corsa contro il tempo e contro il killer, il vecchio Hodges può contare solo sull’intelligenza e l’esperienza per fermare il suo sadico nemico. Inizia quindi un’incalzante caccia all’uomo, una partita a scacchi tra bene e male, costruita da uno Stephen King maestro della suspense. La recensione Stephen King ci vizia, pubblicando così tanti romanzi nell'arco di un anno solo che, ormai, è inutile fare conti della rovescia, aspettandoli. Noi lettori, noi kinghiani convinti, abbiamo una certezza: la puntualità di Trenitalia è dubbia, ma non quella di questo magnifico autore che viene dal Maine e da un passato infestato da spettri alcolici. Diciamola così: mentre aspettiamo un treno che proprio non arriva, potrebbe essere già uscito un nuovo romanzo del Re in libreria. Sullo scaffale attende noi, mentre una voce da automa, senz'anima, annuncia che dovrai startene ad aspettare ancora per un po', su quel binario umido e isolato, il fischio del capotreno. Con Stephen King, lo sapete, non esistono attese o tentennamenti. Io, da qualche anno a questa parte, non mi informo più sulle trame dei suoi lavori. Vado, pago, porto a casa. Leggo e mi innamoro. E, puntualmente, come fai quando c'è una persona che ti piace da impazzire e non sai come dirlo, le parole – anche per te che le vivi e le respiri da una vita – giocano a nascondino. Perciò lo dico così, dai. A me Mr. Mercedes è piaciutissimo. Col superlativo assoluto. E sapete che non ne ero sicuro? Per una volta, King aveva dovuto aspettare i comodi miei – e di Libraccio. Con l'età mi vado facendo più o meno saggio, e il grillo parlante mi diceva che era giusto aspettare un'occasione speciale, destinata ad arrivare un mese dopo l'uscita. Quel grillo è poltiglia, ora, sotto le ruote di una macchina assassina. Il destino, col suo macabro senzo dell'umorismo, mi ha fatto iniziare il romanzo ad Halloween. Ma sapete che leggerlo allora è stata la più grande trasgressione che mi sia concesso? Il mio trentuno di ottobre aveva pantofole e pigiama felpato, altro che feste in maschera nel cuore della notte, ma lo stringere tra le mani un libro di genere – un libro del genere – trovavo mi rendesse un po' meno fuori dal mondo. Ma sotto l'ombrello blu, sotto la scrosciante pioggia di sangue umano, trovava riparo dal caos cosmico un individuo con la maschera da clown che, scostato quel secondo volto di plastica dipinta, di mostruoso aveva poco. Nessuna deformità, nessun passaporto di un'altra galassia, ma i tratti anonimi dietro cui la banalità del male, secolare, ama celarsi. Mr. Mercedes, con quella trama che si annunciava cupa e seriosa, aveva poco in comune. Lui è un dettaglio in copertina sul quale non ti concentri: uno smile con i dentini aguzzi e gli occhiali da sole che si prende gioco di te. Moderno, sardonico: Giallo. Conclusione inconsueta, per un'ingessata email di morte. Simbolo assoluto di un gustoso e tradizionale poliziesco inglese, se non fosse per l'umorismo nero di fondo: così spiazzante, così poco british. Se non fosse, soprattutto, per il personaggio più memorabile accanto al protagonista e ai suoi improvvisati collaboratori: l'assassino in persona, il cui nome è annunciato già nei primi capitoli. Un copilota inaffidabile, un vice diabolico, un altro te a cui l'autore, con la profondità di cui soltanto lui conosce il segreto, dà spessore e risalto.
Brady è un sanguinario nerd che, nel suo scantinato pieno di computer e flashback violenti, vorrebbe guardare vecchi film, magari, fino alla fine dei tempi. Ma, con lui nei paraggi, e i suoi ordigni diabolici, e i suoi scatti di rabbia imprevedibili, il tempo è lì lì per finire. Basta un click. Per rendersi vicino il mondo, o per distruggene gran parte. Il complesso di Edipo, i pacifici hobby tanto inconsueti per un genio del male, la capacità di sedurti con le parole giuste per lasciarti lanciare in un dirupo senza fondo fanno di lui un individuo strano, visto di rado. Una bestia rara che vorresti sfiorare, dall'altra parte delle sbarre, anche se il rischio di rimetterci una mano è alto. Brady ha i riccioli e gli impieghi di Chuck Bartowski, le turbe psichiche e la mamma di Psycho, lo spirito di onnipotenza del grandioso e cattivissimo protagonista di Bed Time. Se il male ha quel volto, un volto nuovo, il bene è in pensione, ma resta decisamente arzillo: come Bill Hodges. Arguto, dissacrante, divertente. Non a proprio agio coi computer, i cellulari e le bilance elettroniche. Odia la tecnologia, le diete e quei programmi trash di cui tutti – lui compreso – guardano puntate su puntate per sparlarne a tutto spiano. Solo, triste e alticcio, lo conosciamo in preda alla noia e a pensieri suicidi.
Il distintivo abbandonato in un cassetto, ma la vecchia pistola d'ordinanza che luccica, sfavilla, ti chiama al sacrosanto dovere della morte. Che sia quella degli altri, che sia la tua. Importa davvero? Una buona forchetta, che dice un mare di parolacce – anche quando non parla – e che conquista, del tutto inaspettatamente, donne di vent'anni al di fuori dei suoi stagionati standard. Quarantenni! Delle bambine, santo cielo! Lui, arrugginito Sherlock Holmes con ricca e affascinante Bond Girl al seguito, in una caccia all'uomo con le pallottole a salve e il mouse sempre pronto a cliccare e a carpire indizi vitali, ha due aiutanti che, guardate, vi raccomando spassionatamente. Un Watson che non si chiama Watson – bensì Jerome - all'ultimo anno di liceo: un ragazzetto di colore, bello e sicuro di sé, che tosa prati a torso nudo e dà lezioni di informatica a detective in età avanzata, con la speranza di rimorchiare e di farsi un nome. Meglio della M di James Bond, Holly Gibney: una quarantina d'anni, qualche rotella fuori posto, tic e nevrosi, inaspettati assi nella manica. Un pericolo per se stessa, quand'è sola e le voci le pulsano nelle tempie, ma un aiuto miracoloso per gli altri. Mr. Mercedes si legge in un soffio, ed è fresco come una rosa. Sembra scritto da un ragazzo agli esordi. Perché è firmato da un King vagamente diverso, quasi inedito. Con il vecchio e con il nuovo che sono in conflitto sì e no. L'autore cita perfino se stesso, in questo scorrevole thriller post undici settembre, pensato alle soglie di una crisi economica tremenda che, in combutta con un assassino spietato, fa ricche stragi. Una macchina infernale dal nome di donna che animava misteri e morti; un assassino di bambini col volto di pagliaccio, sbucato dalle fogne o da un altro pianeta. Avete presente, no? Insomma. Stephen King è fighissimo. Una rock star, tipo. Una di quelle, ancora intonatissime, che fanno il pienone agli stadi. Muove e sempre muoverà i fianchi come Mick Jagger, anche se qui – descrivendo l'ascesa di una fantomatica boy band amata dalle fanciulle, i cui brani disgustosamente pop hanno solleticato le orecchie di una mela marcia – mi parla di plausibili cloni dei One Direction dalle ore contate. Perché la fama è un soffio, e perché, nel bel mezzo della loro canzone più famosa, una bomba potrebbe metterli a tacere per sempre. Da leggere, ma sapendo che Stephen King è questo e di più. E, ragazzi, ve lo dice un Mr. che parla di un altro Mr. Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: The Beatles – Drive My Car
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