Recensione: Niente è come te, di Sara Rattaro
Creato il 12 settembre 2014 da Mik_94
La
storia che raccontiamo non riguarda solo noi. E' la storia di
qualcuno che aspetta qualcun altro che non torna mai. La storia di
un'attesa e di persone che si incontrano nel frattempo.
Titolo:
Niente è come te
Autrice: Sara Rattaro
Editore:
Garzanti
Numero
di pagine: 219
Prezzo:
€ 14,90
Sinossi:
Due
scatole colme di libri, pupazzi e tante fotografie. Tutto il mondo di
Margherita è racchiuso in quelle poche cose. In spalla il suo
adorato violino e tra le mani un biglietto aereo per una terra
lontana: l'Italia. La terra dove è nata e che non rivede da quando è
piccola. Ma ora è lì che deve tornare. Perché a quasi quindici
anni Margherita ha scoperto che a volte è la vita a decidere per
noi. Perché c'è qualcuno che non aspetta altro che poterle stare
accanto: Francesco, suo padre. Il suono assordante dell'assenza di
Margherita ha riempito i suoi giorni per dieci anni. Da quando sua
moglie è scappata in Danimarca con la loro figlia senza permettergli
di vederla mai più. Francesco credeva fosse solo un viaggio. Non
avrebbe mai pensato di vivere l'incubo peggiore della sua vita.
Eppure, ora che Margherita è di nuovo con lui, è difficile ricucire
quello che tanto tempo prima si è spezzato. Francesco ha davanti a
sé un'adolescente che si sente sbagliata. Perché a scuola è
isolata dai suoi compagni e a casa passa le giornate chiusa nella sua
stanza. Ma Francesco giorno dopo giorno cerca la strada per il suo
cuore. Una strada fatta di piccoli ricordi comuni che riaffiorano.
Perché le cose più preziose, come l'abbraccio di un padre, si
possiedono senza doverle cercare. E quando Margherita ha bisogno di
lui come non mai, Francesco le sussurra all'orecchio poche semplici
parole per farle capire quanto sia speciale: "Niente, ma proprio
niente, è come te, Margherita".
La recensione
“Accorgersi
di amare una persona più di quanto lei ami te, per questo si
impazzisce.”
Quando, nella tua cerchia, hai molte amiche femmine
capita che, davanti a un pezzo di pizza o a un kebab comprato sempre
dal solito turco, col telegiornale che in sottofondo gracchia
l'ennesima cattiva notizia, certi discorsi si facciano. Alcune cose
si è ancora troppo immaturi per capirle. Non si capisce, tipo, chi
faccia guerra a chi, cosa stia capitando al nostro Governo, alle mani
di quale politico affidarci o alle preghiere misericordiose di quale
Santo. Si ci stupisce tutti insieme della violenza del mondo, si
elencano le atrocità commesse dagli uomini che odiano le donne. Il
femminicio è argomento su cui, be', argomentare. Io, allora, mi
sento un po' fuori luogo. Sinceramente. Parlano, come se la colpa di
quegli orchi fosse un po' anche la mia e di quella di ogni mio
simile. Colpa di quel cromosoma Y che ci rende diversi. Mi imbarazzo,
non so che dire, la butto sullo scherzo. E, viceversa, le donne
cattive con gli uomini non ci sono?, chiedo, guardandole negli occhi
e rendendomi conto della stupidità immensa della mia domanda. Mi
riferisco alle piccole prepotenze e ai grandi ritardi, alla scusa
fissa della sindrome premesturale e ai mal di testa immaginari, alle
volte in cui ti trascinano a fare spese e tu te ne stai lì, muto,
mentre le commesse rompipalle del negozio d'intimo ti guardano non
male, ma peggio. Mi concentro sulle mie mani grandi, sul mio corpo
che è comunque più massiccio del loro, sulle bottiglie di sugo che
mamma mi chiede di aprire per lei, perché sono forte. Niente è
come te mi ha insegnato che invece esiste tutto. Proprio tutto. Quel Niente è come te che è un libro che, con delicatezza ed
emozione, parla di una sconosciuta forma di violenza familiare.
Quella che le donne, dall'alto del loro diritto a essere madri,
perpetrano a danno di poveri diavoli. Poveri uomini. Io - ventenne,
maschio - da un'autrice donna non me lo sarei aspettato, e lo rivelo
con candore. L'infrangimento della misteriosa e rinomata solidarietà
femminile, all'insegna della più pura delle verità. Sara Rattaro,
dopo la storia di una traditrice pentita e quella di un uomo perso
davanti alle proprie responsibilità, scende nuovamente in campo e si
schiera, con coraggio, dalla parte di un padre. Uno di quelli che
hanno bisogno di una mano, di un tramite, perché con le parole non
ci sanno tanto fare e la voce potrebbe tremare. Sara, in prima
persona, narra i ricordi e il nuovo inizio di un uomo che, per dieci
anni, è stato privato del ruolo di genitore. Dice che per le donne è
diverso. Le donne nascono per diventare madri, ma gli uomini non per
diventare padri. Ci vuole pratica e impegno, polso e cuore. Crescere
un altro te, portalo dalla culla all'altare, è una gara estenuante
per farti perdonare la limitatezza in te connaturata di non potere
essere, per nove mesi, incubatrice di vita. Francesco avrebbe voluto
farsi perdonare, ma la bellissima moglie straniera ha portato via
la sua bambina illegalmente, e lui non sa che fare.
Restano i buoni
propositi, le stampelle senza abiti, tutti i regali che avrebbe
voluto fare alla sua preziosa Margherita. Ma Sara, in prima persona,
assume il punto di vista anche di quella figlia quindicenne ritrovata
già adulta: le gambe lunghe, le dita in simbiosi con l'archetto e il
violino, il senso di abbandono. Sara Rattaro si sdoppia. Diventa
Francesco e Margherita, padre e figlia, e li descrive con tutta la
tenerezza possibile: sono cuccioli che si annusano e si inseguono la
coda, ma che abbaiano in lingue diverse, anche se – a orecchie
estranee – il suo suono dei loro ringhi e delle loro fusa è quasi
identico. Attendevo questa sua ennesima prova, con la fiducia che
nutro verso gli autori di narrativa che, su di me, hanno un effetto
calmante. L'attesa, in una prima parte tutta palpiti, è stata
ripagata pienamente. Meno in una seconda in cui buoni sentimenti che
diventano buonismo, per me, fan da padroni incontrastati. La
trasformazione di Sara Rattaro, questa volta, non mi ha convinto al
cento per cento. Spiacevole dirlo. Dove mette mano lei, non penso
esistano brutti romanzi, quindi Niente è come te – sia per
l'emotività straordinaria degli inizi, sia per la maestria della
narratrice – non è parte della bistrattata categoria. A mio
parere, semplicemente, non è ai confortevoli livelli a cui Sara –
quella stessa Sara che anche qui emoziona, con tutte le parole giuste
al posto giusto – ci ha abituati. Quando penso che il libro si
ispira a una storia vera mi accorgo che c'è qualcosa fuori posto,
io che ho perso la verità da pagina cento in poi. La scrittrice si è
scrupolosamente documentata e, tra un capitolo e l'altro, accanto
alle vicende a lieto fine dei suoi personaggi, inserisce ritagli e
frammenti di cronaca da brividi.
Non esistono, magari, proprio
Francesco e Margherita, ma esistono e sono esistiti genitori e figli
il cui incontro non è stato consentito dalla stessa, inaffidabile
burocrazia. Il romanzo è breve, cesellato, le pagine volano via in
un giorno. Sarà la velocità con cui l'ho divorato ad avermi fatto
borbottare: mi sono accorto, in quel giorno, che la carne al fuoco
era troppa per un solo scritto. Si doveva parlare di questo rapimento
(in)civile, delle torture psicologiche che le mogli sanno infliggere,
ma il dettaglio dell'adolescenza sofferta di Margherita comprime il
resto e disperde, lontano da noi, il fulcro vitale del tutto. Si
doveva documentare il lettore sull'attualità della cosa, e invece si
finisce per parlare di cose già raccontate altrove – i quindici
anni, l'autolesionismo, la bulimia, il bullismo tra le pareti
scolastiche, i primi amori. Protagonista diventa Margherita – la
nuova margherita; il fiorellino trapiantato in Italia, in un vaso già
occupato – e allora so di preferire il punto di vista di suo padre,
che ho sentito vicinissimo, assordante e con un ruolo, infine,
involontariamente ridimensionato. Per amore di sua figlia, prepara
una caccia al tesoro a tema, tra le strade, i ristoranti e i posti
che visitò – tre lustri prima – con la donna ribelle che gli
strappò tutto. Rievoca quel vecchio amore dolorante e spiega com'è
che ha conquistato Enrica, una scienziata che smantella il ruolo
canonico delle matrigne e intrattiene con barzellette matematiche.
L'equazione da risolvere, da inseguire, da trattenere. La donna
giusta dopo la donna sbagliata. Piccole sbavature, e poi un finale
alquanto stucchevole, dominato da un'immagine convenzionale e
semplice di una famiglia italiana da pubblicità Barilla. Mi ha
amareggiato nonostante la dolcezza eccessiva dell'epilogo. Non mi è
piaciuta la Sara banale, che scrive in corsivo. I pensieri volanti
che non ho capito a chi appartenessero – non erano pensieri anche
gli altri? Non era l'intero Niente è come te un pensiero
fisso? - in cerca dell'aforisma d'effetto, ma facile. Per fortuna,
c'è altra Sara per cui vale la pena. C'è tanta Sara. Nelle nobili intenzioni, nel gioco
in cui stati d'animo e dialoghi combaciano, in una prosa che è
limpida anche quando scovi dei vortici che smuovono l'acqua,
sollevano la sabbia. E tu non vedi il fondo.
Il
mio voto: ★★★
Il
mi consiglio musicale: Ne-Yo – Let me love you (nella versione di
“Glee”)
Potrebbero interessarti anche :